Il settore dell’energia è stato uno dei primi a intraprendere il cammino della sostenibilità. Cosa significa questo concetto per la sua azienda?
La sostenibilità è, ed è sempre stata, il perno dell’attività di Ressolar. È la base stessa della nostra storia aziendale, iniziata 60 anni fa proprio nel settore dell’energia, quando anche all’interno di Confindustria questo settore non aveva ancora una sua specifica classificazione rispetto ai tradizionali settori imprenditoriali. Oggi le cose sono cambiate molto e la svolta green è diventata centrale nell’agenda politica ed economica mondiale. Noi, in particolare, lavoriamo su quello che definiamo “trinomio della sostenibilità”: fotovoltaico sul tetto, storage energetico durante il giorno e postazione di ricarica di veicoli elettrici durante la notte. Un modello capace di rispondere al fabbisogno energetico giornaliero senza sprechi, in ottica di ottimizzazione.
Domani sarà testimonial dell’ultima tappa del roadshow di Piccola Industria e Audi, che in sei incontri sul territorio ha messo a confronto un colosso globale dell’automotive con le Pmi italiane. Oggi si parla sempre più di mobilità sostenibile ed ecologica. Come si può intercettare questo mercato e puntare ad una crescita armonica?
Il primo modo è quello di portare la cultura della sostenibilità e dell’ambiente nella società e sul territorio in modo concreto: la maggior parte delle persone, oggi, è favorevole alla sostenibilità in linea di principio. Ma solo fino a quando non si chiede di fare uno sforzo vero, anche di tipo economico: allora tutto il discorso cade.
Per intercettare il mercato, quindi, serve prima di tutto una cultura diffusa sulle rinnovabili e sulla sostenibilità, sostenuta da un’attenta analisi per capire dove operare, e come, così da rendere lo sforzo economico necessario meno oneroso per l’utente finale. Infine, servono fiuto imprenditoriale, lungimiranza e un po’ di fortuna d’impresa, soprattutto in un settore così votato all’innovazione.
Parlare di Green New Deal significa parlare di innovazione. La svolta verde comporta necessariamente un cambio di paradigma che metta le tecnologie al servizio dell’ambiente. Quanto conta investire in ricerca e formazione del capitale umano?
A mio avviso è uno dei fattori più importanti per un mercato e per aziende che vogliono guardare realmente al futuro. Andando avanti sarà sempre più necessario mettere al centro tecnologie che guardino all’ambiente e alla società come a un sistema interconnesso, e questo non è possibile senza un continuo investimento in ricerca, formazione, innovazione. Ecco perché abbiamo voluto organizzare negli anni numerose attività formative, fornire infrastrutture di ricarica elettrica alla collettività e fondare, a Bergamo, uno spazio di co-working – la Wroom Academy – dedicato proprio alla formazione nel campo della green energy.
Creare un’impresa sostenibile significa sentirsi responsabili per la comunità, il territorio e le generazioni future. Che ruolo ha per voi la dimensione sociale dell’impresa?
Ha un ruolo di primaria importanza. Un’azienda che perde la connessione – umana, sociale, economica – con il suo territorio è un’azienda che rischia di perdere prima o poi anche le sfide della sostenibilità economica, rischiando di non sopravvivere. Legalità, ambiente, rapporti umani: tutti aspetti che fanno sì che l’impresa contribuisca non solo a creare lavoro, ma anche a portare cultura e consapevolezza, preparando il terreno per le future generazioni. Per noi, questo è l’obiettivo primario.
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