Il 2016 per le Pmi sarà un anno molto interessante, soprattutto per quelle aziende fortemente vocate all’innovazione. Tante sfide però restano aperte. La prima riguarda l’internazionalizzazione che significa essere più attrattivi per i flussi internazionali di capitale umano e finanziario. A tal fine serve l’impegno di tutti per alimentare il riconoscimento, del progresso che ha investito negli ultimi anni il contesto dell’ imprenditoria innovativa italiana. Segnali importanti in questo senso arrivano dalle migliaia di imprese medie e piccole che lavorano per i grandi gruppi industriali legati al mare, sia nel comparto civile che della difesa.
“Diversi indicatori economici però – afferma Cristiana Pagni, presidente di La Spezia Eps, azienda speciale della Camera di Commercio della Spezia, nonché presidente del consorzio Tecnomar – ci dicono che protagoniste dell’innovazione sono soprattutto le piccolissime imprese, che arrivano a investire in ricerca e sviluppo tra il 6 e il 10% del loro fatturato. Queste aziende sono obbligate a farlo, se vogliono essere competitive. Di contro più la realtà industriale cresce, minore è la propensione agli investimenti. Per affrontare il mercato globale è necessario che le aziende siano capaci di progettare e costruire prodotti tecnologicamente molto avanzati. Qualità e innovazione sono le parole chiave, ma hanno un senso solo se supportate da un asset fondamentale, unico e non copiabile: il capitale umano. Oggi, inoltre, la crescita è indispensabile in termini di alleanze, di strutture, di condivisione per ampliare le quote di mercato. Occorre presentarsi come un team coeso, capace di concretizzare un’opera dalla progettazione alla realizzazione. Purtroppo emerge spesso tra le aziende piccole e medie diffidenza, poca propensione all’aggregazione e questo frena la crescita di tutto il comparto”.
Le diffidenze si fanno più incisive quando bisogna affrontare una crisi, soprattutto di lunga durata. Come ricorda Assonave nei suoi rapporti economici, la navalmeccanica dal 2008 al 2012 ha visto il susseguirsi di anni molto difficili, sia per lo shipping, sia la per cantieristica mondiale.
Dal 2013 si sono registrati finalmente segnali positivi, confermati nel 2014, anno in cui c’è stata una vera ripresa dovuta soprattutto alle esportazioni (più 37,4% rispetto all’anno precedente). Le condizioni del business cantieristico, però, rimangono tuttora problematiche a causa delle forti pressioni sui prezzi delle nuove costruzioni e per le difficoltà di accesso al credito che colpiscono, specie in Europa, non solo gli armatori, ma anche i cantieri e l’intera filiera delle Pmi.
Analoghe considerazioni valgono per la componente militare. Il panorama delle spese per la Difesa ha visto l’arrivo sul mercato di nuovi grandi “spender”, grazie alla crescita delle economie globali di Cina, India, Brasile e Turchia. Inoltre vi è un’ampia fascia di paesi che hanno bisogno di coniugare l’esigenza di dotazioni militari e civili con la disponibilità di budget contenuti. Segnali importanti rimasti, però, nell’ombra, vista la significativa riduzione in tutta Europa di budget pubblici e l’accresciuta competizione nei mercati esteri.
Per affrontare una crisi industriale che travalica l’ambito settoriale sono state avviate in Europa importanti iniziative in tema di politica industriale, energetica e ambientale dalle quali si attende un impatto con il segno “più”. L’attuale fotografia, come comunica la Commissione europea, indica il Vecchio Continente – incluse la Norvegia e la Turchia – come leader mondiale nella produzione di tecnologia marittima per la cantieristica e per la nautica, con un valore della produzione complessivo di oltre 61,8 miliardi di euro (dato del 2014). Questi segmenti dell’industria marittima generano circa 500mila posti di lavoro,diretti e indiretti, in più di 29mila imprese.
L’industria europea della tecnologia marittima ha avuto e continua a subire una forte evoluzione, con un posizionamento sempre più mirato alle tecnologie specializzate e integrate. Il driver più importante è la Blue Growth e le politiche ambientali europee che puntano su sviluppo sostenibile, sicurezza e una maggiore autonomia in termini di energia (offshore, rinnovabili, ecc.).
“Occorre dare alle nostre aziende opportunità di crescita, in termini di aggregazione, internazionalizzazione e di business. – aggiunge Pagni – Allo stesso modo è necessario riaffermare il ruolo cruciale che l’Italia ha nel Mediterraneo non solo nel mantenere la sicurezza dei confini dell’Europa e nel salvaguardare gli scambi commerciali e gli investimenti economici, ma anche nell’essere leader nelle tecnologie del mare in Europa”. “Con l’edizione 2016 di “Seafuture & Maritime Technologies” – conclude – intendiamo offrire una grande opportunità al comparto: una “exhibition and business convention” in grado di attivare una piattaforma che avvicina i big player (grandi imprese, armatori navali, diporto e Marine militari estere) alla filiera delle pmi attraverso le parole chiave blue economy, new technologies, dual use, refitting, sustainability, coinvolgendo i centri di ricerca e le università”.