

MATTEO BORSANI
In una giornata che potremmo definire “campale” per la quantità e l’importanza delle proposte pubblicate – con quasi due ore mezza di conferenza stampa nella quale sono intervenuti la presidente Ursula von der Leyen e ben cinque commissari – lo scorso 26 febbraio la Commissione europea ha rivelato, tra le altre iniziative, il Clean Industrial Deal, la comunicazione annunciata a luglio dello scorso anno come prima grande iniziativa del nuovo mandato europeo.
Nelle intenzioni della Commissione, questo piano intende riunire gli obiettivi climatici e di competitività in una strategia globale per la crescita, la resilienza e la leadership industriale europea sulla scena mondiale, offrendo chiari incentivi alle imprese a supporto della decarbonizzazione in Europa.
L’attenzione si concentrerà principalmente su due settori strettamente collegati: le industrie ad alta intensità energetica e il settore delle tecnologie pulite. Gli interventi previsti afferiranno a sei ambiti prioritari:
- energia a prezzi accessibili;
- mercati guida;
- finanziamenti;
- circolarità;
- mercati globali e partnership internazionali;
Queste azioni dovrebbero essere completate da interventi su fattori orizzontali necessari quali: ridurre la burocrazia, sfruttare appieno le dimensioni del mercato unico, promuovere posti di lavoro di qualità e coordinare meglio le politiche a livello nazionale e dell’Ue.
Al netto di un’analisi più approfondita che andrà svolta sulle singole misure e sul loro impatto potenziale, la prima impressione, a pochi giorni dalla pubblicazione, è che è evidente che i problemi individuati siano chiari e condivisi anche dall’industria: prima di tutto l’esigenza di recuperare la competitività perduta e il riconoscimento che per sostenere la transizione servono investimenti massicci. Quello che ancora non si vede, però, sono soluzioni adeguate a raggiungere gli obiettivi che l’Ue si è posta, per i quali stiamo spingendo insieme alle altre federazioni europee – su tutte la tedesca Bdi e il francese Medef – e BusinessEurope.
Ora sarà cruciale seguire lo sviluppo e l’iter di tutte queste proposte, mantenendo sempre alto il senso di urgenza rispetto alla necessità di intervenire al più presto possibile con misure sufficientemente ambiziose ed efficaci per rilanciare la competitività dell’industria italiana ed europea.
COSA CONTIENE IL CLEAN INDUSTRIAL DEAL
Guardando agli altri aspetti rilevanti, ricordiamo il ruolo centrale attribuito all’economia circolare, tema assolutamente prioritario per l’industria italiana, come anche l’annuncio di un Circular Economy Act volto a rafforzare la libera circolazione delle materie prime circolari e dei rifiuti; nel documento si richiama l’importanza di favorire una maggiore offerta di riciclati di alta qualità e di stimolare la domanda di materie secondarie e prodotti circolari, riducendo al contempo i costi delle materie prime.
La creazione di una più forte domanda di tecnologie pulite e prodotti decarbonizzati è ugualmente un obiettivo sentito dagli imprenditori, restano però da vedere i contenuti del futuro Industrial Decarbonisation Accelerator Act.
Sul fronte delle azioni dirette a mobilitare gli investimenti pubblici e privati e finanziare la transizione pulita, alcune misure vanno nella direzione auspicata, ma su questo sembra che la vera partita sia rinviata al negoziato sul futuro Quadro Finanziario Pluriennale, ovvero il bilancio dell’Unione europea per il settennato 2028-2034, e alle proposte che saranno messe sul tavolo più avanti.
Il Clean Industrial Deal intende infatti mobilitare oltre 100 miliardi di euro per sostenere l’industria manifatturiera pulita prodotta nell’Ue, ma si dovrà vedere poi nella pratica se la Commissione riuscirà ad allocare quanto promesso.
(nella foto in alto, i tre commissari coinvolti nel Clean Industrial Deal.
Da sinistra: Teresa Ribera, Stéphane Séjourné e Wopke Hoekstra – credits Commissione europea)