Il Consiglio europeo che si è chiuso questa mattina ha portato diversi risultati rilevanti per le imprese. Tra tutti, quelli più importanti che avranno un impatto più diretto sono l’accordo sul piano di ripresa europeo, il celeberrimo NGEU, legato indissolubilmente al Quadro finanziario pluriennale (QFP), e le decisioni riguardanti la lotta al cambiamento climatico.
Rispetto al primo punto, cinque mesi dopo l’accordo della maratona negoziale di luglio e tre settimane dopo un braccio di ferro negoziale a causa dei veti di Ungheria e Polonia sul meccanismo che lega l’esborso dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto, i 27 leader europei hanno dato via libera al compromesso raggiunto tra Germania e Ungheria e Polonia per sbloccare il Quadro Finanziario Pluriennale (ovvero il bilancio pluriennale dell’Unione, ndr) per un totale di 1,8 trilioni di euro, e Next Generation EU (NGEU) da 750 miliardi di euro ad esso collegato.
La presidenza di turno tedesca dell’Unione, con la cancelliera Angela Merkel in prima linea, ha negoziato una proposta divisa in tre punti:
- interpretazione “restrittiva” della definizione di stato di diritto;
- un maggiore ruolo del Consiglio europeo prima dell’attivazione del meccanismo proposto dalla Commissione;
- l’impegno ad attivare il meccanismo dopo una pronuncia della Corte di Giustizia europea sulla sua legittimità, che ha finalmente permesso di superare i veti di Budapest e Varsavia. Una vittoria per i due paesi.
Dal momento in cui il regolamento è stato negoziato come parte integrante del nuovo ciclo di bilancio, si applicherà a partire dal 1° gennaio 2021 e le misure si applicheranno solo in relazione agli impegni di bilancio a partire dal nuovo QFP, incluso il Next Generation EU.
Sbloccato lo stallo negoziale, che ha tenuto con il fiato sul collo tutta l’Unione, i legislatori europei (Parlamento e Consiglio) dovranno ancora superare alcuni importanti passaggi prima che i fondi del Recovery Fund inizino ad arrivare almeno entro la seconda metà del 2021.
Entrambe le parti stanno ancora negoziando i dettagli dello strumento Recovery and Resilience Facility, il principale programma di Next Generation EU da 672 miliardi di euro. Si incontreranno di nuovo la prossima settimana per finalizzare un accordo, dopo aver dovuto annullare i colloqui di questa settimana a causa degli sforzi dedicati al superamento dei veti e della Brexit.
Inoltre, gli Stati membri dovranno ratificare nei prossimi mesi attraverso i rispettivi Parlamenti nazionali la decisione sulle risorse proprie (le tasse europee) e la nuova struttura del QFP necessari per prendere in prestito i fondi per la ripresa dai mercati.
Il negoziato sulla lotta al cambiamento climatico
Se su questo punto i capi di Stato e di governo hanno potuto raggiungere un accordo velocemente, proprio perché logorati da cinque mesi di negoziati e per il ruolo avuto nella fase finale dalla cancelliera tedesca, sul clima il dibattito in Consiglio è stato più teso: dopo ore di negoziato durante la notte, con i paesi dell’Est restii a cedere sull’innalzamento degli obiettivi di riduzione senza adeguate compensazioni, il Consiglio ha trovato un accordo questa mattina. È stato stabilito un target di riduzione del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, per permettere all’Unione il raggiungimento degli obiettivi climatici entro il 2050.
Gli obiettivi climatici saranno considerati a livello Ue e non a livello nazionale, quindi sotto forma aggregata. Da questa prospettiva, è in linea con le strategie più volte espresse da Confindustria nel raggiungimento degli obiettivi ambientali. Per il raggiungimento del target, il testo di compromesso rimette agli Stati membri decisioni riguardanti il proprio mix energetico e l’utilizzo delle tecnologie più appropriate, come il gas naturale, per sostituire i combustibili fossili ad alto impatto ambientale. Inoltre, saranno contate le emissioni assorbite dall’uso del suolo e dalle foreste, concedendo così qualche punto percentuale di vantaggio.
Può essere considerata positivamente l’idea di un ricorso a finanze di natura pubblica e privata per il sostegno alla transizione, soprattutto con riferimento al vincolo di spesa di almeno il 30% da destinare alle politiche climatiche.
L’Ue è inoltre esortata a promuovere lo sviluppo di standard comuni e globali per la finanza verde. Il Consiglio europeo invita la Commissione a presentare una proposta legislativa per l’Ue Green Bond Standard entro e non oltre giugno 2021.
Le Conclusioni, inoltre, richiamano alla necessità di effettuare adeguate valutazioni di impatto sulla capacità di tutti i settori economici di contribuire al raggiungimento dei target e alla necessità di garantire una stabilità dei prezzi del carbonio, considerando gli ultimi aumenti e variazioni. Infine, senz’altro un buon segnale è contenuto nell’esortazione affinché anche le altre grandi economie pongano obiettivi ambiziosi in linea con quelli europei.
Non possiamo parlare di questo vertice pre-natalizio senza evocare, infine, il terzo tema, per ora rimasto ancora senza risposta: la Brexit. Non è bastata la venuta a Bruxelles del premier inglese Boris Johnson per trovare un accordo definitivo, ma il dialogo non si è interrotto. C’è quindi la speranza – che il mondo delle imprese aspetta come si aspetta un bel regalo di Natale – che, dopo un anno difficile e per certi versi drammatico, le buone notizie non siano finite.
(Hanno collaborato Marco Ravazzolo e Maria Cristina Scarfia)