Negli ultimi anni si è sviluppata una sempre maggiore consapevolezza in materia di welfare aziendale, anche nelle piccole e medie imprese, favorita da una serie di opportunità fiscali offerte dalle ultime due leggi di stabilità. Il presidente di Piccola Industria Confindustria, Alberto Baban, spiega come questo concetto si è evoluto e come è stato declinato soprattutto nel mondo delle pmi.
Il welfare aziendale è ancora appannaggio solo delle grandi aziende?
L’attenzione verso il benessere dei collaboratori è sempre esistito anche nelle piccole imprese, magari con un’impostazione meno strutturata rispetto alle aziende di grandi dimensioni. In passato il welfare integrativo era diffuso soprattutto nelle realtà più ampie, come benefit per i lavoratori.
Negli ultimi anni la contrattazione è intervenuta su questi temi in modo più significativo, sia a livello di categoria che aziendale.
Nelle pmi – che sono in realtà delle piccole comunità formate dall’imprenditore e dai suoi collaboratori, dove le relazioni sono molto forti – questa cultura è presente da sempre, considerata quasi un’estensione stessa delle attività lavorative.
In altre parole, quello che prima chiamavamo “familiarità” e rapporti interpersonali, oggi iniziamo a definirlo welfare.
Quali sono le peculiarità delle pmi che possono incidere anche sui piani di welfare?
La piccola industria è al suo interno molto varia, ogni singola azienda ha degli elementi distintivi dovuti non soltanto alla classe dimensionale o al settore di appartenenza, ma legati al territorio e alle caratteristiche della popolazione aziendale.
Le nuove norme che favoriscono il welfare permettono a molte pmi di utilizzare questi servizi a beneficio del sistema impresa, definendo l’offerta in modo sartoriale in relazione ai bisogni delle singole realtà aziendali.
La limitata conoscenza degli aspetti fiscali e normativi è un ostacolo nell’attivazione dei piani di welfare aziendale?
La conoscenza delle opportunità offerte può essere migliorata.
Nella piccola industria di solito è tutto in mano all’imprenditore o al titolare, che ricopre anche il ruolo di responsabile delle risorse umane. Quindi può essere difficile riuscire a intercettare tutte le possibilità disponibili.
Inoltre, la conoscenza dei vantaggi fiscali del welfare aziendale da sola non basta; per “scaricare a terra” tutte le potenzialità delle iniziative di welfare deve essere accompagnata anche da una nuova consapevolezza sul piano culturale.
Qual è la sfida di oggi?
È cruciale l’avvicinamento delle piccole e medie imprese al concetto di welfare come elemento di competitività.
Non dobbiamo dimenticare che migliorare il welfare in azienda è un aiuto anche alla produttività e soprattutto alimenta il patto sociale all’interno dell’impresa, distribuendo il successo tra tutti coloro che partecipano alla vita dell’azienda, dal dirigente al dipendente.
In che modo le novità dell’ultima legge di stabilità hanno reso più fruibile l’offerta di welfare?
In realtà questo cambio culturale era già in atto negli ultimi anni. Le novità introdotte dalla normativa hanno stimolato l’attenzione verso il tema del welfare perché non vengono informati solo gli imprenditori, ma tutto il mondo che sta intorno, con il vantaggio che si parli in maniera sempre più diffusa di questi nuovi modelli di impresa.
Confindustria ha preso parte al Welfare Index PMI fin da subito. In che modo questo progetto può contribuire al cambiamento culturale nelle pmi?
Siamo da sempre molto attenti al tema del welfare aziendale, sono state proprio le imprese i precursori in questo settore.
Non bisogna dimenticare il ruolo svolto da Confindustria nel dialogo con le parti sociali, soprattutto per promuovere la diffusione delle iniziative di previdenza complementare e sanità integrativa, che ancora oggi trovano il loro territorio ideale nei contratti di categoria.
In questo contesto il Welfare Index PMI è per noi importante perché contribuisce ad analizzare con un livello di grande dettaglio il fenomeno del welfare aziendale nel panorama delle pmi italiane e, inoltre, favorisce sul piano culturale un avvicinamento del mondo delle piccole imprese al concetto di welfare come elemento di competitività.
È, infatti, grazie allo strumento dell’autovalutazione della singola impresa rispetto ai benchmark di settore che l’imprenditore è in grado di individuare il suo posizionamento competitivo.