La trasformazione digitale sta cambiando strutturalmente i profili delle economie e delle società. Un processo che è alla base dei meccanismi di crescita e sviluppo che, tuttavia, non dispiega i suoi effetti omogeneamente nei territori e nelle diverse componenti della società, generando nuovi divari o amplificando quelli esistenti. Il ruolo delle competenze digitali nell’ambito di questa trasformazione è di primaria importanza. La disponibilità di reti digitali altamente performanti e nuove tecnologie non è infatti di per sé sufficiente a produrre effetti rilevanti, se non accompagnata dalla diffusione di competenze specifiche in grado di favorire un utilizzo efficace di questi strumenti.
Capire come si distribuiscono queste abilità nei territori e nella società è quindi di straordinaria importanza ed è l’obiettivo di un recente studio pubblicato sulla Rivista di Politica Economica sulla diffusione delle competenze digitali in Europa. Per lo scopo è stato sviluppato un nuovo indicatore, il Digital Skills and Competence Index (DSCI), che consente di misurare in modo granulare l’intensità delle stesse competenze distinguendo per paese, regione e tipologia di occupato.
Ne viene fuori che la diffusione delle competenze digitali, e più in generale i processi di digitalizzazione, non procedono in maniera uniforme, ma sono caratterizzati da rilevanti fenomeni di polarizzazione. Ai divari tra paesi si aggiungono quelli territoriali, all’interno dei quali si amplia la distanza tra centro e periferia. Inoltre, il livello di competenze digitali differisce tra le diverse componenti della società, così che i fenomeni di polarizzazione in senso geografico, si estendono a quelli sociali, generazionali e di genere.
Dallo studio emerge infatti che, nonostante i fondi europei prevedano risorse specifiche in questo ambito, la convergenza tra le regioni europee, anche per quanto riguarda l’intensità di utilizzo di competenze digitali, è ancora un obiettivo lontano dall’essere raggiunto. Senza dubbio, la pandemia ha accelerato il processo di digitalizzazione nelle regioni, ma le differenze nella diffusione delle competenze digitali tra e all’interno dei paesi permangono e, talora, si amplificano. I principali risultati dello studio possono essere così sintetizzati.
I DIVARI TERRITORIALI
Esiste una forte polarizzazione tra centro (in particolare la Germania e i paesi scandinavi), caratterizzato dalla maggiore dotazione di competenze digitali, e periferia. L’evoluzione recente della posizione italiana rispetto al resto dell’Unione non è positiva, con un allargamento della forbice rispetto ai paesi più avanzati.
DIGITAL SKILLS AND COMPETENCES INDEX (DSCI) NEI PAESI DELL’UNIONE EUROPEA – (Valori in quartili)
L’analisi effettuata ha consentito inoltre di identificare la presenza di forti divari a livello regionale, che caratterizza sia le economie del centro sia quelle della periferia. Nel caso italiano emerge in modo netto il divario tra nord e sud, nonché un relativo indebolimento nel tempo di alcune regioni settentrionali rispetto alle regioni europee più avanzate.
DIGITAL SKILLS AND COMPETENCES INDEX (DSCI) NELLE REGIONI DELL’UNIONE EUROPEA – (Valori in quartili)
I DIVARI NELLA SOCIETÀ
Alle differenze tra i territori si sommano quelli tra le diverse categorie sociali. In primo luogo, le donne risultano essere sistematicamente penalizzate mostrando un livello di competenze digitali che, in Italia, è tra il 20% e il 30% inferiore rispetto a quanto registrato per la componente maschile. Da notare che su questo aspetto, l’Europa, in generale, non fa molto meglio segnalando l’urgenza di intervenire con politiche adeguate su questo aspetto.
DIGITAL SKILLS AND COMPETENCES INDEX (DSCI) PER GENERE – ITALIA E UNIONE EUROPEA ANNI 2013-2021
Inoltre, le competenze digitali sembrano essere appannaggio dei lavoratori a medio alto reddito. In altre parole l’intensità delle competenze digitali cresce con il livello del reddito dei lavoratori. Questa evidenza, che si conferma sia nel caso italiano sia per l’intera Ue, introduce un ulteriore elemento di preoccupazione per quanto riguarda la relazione tra digitalizzazione e polarizzazione, in questo caso legata alle diseguaglianze nella distribuzione dei redditi.
DIGITAL SKILLS AND COMPETENCES INDEX (DSCI) PER DECILE DI REDDITO ITALIA E UNIONE EUROPEA – ANNO 2020
Infine, si conferma che le competenze digitali si concentrano in modo rilevante nelle coorti di età più giovani e tendono a ridursi al crescere dell’età. Un elemento di criticità molto importante, che richiama la necessità di sviluppare specifiche politiche per il reskilling e l’upskilling dei lavoratori, in particolare di quelli più anziani.
