Non è andato tutto bene. Dopo il lockdown e l’illusione che il Paese potesse tornare presto alla normalità, facciamo i conti con un presente ancora incerto. Da Codogno al vaccino è passato un anno: era il 20 febbraio quando Mattia Maestri, destinato a trasformarsi nel “paziente 1”, risultò positivo al Sars-CoV2. Quel giorno la Cina sembrava lontana migliaia di chilometri e Wuhan era sconosciuta ai più. Poi scoprimmo che il virus era in casa nostra.
Il resto è storia, densa di immagini che non dimenticheremo, come quella delle bare portate via dai mezzi militari a Bergamo, degli ospedali al collasso, delle serrande chiuse dei negozi e il silenzio surreale nelle strade, ma anche di storie sorprendenti di resilienza della nostra Italia: dall’inizio dell’epidemia nel Paese il Covid-19 ha falciato oltre 100mila vite, di cui 326 camici bianchi, un dato ricordato nella recente cerimonia per la prima Giornata Nazionale del personale sanitario.
Nello stesso evento le istituzioni hanno evidenziato i “grandi passi avanti fatti dalla scienza con il vaccino”. Ed è in passaggi come questo che il dolore lascia il posto all’orgoglio. Quello per l’impegno dell’industria del farmaco, per le centinaia di medici e infermieri che non si sono mai fermati, per le commesse del supermercato che anche nelle settimane più dure della pandemia hanno servito i clienti, con mascherine, guanti, disinfettando di continuo il bancone. L’orgoglio per i dipendenti delle nostre imprese, al lavoro mentre tutti erano a casa, a produrre i bene di prima necessità. L’orgoglio per chi ha prodotto le mascherine quando non ce ne erano abbastanza, convertendo le linee delle proprie aziende in tempi lampo, in ambienti nati per tutt’altro. L’orgoglio per i nostri bambini che hanno imparato a lavarsi le mani dieci volte al giorno, a restare distanti dagli amici, a non abbracciare i nonni, a restare otto ore fermi al banco delle elementari. I bambini che hanno capito al volo quello che per oggi, ancora oggi, è poco chiaro. Un lungo elenco che riempie di significato e valore i mesi pesantissimi che tutti, nessuno escluso, abbiamo alle spalle.
Il Capo dello Stato Sergio Mattarella nel messaggio inviato in occasione della celebrazione alla Federazione nazionale degli Ordini dei medici ha sottolineato che “il sistema sanitario nazionale si dimostra più che mai un patrimonio da preservare e su cui investire, a tutela dell’intera collettività”. Ci è apparso chiaro lo scorso marzo, quando il 9 del mese – con un passaggio di portata storica – il Governo ha annunciato il lockdown ed è arrivato anche lo stop ai funerali: i contagiati hanno iniziato a soffrire e andarsene da soli negli ospedali, senza un ultimo saluto se non quello dei sanitari. Mentre il virus galoppava, nelle giornate scandite dalla conferenza stampa della Protezione Civile delle 18.00, abbiamo guardato in faccia per la prima volta i nostri eroi, scoprendo che hanno tanti volti, spesso nascosti. Abbiamo dato peso specifico a persone, cose e abitudini che prima davamo per scontate. Ci siamo scoperti diversi, fragili, forti quando c’è stato bisogno. Siamo caduti e ci siamo rialzati, e anche oggi camminiamo cauti.
La ripresa non sarà una corsa ma un complesso, lungo percorso da fare insieme, sapendo che nel senso di responsabilità collettivo troveremo gli strumenti per ridare slancio al domani. Il nuovo presente durerà a lungo: necessita di pazienza, determinazione e capacità di adattamento. Per i cittadini, tutte le componenti del tessuto sociale, per gli attori del mondo economico.
Il Centro Studi Confindustria lo evidenzia senza mezzi termini: la pandemia ha chiuso male il 2020 per l’economia e zavorra il 2021. I servizi sono in rosso, scende l’occupazione, l’industria regge a fatica. In alcuni settori, come l’automotive, si affronta insieme shock sanitario e salto tecnologico. Il debito eccessivo delle imprese frena gli investimenti, l’export italiano vira al ribasso mentre gli scambi mondiali reggono. L’Eurozona è in recessione, nonostante i tassi favorevoli, le complessità legate alle Brexit si fanno sentire tutte, il dollaro è sempre più debole e il petrolio più caro.
In questo scenario, centinaia di imprenditori trainano la risalita: inventano nuovi percorsi di crescita, siglano inedite collaborazioni, studiano modalità 4.0 per motivare e tenere connessi i dipendenti in smart working, avviano nuovi filoni di attività in linea con i bisogni del momento. Chi fa i conti con la realtà amara e drammatica della chiusura cerca le energie per ricomporre i pezzi.
Per tutti, è il momento di allargare lo sguardo e, quando possibile, di essere generosi: nulla come la pandemia insegna quanto contino le alleanze, interne, esterne e trasversali. Da queste, e dal senso collettivo del “chi siamo”, ripartiamo.