
Una volta c’era l’agenzia di pubblicità ed erano molto chiari il suo ruolo e i suoi compiti. Chi si rivolgeva a un team creativo sapeva cosa aspettarsi, ma soprattutto sapeva bene cosa chiedere. Oggi il settore sta sperimentando un senso di disorientamento e i numerosi movimenti di mercato degli ultimi mesi ne sono la prova. Fusioni, acquisizioni e riorganizzazioni strategiche rispecchiano l’esigenza di soddisfare le richieste di un capitalismo che, come in altri settori, non è più industriale ma soprattutto finanziario e questo si traduce nel frenetico tentativo di trovare un equilibrio tra il modello operativo tradizionale, le nuove, pressanti esigenze imposte dal mercato e, ovviamente, far quadrare i conti.
Fatta questa dovuta premessa, bisogna riconoscere che gli ultimi anni per il settore non sono stati facili. Anche volendo tralasciare le varie crisi che si sono succedute a tutti i livelli, non si può non considerare che l’avvento delle piattaforme digitali Google, Facebook, TikTok e, in ultima istanza OpenAi (che, tra le altre cose, sta pensando a soluzioni pubblicitarie per Chatgpt), ha quasi completamente annullato il ruolo delle agenzie come intermediari, uno dei capisaldi dell’offerta per decenni.
Oggi qualunque brand, anche il più piccolo e meno attrezzato, può accedere direttamente agli strumenti pubblicitari di queste piattaforme, con significativi risparmi in termini di tempo e risorse. Offrire creatività e gestione delle relazioni con i media, dunque, non è più sufficiente per essere prese in considerazione dalle aziende. Per giustificare l’investimento in consulenza, le agenzie devono offrire un vero e proprio hub di servizi integrati e devono dimostrarsi capaci di orchestrare competenze eterogenee e fornire una visione strategica ampia.
Il passaggio da agenzia a hub implica la capacità di integrare nel proprio modello di business quel ventaglio di servizi tipici delle grandi società di consulenza, le quali hanno già da tempo acquisito competenze creative e sono già entrate nel mercato pubblicitario con un approccio tecnologico e strategico. Le agenzie si trovano così a confrontarsi su un terreno nuovo, dove la capacità di interpretare e sfruttare i dati diventa vitale, ma dove sono diversi anni indietro rispetto ai competitor.
Questo cambiamento sta scuotendo dalle fondamenta un intero comparto e rischia, nel giro di pochi anni, di spazzare via dal mercato molte realtà che non sono in grado di evolversi. In organizzazioni che per decenni sono state rigide nella suddivisione di ruoli e responsabilità, l’introduzione di un’organizzazione orizzontale e flessibile e il passaggio all’ibridazione professionale richiede un vero e proprio cambiamento culturale e non sempre la figura del consulente-manager viene compresa. Eppure la soluzione è proprio questa: riorganizzare le strutture e inserire figure professionali capaci di coniugare competenze strategiche e operative, dotate di visione trasversale e in grado di accompagnare le aziende clienti nella lettura e interpretazione di un panorama sempre più complesso e in rapida evoluzione, che impatta certamente nella definizione della loro identità di marca e nella gestione delle relazioni con i clienti, ma soprattutto nell’implementazione di strategie di marketing trasversali, che devono essere in grado di toccare e tenere insieme ambiti apparentemente distanti.
Non è un caso se oggi stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante figure professionali come i trend hunter, capaci di anticipare i trend e di guidare le decisioni. Non basta più rispondere ai cambiamenti del mercato: è fondamentale anticiparli, prevedere le nuove tendenze e tradurle in strategie efficaci. La capacità di analizzare i segnali deboli e interpretare le dinamiche socio-culturali diventa un asset strategico per ogni agenzia che voglia rimanere competitiva.
Se un tempo la forza di un’agenzia si misurava sulla sua capacità di produrre idee brillanti e campagne memorabili, oggi la creatività è solo uno dei tanti elementi di un mix più complesso. I dati, la tecnologia e la strategia hanno assunto un’importanza pari, se non superiore, alla creatività stessa che va intesa come uno dei driver che guidano l’intero sviluppo progettuale. La stessa progettualità travalica le competenze del classico reparto creativo per trasferirsi su quelle del project management, capace di coordinare i flussi di lavoro in modo efficiente, integrando competenze tecnologiche e strategiche. Anche i tradizionali contratti quadro, spesso onerosi e statici, devono lasciare il posto a modelli che consentano di gestire progetti modulari e flessibili, attraverso team multidisciplinari capaci di muoversi in modo agile e dinamico.
In questo scenario non ci sono solo dolori però, c’è anche qualche vantaggio: l’adozione di un modello flessibile da un lato permette di rispondere meglio alle esigenze dei clienti, dall’altro consente alle agenzie di adattarsi più rapidamente ai cambiamenti del mercato, riducendo rischi e costi operativi. Il futuro del settore sarà determinato dalla capacità di evolversi con rapidità e determinazione. Chi saprà cavalcare questa trasformazione scriverà il prossimo capitolo della pubblicità, non solo sopravvivendo ma prosperando. Al contrario, chi rimarrà ancorato ai vecchi schemi rischia di essere travolto dalla velocità del cambiamento e di scomparire dal mercato.
Nota sull’autore

RAFFAELE BIFULCO
Raffaele Bifulco è co-fondatore e managing director di NEWU, società di consulenza phygital con un approccio radicale online-to-offline.
Laureato in Estetica e con un master in Management e marketing presso la Luiss Business School, Bifulco ha iniziato la sua carriera nell’industria culturale come communication specialist del Museo MAXXI di Roma. Con NEWU e nel suo precedente ruolo esecutivo nell’industria dei media, ha lavorato per clienti come Google, Prada, Sky, Amazon, Netflix, Ferrero, Samsung e Spotify, guidando sia progetti di comunicazione a livello globale che team dedicati.
Collabora con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e la Nuova Accademia di Belle Arti, tenendo corsi di marketing, comunicazione e project management. Inoltre, è mentor per il programma di accelerazione startup dell’Università Bocconi, Bocconi 4 Innovation.