
È il tema del momento, quello che alimenta convegni e dibattiti e sta dando luogo a una produzione saggistica ben nutrita di titoli, dove l’obiettivo è provare a fare chiarezza in quella che si avverte come molto più di una rivoluzione tecnologica.
Da quando infatti l’azienda di San Francisco OpenAI ha lanciato nel novembre del 2022 ChatGpt (cfr. L’Imprenditore di febbraio 2023) – un’applicazione basata sui Large Language Models che permette la creazione di testi in linguaggio naturale, come farebbe un essere umano, e che dopo soli due mesi aveva già raccolto cento milioni di utenti mensili attivi – il tema dell’Intelligenza artificiale ha suscitato grandissimo interesse per le sue numerose applicazioni, ma anche diverse preoccupazioni.
La Rivista di Politica Economica lo ha scelto come argomento monografico per il secondo numero del 2024. Un volume suddiviso in due parti e articolato in nove capitoli, che volutamente mantiene lo standard di circa 200 pagine – questa volta 191, per l’esattezza – per presentarsi come uno strumento di approfondimento rivolto a un pubblico di non specialisti. “Volevamo offrire una panoramica sintetica e aggiornata dei principali sviluppi della materia – spiega Stefano Manzocchi (nella foto in alto) prorettore per la ricerca e la terza missione all’Università Luiss Guido Carli e direttore di RPE –. Ma poiché la nostra stella polare resta sempre il mondo dell’impresa, dopo una prima parte di scenario, ci siamo concentrati su aspetti che potevano interessare il nostro pubblico, che è fatto principalmente di imprenditori, manager, esperti del mondo del lavoro e dell’industria”.
Rispetto ai precedenti e dato l’argomento, è stato un numero più difficile da comporre?
In parte. La difficoltà maggiore in questo caso è stata togliere. Il tema presenta molte articolazioni e si sarebbe potuti facilmente arrivare a un’opera enciclopedica. Cosa che abbiamo voluto evitare rivolgendoci a un panel di esperti talmente addentro alla materia da essere in grado di sintetizzarne i punti più rilevanti.
L’Intelligenza artificiale è uno strumento molto potente, ma va adattato alle caratteristiche dell’impresa. La cosa interessante è che si possono stabilire diversi piani di interazione tra l’IA e le attività d’impresa. Da ciò derivano investimenti più o meno profondi sugli strumenti tecnologici, sulle competenze e sulla strategia dell’impresa stessa.
L’Intelligenza artificiale può giocare un ruolo anche nel pubblico. È quanto suggerite nel capitolo dedicato alle applicazioni per creare delle smart cities.
Esatto. In questo campo l’Intelligenza artificiale può fare moltissimo e i manager pubblici più illuminati si sono accorti che lo strumento è fondamentale per migliorare la gestione dei servizi, migliorare il rapporto con i cittadini e, più in generale, ottimizzare i processi.
A un certo punto si parla di IA-Bot comunali, una sorta di “impiegato comunale digitale” potremmo dire, programmato per rispondere a domande comuni, quali “l’accesso a documentazione amministrativa, informazioni su procedure standard e dettagli su servizi comunali, con l’obiettivo di offrire un’assistenza immediata e continua a cittadini”. Sarebbe un bel passo avanti, no?
Certamente. Il potenziale è enorme e potrebbe far fare davvero un salto di qualità alle nostre città, che per molti aspetti sono rimaste antiquate. Questo tema inoltre interseca un altro argomento che da sempre sta a cuore a Confindustria, ovvero il partenariato pubblico-privato. I sistemi creati dalle grandi multinazionali del settore, infatti, vanno sempre adattati alle specificità di una città, di una regione o di un’azienda e quindi per questo motivo servono le imprese sul territorio; imprese che conoscano le normative locali e che possano fare questo lavoro.
Ciò richiede una rivoluzione anche nelle competenze; è difficile immaginare un cambiamento del genere senza “rivoluzionare” in qualche modo anche la Pubblica amministrazione. E non parlo solo di un ricambio generazionale, ma di una ridefinizione stessa del concetto di ufficio.
D’obbligo un capitolo sulla cybersecurity, che spiega bene la minaccia rappresentata da organizzazioni basate sul cosiddetto modello CaaS (crime as a service) e che contribuisce a sgretolare lo stereotipo del criminale asociale che agisce nel buio di uno scantinato…
È un capitolo molto interessante, che fa comprendere anche la complessità degli investimenti che si sono dovuti affrontare negli ultimi anni, sia nel pubblico sia nel privato. Ce ne siamo occupati indirettamente anche alla Luiss, partecipando tramite un master ad hoc alla formazione dei quadri che oggi lavorano per l’Agenzia nazionale per la Cybersicurezza nazionale.
L’Intelligenza artificiale ha stimolato anche la nascita di una normativa tutta nuova, chiamata a regolare un campo veramente inesplorato. Cosa ne pensa?
Credo che pure qui si siano replicate alcune differenze di approccio che già distinguevano l’Europa dagli altri due grandi blocchi, ovvero Stati Uniti e Cina. Mentre questi ultimi mostrano un’attitudine a supportare le loro grandi multinazionali del digitale, l’Europa ha optato per una strada diversa: ha scelto di attenersi ai principi dei Trattati originali e di normare attraverso l’AI Act in maniera molto specifica, talvolta anche troppo restrittiva.
Il tema, però, è tuttora aperto e delicato. Facendo un parallelo con il Green Deal, l’Unione europea tende prima a normare i fenomeni, ma così rischia di perdere le battaglie competitive. E siccome sul digitale l’Ue è chiaramente indietro, il rischio è che gli altri paesi non siano disposti a “giocare” secondo le stesse regole. Il contributo presente nel volume paventa proprio un isolamento europeo in questo campo.
Si potrebbe obiettare, però, che gli aspetti relativi alla privacy e all’etica non sono secondari e che qualcuno deve pur mettere ordine. O no?
Sono d’accordo e credo che qualcosa dell’approccio europeo in qualche modo potrà approdare ai tavoli negoziali. Tuttavia, resta il fatto che l’Ue tenda a iper-regolamentare tralasciando il potenziale delle sue imprese e delle sue competenze. Tenga presente che l’Europa fa ricerca sull’Intelligenza artificiale per risorse che forse sono un decimo rispetto agli Stati Uniti…
C’è una partita più grande che si gioca su questo terreno.
Il tema si intreccia infatti con i cambiamenti geopolitici in corso. La crescita tecnologica cinese rappresenta un motivo di preoccupazione per gli Stati Uniti e i grandi campioni digitali – che siano Google, Nvidia o Amazon – sono pezzi importanti non solo dell’economia ma anche della strategia geopolitica americana.
Siamo in una fase di sviluppo tecnologico impetuoso, nella quale agli strumenti per il linguaggio generativo di cui abbiamo parlato sopra si affiancano strumenti di Intelligenza artificiale agenti, che consentono cioè di fare cose. Questo è uno sviluppo ulteriore, che si porta dietro naturalmente altri rischi in termini di interferenza con i processi democratici e con le società occidentali per come oggi le conosciamo.
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