Non c’è solo la tradizione a guidare le scelte commerciali dei salumieri calabresi, ormai più che pronti a fare un passo deciso anche sulla strada dell’innovazione. L’idea è quella di portare la ‘nduja, ovviamente rivisitata e perciò senza l’uso di carne di maiale, sulle tavole di clienti musulmani nel tentativo di allargare ancor più il raggio d’influenza dei prodotti alimentari di Calabria nel mondo.
A provarci, a breve sarà il salumificio Geca di Nocera Terinese, in provincia di Catanzaro – 3,350 milioni di euro di fatturato nel 2021 e 16 dipendenti – tornato con feedback assolutamente promettenti da un evento di settore tenuto lo scorso anno a Dubai e adesso intenzionato a fare il passo decisivo per commercializzare questo tipo di ‘nduja in Medio Oriente. “Quella trasferta ci è servita per capire che il progetto di produrre ‘nduja di bovino poteva avere un grande futuro – spiega Giovanni Pontieri, amministratore unico del Salumificio Geca –. L’idea, presentata a Dubai, ha avuto subito riscontri estremamente positivi, anche perché ci siamo resi conto che il consumatore musulmano ha voglia di mangiare insaccati piccanti di manzo. Questo perché salumi buoni come siamo capaci di fare noi italiani, in giro per il mondo non ce ne sono. Pensiamo, insomma, di aver trovato una ricetta, che non è stata di facile realizzazione, vista la poca predisposizione della carne di bovino a trasformarsi in salumi, in grado di farci sbarcare in nuovi mercati: l’abbiamo brevettata e stiamo solo aspettando di avere il via libera legato all’ottenimento della certificazione Halal”.
Una scelta fatta anche in considerazione delle difficoltà vissute negli ultimi anni nel riuscire ad allargare la clientela in Calabria. “Il problema principale a cui siamo andati incontro è legato allo spopolamento della nostra regione, con tantissimi giovani, e non solo, costretti a lasciare la propria terra per andare a lavorare altrove. Quota di mercato persa che stiamo provando a recuperare, tra le nuove generazioni soprattutto in Gran Bretagna, ma anche in Canada ed in altre parti d’Europa, dove nel tempo si sono create piccole comunità composte da varie generazioni di calabresi”.
Questo mancato cambio generazionale interno, sommato alla forte richiesta che arriva da oltre confine, ha fatto sì che le quote parte del fatturato del Salumificio Geca subissero una sorta di rivoluzione. “In precedenza l’export era minimo, intorno al 5%, mentre adesso le percentuali sono cambiate – sottolinea Pontieri –. Nel 2021 abbiamo venduto il 25% dei prodotti in Calabria, il 30% in Canada e Nord Europa, con il restante 45% che è andato nel Nord Italia, specialmente in Liguria, Lombardia e Piemonte. Da maggio fino a novembre scorso il lavoro è stato molto sopra la media e non ci possiamo certo lamentare”.
Nonostante i numeri sicuramente positivi messi assieme dall’azienda di Nocera Terinese, l’anno in corso si annuncia comunque pieno di punti interrogativi. Molti dei quali riferibili all’impennata dei costi dell’energia, aspetto non trascurabile nel giornaliero di una Pmi come il Salumificio Geca. “Negli ultimi sei mesi, pur in modo graduale, la bolletta elettrica si è di fatto raddoppiata. Una voce che pesa sul bilancio di aziende del nostro tipo, impossibilitate ad aggiornare i prezzi in un periodo di bassi consumi. Anche il gas e le buste che utilizziamo per il sottovuoto ora costano molto di più”.
Un freno non da poco ai progetti di crescita di una Pmi che sta facendo di tutto per trovare nuove vie commerciali e rafforzare così il proprio fatturato. “Un’azienda vogliosa di andare avanti e proporsi al mercato nella maniera giusta non può ridursi gli utili, perché facendolo ad un certo punto si andrebbe fisiologicamente in difficoltà. Aspettiamo nella speranza succeda qualcosa in grado di cambiare le carte in tavola e riportare i costi sotto controllo. Nei prossimi mesi si vedrà, ma così non si può proprio pensare di andare avanti”.