Sarà un agosto fisiologicamente diverso quello che si apprestano a vivere nel 2020 la maggior parte delle aziende italiane. Mese in cui si proverà a recuperare quanto lasciato indietro a causa dello stop commerciale imposto dal Covid-19, cercando, come nel caso del Molino Pasini, di fare ancora più squadra sulla strada del ritorno all’auspicata normalità. L’impresa da oltre 80 anni e tre generazioni si occupa di farine di grano tenero (350 tonnellate macinate nell’arco delle ventiquattro ore), con un giro d’affari che spazia tra l’Horeca e la grande distribuzione (40% complessivo), mentre il resto è diviso tra l’industria dei sostitutivi del pane, un canale estero in costante espansione e il settore della panificazione artigianale.
Molino Pasini – base a Cesole di Marcaria nel mantovano, 40 milioni di fatturato nel 2019 e 50 dipendenti – che è sempre rimasto attivo anche nei mesi del lockdown causato dal Covid-19, con turni di lavoro stressanti per soddisfare la mastodontica domanda generata dalla grande distribuzione. Saturazione del mercato che poi in maggio ha però causato un crollo delle vendite pari al 25%.
“Premettendo che i mulini tradizionalmente in agosto non hanno mai chiuso del tutto, visto che il raccolto del grano avviene proprio nel periodo estivo, quest’anno uno stop della produzione è comunque improponibile perché non possiamo certo interrompere le forniture con un trend positivo in corso”, sottolinea Fabio Viani, presidente del consiglio di amministrazione del Molino Pasini.
“Se negli anni passati qualche giorno di fermo a cavallo di Ferragosto era abituale, stavolta la situazione ci impone di rimanere al fianco di una ripartenza che pare sostenuta. Il settore Horeca, per esempio, nel giugno appena passato è riuscito a mettere assieme un fatturato pari a quello dello stesso periodo del 2019 e dopo una chiusura durata tre mesi. E per riprendere la corsa hanno bisogno anche del supporto giornaliero del Molino Pasini”.
Apertura agostana che diventa obbligata pure a causa dell’impossibilità di fare scorte, considerato che il consumo di farine resta consistente e, almeno al momento, fa un minimo sperare i vertici dell’azienda mantovana. “Ma le prospettive per l’autunno restano tutt’altro che rosee, dicono alcuni studi sul tema, e perciò dobbiamo forzatamente restare alla finestra in attesa degli eventi”, spiega Viani.
La decisione di continuare a marciare senza soste ha trovato piena condivisione anche da parte dei dipendenti del Molino Pasini, pronti a lavorare su tre turni giornalieri anche ad agosto per dare continuità alla produzione. “Da parte loro c’è sempre stata la volontà di venire sul posto di lavoro pure nel momento del picco del contagio, non volendo neanche usufruire delle ferie arretrate come avevo loro proposto. Abbiamo perciò attivato lo smart working solo per il personale commerciale, cercando anche di far crescere, non solo all’interno dell’azienda, la cultura della sicurezza. Un progetto legato ad interventi straordinari, quali l’uso di termoscanner, camici, guanti, mascherine nel periodo in cui erano più difficilmente reperibili. E in questo ci ha aiutato molto Confindustria, che si è spesa quando avevamo bisogno”.
Molino Pasini nel frattempo continua a pregiarsi delle sinergie con alcuni dei più apprezzati chef del panorama italiano. Eccellenze della cucina nostrana che nelle farine del molino mantovano trovano spunti per rivisitare ricette della tradizione. “Negli anni ci siamo specializzati in farine di livello medio-alto, in grado di soddisfare pure le aspettative dei grandi chef – chiarisce Fabio Viani –. Come Davide Oldani, con cui, tra le altre cose, abbiamo sviluppato una linea retail da 500 grammi che riporta la sua immagine sulla busta, mentre nel campo della pasticceria collaboriamo con Andrea Tortora, oltre a lavorare con altri ‘stellati’. Ritorni francamente inattesi li abbiamo avuti ultimamente, in piena pandemia, pure da un progetto di sponsorizzazione studiato assieme a Chiara Ferragni”.
Inoltre, in azienda si è pensato di dare vita ad una sorta di “Pasini experience”, per far conoscere meglio i prodotti non solo al pubblico, ma anche agli addetti ai lavori. “Perché il know how che può mettere i campo l’Italia – aggiunge l’imprenditore – non ce l’ha nessuno al mondo: quella che si avvicina di più è forse la Francia, ma la nostra capacità di diversificare nell’universo delle farine resta ancora ineguagliata”.