
Portando con sé, attraverso poco meno di due secoli di presenza a vario titolo sul mercato, quelle conoscenze indispensabili per continuare a distinguersi nel settore della pasticceria, la Luigi D’Amico Parrozzo – 3 milioni di euro di fatturato nel 2024 e 21 dipendenti – è un’azienda con un Dna ben preciso e che poggia principalmente sulla produzione del simbolo indiscusso della tradizione dolciaria abruzzese. Dolce non lievitato da forno con pasta montata a base di farina di mandorle e aromi naturali di forma semisferica e ricoperto da cioccolato fondente, il Parrozzo ha iniziato a conquistare i palati degli abitanti di Pescara (sede degli stabilimenti dell’impresa) e di tutta la regione appena Gabriele D’Annunzio – eravamo nel 1926 – diede l’indicazione per chiamarlo in questo modo.
“Quello che da moltissimo tempo i contadini abruzzesi facevano con il granoturco e aveva il nome di pane rozzo, Luigi D’Amico, colui che fece partire questa storia familiare, decise di tradurlo in un qualcosa di dolce mantenendone inalterata la forma – spiega Pierluigi Francini (nella foto in alto), ora coordinatore dell’universo Luigi D’Amico Parrozzo, giunto alla sua sesta generazione –. Creata l’innovativa ricetta, interpellato un importante grafico del tempo che studiò un confezionamento ecologico ante litteram, si chiese poi a D’Annunzio di dare un nome al dolce e il poeta non ebbe dubbi nel decidere di chiamarlo Parrozzo, prodotto che diventò progressivamente conosciuto in varie zone d’Italia prima delle grandi difficoltà susseguenti alla distruzione della struttura produttiva aziendale durante la Seconda guerra mondiale”.
Dopo un lento e complicatissimo periodo di ripresa, negli anni ‘70 fu realizzata una linea estremamente moderna in grado di permettere il confezionamento del Parrozzo in atmosfera controllata. Novità tecnologica capace di allungare i tempi di conservazione del tradizionale dolce abruzzese da uno a sette mesi. “In questo modo siamo riusciti a sviluppare un export magari non troppo consistente, la nostra percentuale di fatturato oltreconfine è infatti intorno al 10%, ma che ci consente di farlo arrivare soprattutto in Canada e Australia. Ce lo chiedono da Toronto e Vancouver, come anche da Melbourne, in particolare i nostri emigranti andati via subito dopo la fine dell’ultima guerra. Da poco poi si è creato interesse pure in Finlandia, dove, tra l’altro, ci risulta siano golosissimi di cioccolato e caffè”.
Partita dalla produzione per l’ambiente militare e, più in genere, per conto terzi, la Luigi D’Amico Parrozzo ha maturato nei decenni interesse anche per altre prelibatezze dolciarie che l’hanno aiutata a mettere su un catalogo alimentare di ottimo livello, non disdegnando di andare ad “intervistare” chi aveva conservato e continuato a utilizzare antiche ricette ormai scomparse. “Al proposito abbiamo anche un’altra linea di produzione dedicata alla tradizione casalinga abruzzese, dolcetti tornati alla luce grazie alle testimonianze dirette di chi non aveva mai smesso di portarli sulla propria tavola, ma soprattutto per il grandissimo lavoro fatto al tempo da Antonio De Nino, che alla fine del diciannovesimo secolo descrisse usi e costumi del territorio codificando, tra le altre cose, queste ricette del passato. Ricette che ormai non vengono riproposte neanche dalle pasticcerie qui in Abruzzo”, sottolinea Francini.
Una variegata produzione che viene offerta ai consumatori della regione, ma pure a quelli del sud delle Marche attraverso la grande distribuzione e un altro canale altrettanto importante per la Luigi D’Amico Parrozzo. “È quello legato ai negozi specializzati – chiarisce il coordinatore del lavoro all’interno della Luigi D’Amico Parrozzo –, punti vendita che in certi contesti non se la passano granché bene al momento, ma che costituiscono in ogni caso un importante canale distributivo per il nostro business. A Roma, per esempio, ci affidiamo esclusivamente ad un certo numero di negozi appartenenti ad una catena di comprovata qualità. Per quanto riguarda invece il resto della produzione proseguiamo ad avere ottimi riscontri dalla vendita di pasticcini con ingredienti principali burro e farina di riso, quelle Paranzelle tanto amate dalle nostre parti. Assieme a loro ci chiedono in maniera appassionata la Senza Nome, tortina alla frutta candita che abbiamo chiamato così perché, in quel caso, D’Annunzio probabilmente si dimenticò di rispondere ad una lettera che gli chiedeva di dare il nome anche a questo dolce”.
In ottica futura, infine, la Luigi D’Amico Parrozzo si propone di sviluppare ulteriormente la gamma dei prodotti gelato, mentre da un punto di vista del pubblico esercizio tanto caro ai vertici della Pmi di base a Pescara, l’idea è quella di dare ancora migliore visibilità a quanto creato negli stabilimenti aziendali sfruttando ambienti simili a quel Ritrovo del Parrozzo, punto d’aggregazione aperto nel 1927 a Pescara e che nel 2023 ha meritato il riconoscimento di locale storico.