Il 16 novembre, esercitando il diritto di veto, Polonia e Ungheria hanno bloccato le decisioni sul Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 (il bilancio settennale dell’Ue) e sull’aumento del “tetto delle risorse proprie” (il massimale degli impegni finanziari sottoscritti dagli Stati membri), prerequisito per attuare “Next Generation EU”, lo strumento finanziario più importante del piano per la ripresa europea post pandemia. Su tali decisioni, infatti, è prevista l’unanimità dei 27 Stati membri.
Il veto non riguarda la sostanza delle due decisioni, ma è uno strumento di cui si sono avvalsi i governi di Budapest e Varsavia per contrastare l’entrata in vigore del meccanismo che condiziona l’esborso dei fondi Ue al rispetto dello stato di diritto. Un meccanismo su cui c’è già un testo di compromesso fra Parlamento europeo e Consiglio Ue, per il quale non è prevista l’unanimità e che sarà dunque, con ogni probabilità, approvato dai governi a maggioranza qualificata.
L’opinione diffusa nei corridoi delle istituzioni europee è che questo doppio veto sia un bluff. Ciò per due motivi: il primo è perché Polonia e Ungheria sono tra i principali “beneficiari netti” del bilancio europeo e perché la proposta su cui si sta negoziando (e che stanno bloccando) prevede un aumento dei finanziamenti loro destinati; il secondo è perché il meccanismo sullo stato di diritto sarà comunque approvato a maggioranza qualificata (diventando così obbligatorio) e il ritardo nell’approvazione del QFP farebbe scattare il cosiddetto esercizio provvisorio sui dodicesimi mensili del bilancio dell’anno precedente (che prevede l’esclusivo pagamento dei progetti ancora in corso e della cosiddetta spesa “obbligatoria”), determinando per Polonia e Ungheria una doppia sconfitta: minori fondi europei e per di più sottoposti alla condizionalità sullo stato di diritto.
La presidenza di turno tedesca del Consiglio Ue eserciterà ora pressioni soprattutto per separare la posizione della Polonia da quella dell’Ungheria, puntando su una apparente divisione del Gruppo Visegrad. Sembra infatti che Repubblica Ceca e Slovacchia premano per un accordo in tempi rapidi, che garantisca loro l’esborso dei finanziamenti europei di cui le rispettive economie hanno bisogno.
Il presidente del Consiglio Charles Michel, che sembra voler porgere una mano a Victor Orban, è bloccato da Angela Merkel, che non vuole riaprire le maglie dell’accordo raggiunto con fatica con il Parlamento europeo, chiamato a votare nelle prossime settimane la proposta di Quadro Finanziario Pluriennale.
La questione sarà affrontata il 17 novembre dai ministri degli Affari europei nel corso della videoconferenza del Consiglio Affari generali. È molto probabile che la discussione prosegua anche al più alto livello politico, durante la videoconferenza dei 27 Capi di Stato e di Governo del 19 novembre, dedicata originariamente alla situazione della seconda ondata della pandemia di Covid-19.
Se non si troverà una soluzione neanche in quella occasione, l’esercizio provvisorio di bilancio per il 2021 sarà più che probabile.