DIGITAL SKILLS AND COMPETENCES INDEX (DSCI) PER CLASSE DI ETÀ ITALIA E UNIONE EUROPEA – ANNO 2020
IL NODO MEZZOGIORNO
Ritornando sul tema delle differenze territoriali, il peggioramento della divaricazione nord-sud è in parte da attribuire alla differente capacità dei sistemi economici delle due macro-aree di adattarsi ai profondi mutamenti di contesto avvenuti nel periodo analizzato.
In particolare, il Mezzogiorno d’Italia ha subito in maniera comparativamente più pervasiva gli effetti selettivi della lunga crisi 2008-2014, facendo registrare un tasso di uscita dal mercato sensibilmente superiore a quanto riscontrato per le restanti aree. Più in generale, l’economia del Sud ha continuato a svilupparsi in ragione dell’espansione di settori di servizio a basso valore aggiunto, e slegati dall’industria, quali ristorazione, commercio al dettaglio e trasporti, che tendono a occupare lavoratori meno qualificati e con scarse competenze digitali. La composizione e l’evoluzione della struttura produttiva del Sud si rispecchia anche nell’andamento deludente del DSCI negli 2013-2021, a riprova di uno scollamento sempre più pronunciato tra i sistemi regionali delle due macro-ripartizioni.
Come è possibile invertire il trend di polarizzazione e aprire un percorso di riequilibrio (digitale) tra le regioni italiane? A questo proposito sembrano essere rilevanti le politiche che promuovono il settore dell’istruzione superiore e la disponibilità locale di competenze digitali, nonché i cambiamenti strutturali che consentono lo sviluppo locale di settori ad alta intensità di conoscenza, favorendo la crescita delle dimensioni delle imprese e migliorando le condizioni infrastrutturali.
I Piani nazionali di ripresa e resilienza rappresentano il principale strumento di politica per promuovere la transizione digitale, con quasi il 26% della spesa allocata per questo obiettivo. Serve, però, predisporre un meccanismo di allocazione vincolato ai reali fabbisogni relativi delle aree, anche internamente alle regioni, e che preveda un coordinamento efficace tra amministrazioni centrali e locali, nonché una forte complementarietà con gli obiettivi perseguiti dalle politiche ordinarie e aggiuntive (politiche di coesione).
I territori a maggiore fabbisogno mostrano, infatti, anche una debole capacità attuativa, legata alla scarsa capacità progettuale e amministrativa degli enti locali che presentano una più bassa propensione alla partecipazione ai bandi. Ne consegue che l’assegnazione delle risorse tramite meccanismo competitivo non riflette il reale fabbisogno (sociale, infrastrutturale, digitale) dei territori, ma piuttosto dipende dalla capacità attuativa degli enti locali. Un meccanismo, questo, che rischia di ampliare ulteriormente le fratture socio-economiche dei territori dell’Unione, compromettendo gli obbiettivi di convergenza contemplati nel Next Generation EU.
Si segnala che molti piani nazionali tesi a promuovere la digitalizzazione si basano su strumenti di tipo orizzontale, ad esempio, crediti d’imposta. Sebbene utili per ridurre l’incertezza e sostenere gli investimenti, tali strumenti tendono ad avere una scarsa capacità di incidere sui divari strutturali rischiando, in alcuni casi, di esacerbare le differenze già esistenti. Ciò significa che le aree meno sviluppate, come il Mezzogiorno italiano e altre zone periferiche dell’Europa, non disponendo di solide ‘condizioni iniziali’, rischiano di peggiorare ulteriormente la loro posizione relativa. In queste aree le imprese sono infatti, in media, più deboli per quanto riguarda i loro profili economici, tecnologici e organizzativi.
Ciò significa che il portafoglio di politica industriale dovrebbe prevedere misure incisive in grado di integrare meglio gli strumenti orizzontali con le azioni sulle infrastrutture digitali e le altre politiche di sistema al fine di rimuovere queste barriere, ampliare e potenziare la base produttiva locale, favorendo una maggiore capacità di assorbimento da parte delle aree svantaggiate delle risorse messe a disposizione.
Sintesi dell’articolo pubblicato su RPE – Giugno 2023. Per scaricare il capitolo integrale cliccare qui
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Nota sugli autori
Il contributo pubblicato sulla Rivista di Politica Economica è stato scritto da:
Serenella Caravella, Svimez
Rosario Cerra, Centro Economia Digitale e Luiss Business School
Francesco Crespi, Università Roma Tre e Centro Economia Digitale
Dario Guarascio, Dipartimento di Economia e diritto, Sapienza Università di Roma
Mirko Menghini, ministero dell’Economia e delle finanze, Dipartimento del Tesoro