
Da poche settimane è diventato ufficialmente operativo il Rentri, ovvero il “Registro Elettronico Nazionale della Tracciabilità̀ dei Rifiuti”. Si tratta dello strumento sul quale il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica fonda il sistema di tracciabilità dei rifiuti e prevede la digitalizzazione dei documenti relativi alla movimentazione e al trasporto dei rifiuti, come si legge sul sito omonimo. Abbiamo chiesto di commentare questa novità a Cisambiente, l’associazione nata nel 2016 che in Confindustria raccoglie circa 1.400 imprese nei settori della gestione dei rifiuti urbani e speciali. Ne parliamo con il direttore generale Lucia Leonessi.
Direttore, a che cosa serve e quali sono i soggetti che dovranno avvalersene?
Il 13 febbraio è entrato in vigore il Rentri ed è previsto l’ingresso a scaglioni per altre aziende nel corso dell’anno. Come suggerisce il nome stesso – registro elettronico nazionale della tracciabilità dei rifiuti – servirà a tracciare il percorso compiuto da una particolare categoria di scarti originati dalle attività imprenditoriali, i rifiuti pericolosi e quelli non pericolosi, dal luogo nel quale sono prodotti a quello in cui si concluderà la loro esistenza.
La tracciabilità rappresenta un momento fondamentale della produzione e del lavoro per le nostre 1.400 aziende e di tutte le altre in Italia, sia dentro che fuori il sistema confindustriale. È importante capire che tutti saranno progressivamente coinvolti nella tracciabilità perché la produzione porta con sé degli scarti differenti dai comuni rifiuti.
La tutela ambientale con la sua differenziata ha una tracciabilità dei rifiuti raccolti; lo smaltimento, attraverso gli impianti, consente di valorizzare il rifiuto che ovviamente deve essere tracciato in tutte le sue fasi.
Il Rentri non deve essere visto come una ulteriore complicazione da aggiungere agli oneri che un’azienda in Italia ha già di per sé, ma come un’opportunità per tutelare e proteggere l’ambiente e le persone”.
In quali aspetti il Rentri rappresenta un passo avanti rispetto allo strumento precedentemente in vigore, cioè il Sistri?
A differenza del Sistri, che era affidato alle Forze dell’Ordine e che aveva avuto alcuni problemi, il Rentri è gestito dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, con il supporto tecnico dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali: la differenza sta proprio in questa sottile ma importante peculiarità e anche nel fatto che si tratta di un registro elettronico rispetto al Sistri.
Confindustria Cisambiente ha concretamente collaborato con il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica alla messa a punto del nuovo sistema. Quali miglioramenti che avete proposto sono stati poi accolti nella normativa?
Un miglioramento è il fatto che il Rentri è totalmente digitale, in questo modo snellirà il carico burocratico per l’azienda. Questo potrebbe essere interpretato come una difficoltà per quelle realtà che non si sono ancora orientate verso il digitale, ma forse proprio in questo sta un altro fattore di miglioramento: il Rentri diventa un invito ad avvicinarsi al futuro, che ormai è totalmente digitale.
Lo scorso anno avete istituito all’interno della vostra associazione una nuova area: GommAmbiente. Perché questa scelta e di che cosa si andrà a occupare nello specifico?
Gommambiente nasce a metà del 2024 e oggi conta quasi 30 aziende completamente dedicate al recupero degli pneumatici. Tra le materie recuperate c’è il “polverino”, un vero e proprio prodotto che è molto importante perché può diventare il principale protagonista nell’asfaltatura delle strade, garantendo una copertura senza spaccature, elastica e drenante e, soprattutto, rispettosa della natura perché si smaltisce un prodotto, lo pneumatico, che un tempo, a fine vita, era considerato altamente invasivo e perfino pericoloso se abbandonato. Oggi, invece, essendo un bene con un valore, c’è una grande attenzione da parte delle aziende a non farlo uscire dall’Italia: gestire lo smaltimento degli pneumatici diventa un vantaggio.
È bello veder nascere una filiera che dà nuova vita a un prodotto che deriva a sua volta da qualcosa guardato un tempo con terrore. Il presidente Roberto Bianco ha fatto una grande operazione e in Cisambiente siamo desiderosi di portare avanti con enti e strutture nazionali la possibilità di promuovere l’uso del “polverino” nelle strade italiane.
Quali sono invece gli obiettivi del Protocollo firmato recentemente con Ispra?
Il protocollo firmato a Ecomondo con Ispra e con il suo direttore generale Maria Siclari è uno dei passi più importanti che ha compiuto l’associazione negli ultimi anni, considerando la valenza strategica che hanno le materie prime.
Proprio in merito a questo, abbiamo creato in Cisambiente il dipartimento Materie Prime con Gianclaudio Torlizzi. Abbiamo immaginato di potenziare sia attraverso il protocollo con Ispra, sia attraverso l’attività della nostra associazione, il futuro del nostro Paese nel settore delle materie prime.
È nostro desiderio comporre una mappa mineraria, magari essenziale, e aiutare le istituzioni attraverso la tecnologia e le indicazioni che arrivano direttamente dal mondo del lavoro. Questo è il cuore dell’accordo con Ispra, ma ovviamente il protocollo riguarda tantissimi temi, che vanno dai criteri ambientali minimi alla raccolta del rifiuto, aspetti in cui intervengono anche l’Associazione nazionale dei Comuni italiani (Anci) e tutte quelle realtà che si interessano del rifiuto e della sua valorizzazione, dell’ambiente e della produzione del prodotto successivo.
Infine, uno dei temi sui quali vi state impegnando maggiormente è il riciclo degli abiti usati. Ne avete parlato anche all’ultima edizione di Ecomondo. Quali proposte state portando avanti?
Da molti anni si parla di End of Waste del tessile. Cisambiente è intervenuta ai tavoli del ministero su questo tema e recentemente si è occupata, con le sue aziende, della costituzione di impianti di ultima generazione, che riportano filato e tessuto alla produzione. Tutto questo può essere fatto anche attraverso iniziative come quella recentemente lanciata per riportare in negozio il vestito, la scarpa o la borsa dopo il nuovo acquisto, proprio come si è fatto in passato per le auto con la rottamazione.
Questo modello non è ancora strutturato ma potrebbe essere davvero una delle idee, insieme al coordinamento dei centri di recupero del tessile, che sono un vero e proprio asset, perché il tessile rappresenta una pluralità di materiali che riguarda più settori. Non dobbiamo pensare, infatti, solo agli abiti ma anche agli ingombranti, all’arredo, alle tende. E l’impiantistica per il riciclo ha necessità di una generazione di macchinari molto evoluta.