
Quali sono le caratteristiche di questa ottava edizione?
Il Salone ripropone lo stesso format tutti gli anni, arricchito naturalmente con nuove attività e iniziative. L’appuntamento nazionale si terrà il 29 e 30 settembre a Milano alla Bocconi; domani cominciano le 14 tappe del tour nei territori e ogni anno cerchiamo di aumentarle.
L’edizione 2020 si intitola “I volti della sostenibilità” perché puntiamo a valorizzare le persone, ovvero chi c’è dietro ad ogni stakeholder: dipendenti, clienti, fornitori, investimenti. La novità di quest’anno è che gli organizzatori di ogni tappa, se vogliono, possono scegliere un focus. Domani a Torino si parlerà di “Sinergia pubblico-privato a favore del cittadino” con testimonianze dal territorio regionale sul tema delle utility.

ROSSELLA SOBRERO
Lei è presidente di Koinètica, uno dei partner organizzatori dell’evento. Quando siete nati, 18 anni fa, si parlava di CSR nelle aziende? E come è cambiato il vostro lavoro?
Noi siamo stati quasi dei pionieri. A quel tempo ben poche strutture parlavano di Csr. Ultimamente c’è stata una grande crescita di attenzione perché ci si è resi conto che il modello economico, così com’è, non può più funzionare. Oggi il tema della finanza sostenibile è diventato centrale sia per gli investitori che per le imprese.
A mio parere il cambiamento ha interessato molto di più il sistema privato che il pubblico. A fare da battistrada sono state le grandi aziende, ma adesso anche molte Pmi stanno lavorando per trasformare il loro modo di fare impresa, rendendolo più sostenibile.
Direi che il nostro lavoro è stato anche culturale, nell’ottica di far crescere nelle organizzazioni questo valore. Uno degli ultimi libri che ho scritto si intitola “Sostenibilità, competitività, comunicazione”: significa che oggi la sostenibilità e la competitività non sono più viste come antagoniste ma anzi complementari. Ciò che ancora manca è una comunicazione efficace: non c’è sufficiente capacità di trasferire questi valori agli stakeholder.
Dal suo punto di vista, in quali campi le imprese devono agire o stanno agendo concretamente per migliorare?
Senz’altro nella gestione del rapporto con i collaboratori. Il welfare aziendale è diventato centrale nelle strategie di molte aziende ed è un segnale molto positivo.
L’altro fronte – drammaticamente d’attualità – è quello dei cambiamenti climatici: analizzando le imprese che partecipano al Salone, notiamo che sempre di più si orientano alla riduzione delle emissioni, alla riconversione dei processi produttivi, cercano cioè di fornire un contributo alla lotta al cambiamento climatico.
Nei bilanci sociali, e più in generale nelle campagne di comunicazione, molte aziende fanno riferimento ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu. Il 13esimo, quello della lotta al cambiamento climatico, è uno dei più ricorrenti.
In che modo la sostenibilità può aiutare il business?
Da diversi punti di vista. Diamo quasi per scontato che le persone e le aziende capiscano che occorre avere un approccio diverso per il bene sociale. Concretamente, però, per un’azienda può essere un elemento di distinzione dai propri concorrenti. Poi, può rappresentare un accreditamento presso alcuni mercati: in Nordeuropa, se non si hanno prodotti e processi sostenibili, non si entra. E quindi le aziende in un certo senso sono un po’ obbligate.
Spesso poi le Pmi, se vogliono continuare ad essere fornitori di una grande azienda, devono rispondere a dei criteri sociali e ambientali. Inizialmente quindi lo fanno perché è un obbligo, ma poi si rendono conto che in realtà conviene perché ottimizzare i processi e migliorare la logistica porta vantaggi economici diretti.
Quello della logistica, a mio avviso, sarà l’ambito nel quale in un prossimo futuro assisteremo a un grande cambiamento: ridurre l’impatto ambientale del trasporto su gomma sarà uno degli obiettivi che si presume porteranno anche maggiori vantaggi economici alle aziende.
Cosa consiglia a un’azienda che non ha ancora approcciato il tema?
La prima cosa è fare un’autoanalisi, quindi guardarsi dentro nel modo più oggettivo possibile. Soprattutto le Pmi, o quelle che lavorano nel B2B, possono avere già attività riconducibili, se sistematizzate, ad una strategia di sostenibilità. Poi naturalmente occorre anche vedere le criticità da migliorare. Per quanto riguarda la comunicazione, consiglio sempre a un’azienda di non dire se non ha fatto: i grandi proclami e le dichiarazioni di principio servono a poco e possono alimentare diffidenza.
Oggi con i social network e tutta la comunicazione digitale le aziende sono “case di vetro” e sono sempre più esposte a un controllo. È bene quindi mettere in campo alcune azioni e poi raccontarle. Chi si avvicina a questi temi per la prima volta lo deve fare con molta coerenza e senza eccessiva enfasi.