Il Consiglio europeo del 9 febbraio, chiamato a discutere in particolare della risposta europea all’Inflation Reduction Act americano e della gestione dei migranti, è stato segnato dalla presenza del presidente ucraino Zelenskij e da un lungo e acceso dibattito incentrato sulle recenti proposte della Commissione contenute nel Green Deal Industrial Plan. I lavori si sono conclusi nella tarda notte di giovedì.
La presenza di Zelenskij, arrivato a Bruxelles insieme al presidente francese Macron, è stata accompagnata da diverse polemiche. In primo luogo, il fatto che si sia recato prima nel Regno Unito, lasciando intendere di aver instaurato con Londra una relazione speciale e privilegiata; in secondo luogo, il fatto che abbia partecipato ad una cena all’Eliseo, con il presidente Macron e il cancelliere tedesco Scholtz, in un momento in cui l’asse franco-tedesco è sotto accusa dalla maggioranza dei governi Ue per le pressioni esercitate sulla Commissione in materia di aiuti di Stato.
IL DOSSIER UCRAINA
L’assistenza complessiva fornita finora all’Ucraina dall’Unione europea e dai suoi Stati membri ammonta ad almeno 67 miliardi di euro. L’Ue ha approvato una settima tranche di 500 milioni di euro di sostegno militare all’Ucraina nell’ambito del Fondo europeo per la pace e ha avviato la missione di assistenza militare per addestrare 30mila soldati nel 2023. Questo porta il sostegno militare complessivo dell’Unione e dei suoi Stati membri a quasi 12 miliardi di euro.
Alla luce della situazione attuale, il Consiglio europeo accoglie con favore la rapida fornitura di equipaggiamento militare all’Ucraina da parte degli Stati membri. Nel frattempo, l’Unione europea e l’Ucraina sfrutteranno appieno il potenziale dell’Accordo di associazione, compresa la Area di libero scambio globale e approfondita, in modo da creare le condizioni per un rafforzamento delle relazioni economiche e commerciali che porti all’integrazione di Kiev nel mercato unico.
Per quanto riguarda l’adesione dell’Ucraina all’Ue, nonostante le fughe in avanti della presidente della Commissione e del presidente del Consiglio europeo, diversi capi di Stato e di governo hanno ribadito la necessità di rispettare le procedure ordinarie, negando l’esistenza di eventuali corsie privilegiate. Per questo, le conclusioni del Consiglio europeo si limitano a garantire il sostegno europeo affinché Kiev possa soddisfare le condizioni specificate nel parere della Commissione sulla sua domanda di adesione.
AIUTI DI STATO, LE POSIZIONI IN CAMPO
Subito dopo la girandola di incontri del presidente ucraino con i leader europei, il Consiglio è stato animato da un dibattito su due questioni spinose, intrinsecamente legate tra loro.
La prima, l’allentamento dei vincoli sugli aiuti di Stato, segnatamente la libertà per i governi di concedere sussidi e sconti fiscali (in particolare crediti di imposta) per tutti i settori collegati al cosiddetto “green tech”: di fatto, la traduzione fedele delle indicazioni di Parigi e Berlino, nonostante l’opposizione della maggioranza degli Stati membri.
La seconda, la possibilità di creare strumenti comuni, sotto forma di un nuovo Fondo europeo, per evitare la frammentazione del mercato unico e distorsioni competitive al suo interno e per aiutare i paesi con ridotta capacità di bilancio.
Sul primo aspetto, già alla vigilia del vertice, si è creata una coalizione eterogenea di paesi che ha avanzato dubbi e resistenze sul piano della Commissione: da un lato, i paesi del nord Europa (Danimarca, Svezia, Finlandia, Irlanda e Paesi Bassi), storicamente contrari a sussidi pubblici all’industria; e, dall’altro, i paesi dell’Est (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Lettonia), preoccupati invece per eventuali disparità tra le filiere industriali del Vecchio Continente.
