
Il 2025 è cominciato senza grandi entusiasmi economici ma anzi con molte paure: Trump ha deciso di imporre dazi commerciali a tutti, inclusa l’Europa, e i relativi dossier sono in costante aggiornamento; in Cina la crisi dei consumi provoca importanti ripercussioni nel nostro continente, dove la Germania, principale economia dei 27, a breve affronterà le elezioni politiche, il cui esito avrà sicure ricadute sulla legislatura appena iniziata della nuova Commissione europea.
In casa nostra preoccupa il rallentamento della produzione industriale certificato per il 2024 dall’Istat; al contempo non decolla Industria 5.0, una misura troppo complicata, come ha rilevato il presidente Orsini, sulla quale servono urgenti chiarimenti. I pochi mesi rimasti per portare a termine l’iter, infatti, scoraggiano gli imprenditori a investire.
In questo quadro generale spicca ancora una volta il sano pragmatismo della nostra associazione, che a novembre scorso ha presentato al governo un documento con 80 proposte di semplificazione a costo zero. Un documento che, partendo da cinque interventi prioritari su alcune aree – diritto penale d’impresa, fisco, salute e sicurezza dei lavoratori, ambiente e fisco –, suggerisce interventi che seguono tre direttrici: sono misure prive di oneri finanziari; sono immediatamente cantierabili; sono ispirate a una logica di proporzionalità a beneficio delle imprese di minori dimensioni e/o con più bassi livelli di rischio delle rispettive attività.
Un paio di esempi concreti. La normativa sugli investimenti 4.0 e 5.0 prevede l’obbligo per le aziende che si avvalgono del credito d’imposta di riportare nelle fatture e negli altri documenti relativi all’acquisto dei beni agevolati i riferimenti delle specifiche norme di interesse. Una procedura a nostro avviso inutile “considerato che la riconducibilità degli investimenti a uno specifico regime – si legge nella proposta di Confindustria – può essere agevolmente dimostrata a prescindere dall’esplicitazione delle relative disposizioni nella documentazione d’acquisto”.
Secondo esempio: in tema di fisco e ambiente è stato recepito il principio Ue di esclusione dei rifiuti prodotti dalle attività industriali dalla nozione di rifiuti urbani, esonerando quindi le superfici di lavorazione industriale dal pagamento della Tari. Purtroppo, alcuni Comuni continuano a richiederne il pagamento sulle aree industriali. È necessaria, quindi, una norma di interpretazione autentica che fissi in modo certo i parametri di non applicabilità.
Le proposte spaziano davvero in molti campi e hanno riguardato, per esempio, l’inserimento di studenti in azienda durante il periodo estivo, la revisione del periodo di prova nei contratti a tempo determinato, la riduzione dei termini per il rilascio del nulla osta ai lavoratori extra Ue e molto altro ancora. Ottanta proposte sono davvero tante. Adesso quello che sarebbe auspicabile è una capacità di ascolto – non formale, ma sostanziale – da parte del governo. Aspettiamo fiduciosi.
(Editoriale pubblicato sul numero di Febbraio 2025)