

STEFANO CUZZILLA
Le donne hanno pagato per la pandemia un prezzo altissimo, almeno sul terreno del lavoro. Abbiamo tutti a mente i dati sull’occupazione femminile registrati quest’anno: rispetto a dicembre 2019 ci sono 444mila lavoratori in meno, di cui 312mila sono donne. La pandemia ha confermato quindi il suo carattere di potente acceleratore di tutti i fattori economici e sociali, abbattendosi più significativamente dove il sistema era già debole. Ad esempio, sul divario Nord-Sud, che in termini di occupazione femminile già nel 2018 segnava un 32% di donne meridionali al lavoro contro il 60% delle donne impiegate al Nord.
Questo ritardo, poi, è particolarmente evidente nell’area della leadership femminile. Nel nostro Paese appena il 18% delle posizioni regolate da un contratto da dirigente sono occupate da donne e proprio nei ruoli manageriali emergono le maggiori differenze di genere rispetto alla retribuzione.
Nel suo discorso alle Camere, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha giustamente sottolineato questo problema, collegandolo al tema della competitività del Paese. E ha ribadito che non è certamente attraverso il ricorso a vincoli di legge come le cosiddette “quote rosa” che realizzeremo la parità. Potremmo riuscirci esclusivamente costruendo opportunità di lavoro e carriera che siano accessibili al di là delle differenze di genere e quindi investendo su welfare e sostegno alle famiglie.
Dalle analisi sugli effetti della legge Golfo-Mosca, che nasceva con l’obiettivo di garantire la presenza femminile nei consigli di amministrazione delle società quotate e delle controllate pubbliche, sappiamo che abbiamo realizzato un notevole incremento del numero di donne che siedono nei board. A ben vedere, però, solo una esigua minoranza di imprese ha loro affidato le posizioni apicali di amministratore delegato o di presidente del Cda oppure ruoli a elevata responsabilità̀ e remunerazione.
I risultati di un ampio studio sulle politiche di uguaglianza di genere sulla leadership femminile, realizzato a fine 2020 dall’Osservatorio mercato del lavoro e competenze manageriali di 4.Manager con il titolo “Donne al timone per la ripresa del Paese”, descrivono la situazione del gender gap con particolare attenzione ai livelli manageriali, anche alla luce di un confronto con l’Europa e dell’evoluzione registrata a seguito della pandemia, segnalando in modo chiaro che oggi sono a rischio le conquiste sulle asimmetrie lavorative di genere conseguite negli ultimi decenni.
Pertanto, nel mondo del lavoro è necessario un nuovo patto sociale tra uomo e donna in termini di reciproca valorizzazione. Servono strumenti normativi e strumenti culturali per non arretrare ulteriormente in questo campo. Molto può e deve fare la contrattazione collettiva. Nel rinnovo del Ccnl per i manager siglato da Federmanager e Confindustria nel 2019, ad esempio, abbiamo voluto introdurre un apposito articolo sulle pari opportunità con particolare attenzione all’equità retributiva tra uomini e donne manager.
È positivo, inoltre, che il tema dell’abbattimento del gender gap sia al centro della presidenza italiana del prossimo G20 con l’impegno a rendere pubblica, assieme alla Leaders declaration, una roadmap dedicata appositamente all’empowerment delle donne. Senza dimenticare, ovviamente, gli stanziamenti che arriveranno dal Next generation Eu per colmare il divario e dare una spinta decisiva di sviluppo al Paese.
Dobbiamo, insomma, affrontare la questione del gender gap e della leadership femminile con grande serietà e con la consapevolezza che non si tratta di un aspetto marginale ma di una priorità.
Abbiamo visto chiaramente che l’equilibrio di genere fa aumentare il fatturato delle aziende e fa crescere il Pil e che le imprese con governance mista, equamente distribuita tra uomini e donne, sono più competitive e reagiscono meglio nei contesti di crisi.
Se i dati che ho citato all’inizio meritano che sia lanciato un allarme serio e importante, dobbiamo anche avere il coraggio di dire che evitare la fuoriuscita dal mercato del lavoro delle donne è l’obiettivo minimo. Dobbiamo quindi occuparci dell’accesso delle donne alle posizioni di responsabilità, della possibilità che abbiamo pari chance degli uomini, basate su criteri di merito e di talento, per avanzare in carriera.
Solo se ragioniamo in questo modo, solo se voliamo più in alto rispetto alle considerazioni che ripetiamo l’8 marzo di ogni anno, potremo costruire prospettive di rilancio per il nostro Paese.
(in copertina, foto Alessandro Serranò / AGF)