Nonostante un dibattito molto acceso in Consiglio, nella parte relativa agli aiuti di Stato, le Conclusioni hanno mantenuto le modifiche formali adottate alla vigilia: di fatto, prevedono che le procedure debbano essere rese più semplici, più rapide e più prevedibili in modo da consentire la rapida erogazione di un sostegno temporaneo, mirato e proporzionato in quei settori considerati strategici per la transizione verde e pesantemente colpiti dalle sovvenzioni estere o dai prezzi elevati dell’energia.
Gli aggettivi-chiave sono: temporaneo, mirato e proporzionato. Tuttavia, sebbene ci siano diversi richiami alla necessità di proteggere l’integrità del mercato unico e preservare la parità di condizioni, nulla è sostanzialmente in grado di limitare il ricorso agli aiuti di Stato.
Sul secondo aspetto, invece, si è coalizzato il gruppo dei paesi mediterranei, che ha provato a sfruttare fino in fondo la diffusa opposizione all’asse franco-tedesco per riproporre l’idea di nuovi strumenti di finanziamento comune, pur nella consapevolezza di avere pochissimi margini di manovra: la menzione di un nuovo fondo simile a “Sure”, così come ogni riferimento alla “solidarietà”, infatti, non hanno trovato posto nelle Conclusioni, proprio per l’opposizione dei Paesi del Nord.
Nelle Conclusioni, per aiutare i paesi senza spazio fiscale per sostenere le proprie imprese si prevede “la piena mobilitazione dei fondi disponibili e degli strumenti finanziari esistenti”. Le due parole chiave sono “disponibili” ed “esistenti”: Recovery fund, RePowerEu, politica di coesione.
Nelle Conclusioni il riferimento all’intenzione della Commissione di proporre un Fondo per la sovranità europea prima dell’estate del 2023 per sostenere investimenti in settori strategici, è appena citato: non ci sono impegni di alcun tipo. L’unico elemento sul quale la maggioranza dei governi è d’accordo, però, è che non si debba finanziare con nuovo debito comune.
Con l’obiettivo di spingere sulla competitività europea, le Conclusioni affrontano anche il tema della semplificazione normativa, in particolare sugli appalti, e quello dell’accesso alle materie prime critiche. Su quest’ultimo, segnatamente, il Consiglio propone di diversificare l’approvvigionamento e di puntare sul riciclo per promuovere i principi dell’economia circolare.
Per quanto riguarda poi l’imminente riforma del mercato elettrico, le Conclusioni auspicano che oltre all’efficienza economica e all’obiettivo della decarbonizzazione, le misure siano orientate a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e a rafforzare la competitività dell’Ue.
LA QUESTIONE DEI MIGRANTI
Al di là dell’Inflation Reduction Act americano, l’altro tema di confronto duro al Consiglio europeo è stato quello sui migranti, che ha visto il nostro Paese sul banco degli imputati. Le Conclusioni rappresentano una vittoria dimezzata per il nostro Paese.
Il Consiglio riconosce che una sfida europea come quella rappresentata dai fenomeni migratori richiede una risposta europea, globale e non frammentata, che combini una maggiore azione esterna, un controllo più efficace delle frontiere esterne dell’Ue e gli aspetti interni.
Le Conclusioni si concentrano soprattutto sulla dimensione esterna delle politiche migratorie: usare “tutte le leve” (comprese le sanzioni sui visti e l’imposizione di dazi) per convincere i paesi di origine e transito a cooperare sui rimpatri.
Tuttavia, diversi paesi del Nord hanno messo in mora l’Italia per le procedure che consentono ai migranti di fuggire dal nostro territorio. L’obiettivo al momento non dichiarato è ritornare al pieno funzionamento delle regole di Dublino, con tutti gli oneri sulle spalle dei paesi di primo approdo.
(Per la foto in alto: copyright European Union)