La cultura rappresenta una fonte di vantaggio competitivo per l’Italia lungo quattro principali direttrici:
1) Il patrimonio culturale e gli investimenti in cultura producono rilevanti effetti positivi per il made in Italy in termini di upgrading qualitativo e quindi di miglioramento della capacità di conquistare quote di mercato a maggior valore aggiunto;
2) Una buona gestione del patrimonio culturale e gli investimenti in cultura producono una crescita qualitativa dei flussi turistici;
3) La qualità della gestione del patrimonio culturale impatta sulla brand reputation del Paese e quindi, in generale, sull’appeal delle produzioni provenienti dall’Italia, non solo di quelle tipiche del made in Italy ma anche di quelle ad alto contenuto di tecnologia;
4) La cultura rappresenta una fonte inesauribile di sapere e creatività, un grande vantaggio nella competizione globale sempre più basata su conoscenza e talenti.
Guardando al futuro del Paese e al ruolo che potrà giocare nel quadro competitivo internazionale, è fondamentale sapere quanto pesa la cultura per l’economia italiana e come il valore generato dalla cultura cresce, muovendosi dal nucleo artistico verso i settori limitrofi delle industrie creative e, in generale, di tutte quelle industrie dove cultura e creatività sono fattori fondamentali per lo sviluppo di un’offerta internazionalmente competitiva. Nell’industria larga a cuore manifatturiero è proprio l’interazione/integrazione fra nucleo culturale e altri settori la leva per alimentare la competitività di sistema.
Quanto vale il Sistema Cultura in Italia? La quantificazione del valore della cultura per l’economia e la società non è semplice, innanzitutto perché esistono problemi di definizione e armonizzazione nelle classificazioni internazionali delle industrie creative e culturali. Inoltre, sia il valore economico sia quello culturale dei settori del nucleo artistico culturale sono misurabili solo a patto di notevoli semplificazioni.
Nel 2011 il Centro Studi Confindustria ha avviato un filone pionieristico di analisi esplorando il ruolo della cultura come veicolo di diffusione delle produzioni “belle e ben fatte” italiane nel mondo. Successivamente l’analisi è stata approfondita negli Scenari economici del dicembre 2013.
Il metodo di quantificazione tende principalmente a consentire il confronto internazionale alla ricerca dei punti di forza e debolezza dell’Italia rispetto ai competitor, per individuare le leve di policies da azionare per il rilancio competitivo dell’industria nazionale. Ne emerge una valutazione del sistema produttivo culturale in termini di valore aggiunto di oltre 80 miliardi di euro, pari al 5,5% del Pil.
Questo dato tiene conto del nucleo artistico culturale, delle industrie culturali e delle principali industrie creative, ma esclude dal perimetro di calcolo altre industrie del manifatturiero e dei servizi, che comunque, in quota, sulla base del numero di professioni culturali e creative impiegate, risentono degli effetti indiretti del nucleo culturale e artistico (ad esempio, non viene contabilizzata la quota della ristorazione inerente agli chef che rappresentano la componente culturale del settore). Limitatamente all’Italia, Unioncamere e Fondazione Symbola hanno allargato in tal senso il perimetro di analisi, arrivando a stimare per il 2015 fino a 89,7 miliardi di euro di valore aggiunto per il Sistema Produttivo Culturale e Creativo italiano.
L’analisi del Centro Studi Confindustria in termini di confronto internazionale mette in luce alcuni fatti fondamentali. Innanzitutto se in Italia il peso sul Pil delle industrie culturali (cinema, musica, editoria, ecc.) è molto più basso della media europea (2,7% rispetto a 3,5%), al contrario il peso delle industrie creative (moda, design, ecc.) è significativamente maggiore rispetto agli altri paesi europei (2,2% rispetto a 1,5%). Si evince quindi una specificità per l’Italia, per la quale la cultura rappresenta un fondamentale driver di sviluppo proprio per le produzioni che eccellono per propensione all’export e per contributo positivo al saldo attivo della bilancia commerciale italiana.
Nel biennio 2011-2012 il peso sul Pil del Sistema Produttivo Culturale e Creativo nei principali paesi europei appare in crescita (in Germania, ad esempio, si è passati dal 5,2% al 5,8%), mentre al contrario appare in diminuzione per l’Italia (dal 5,6% al 5,5%); una tendenza preoccupante che, se non fosse contrastata da opportune misure di policy, implicherebbe per l’Italia la perdita di uno dei suoi principali vantaggi competitivi.
A tal proposito in Italia emerge una singolare disattenzione per le materie artistiche nell’ambito dell’istruzione (la metà delle ore di insegnamento della Germania nei primi due gradi di insegnamento; la metà di studenti universitari rispetto al Regno Unito). Permane nella società il latente il pregiudizio secondo il quale “con arte e cultura non si mangia”, mentre al contrario i nostri principali competitor nelle produzioni ad alto valore aggiunto sembrano investire proprio in questi ambiti.
La cultura rappresenta per il nostro Paese un punto focale per lo sviluppo economico e sociale. Analizzando i dati emerge forte e chiaro un segnale di crescita