
L’Africa è immensa, giovane ed eterogenea. Anche se povertà, corruzione e infrastrutture carenti sono ancora all’ordine del giorno, soprattutto nelle zone rurali e nelle periferie delle città in continua espansione, l’Africa sta vivendo un profondo cambiamento. Il continente sta puntando sull’industrializzazione come volano principale per la crescita e lo sviluppo. Nella “Visione 2063: L’Africa che Vogliamo”, i capi di stato dell’Unione Africana disegnano il continente del futuro: sostenibile, industrializzato e inclusivo. L’Africa del Sud, economia principale del continente, ha adottato una strategia di sviluppo industriale che punta a creare lavoro e competenze in settori tradizionali come l’automobile, le miniere e l’agroalimentare e in nuovi settori legati all’economia digitale.
A fine 2017 si è inaugurato a Johannesburg il più grande campus del continente per appoggiare la creazione di startup innovative. Abdjan, la capitale economica della Costa d’Avorio si è radicalmente trasformata negli ultimi anni e pullula di caffè e ristoranti dove imprenditori e banchieri negoziano investimenti, con un governo che punta allo sviluppo e alla trasformazione produttiva del paese. L’Etiopia sta stupendo il mondo con la sua rapida trasformazione industriale. Tre fra le prime dieci città al mondo per investimenti esteri nel tessile sono proprio in Etiopia.
L’Africa è la nuova frontiera del business. Anche se la crescita vertiginosa sostenuta negli anni passati dal boom dei prezzi delle materie prime è rallentata, le economie africane crescono e continueranno a crescere. Un mercato da 1,2 miliardi di persone che, secondo le stime dell’Onu, raddoppierà nel 2050 non si può sottovalutare. Una popolazione, in crescita e giovane, che domanderà nuovi servizi, prodotti, e soprattutto nuove opportunità. Tutto ciò offre occasioni importanti non solo per le grandi imprese, già largamente presenti in Africa, ma anche per le piccole e medie imprese.
L’Italia non è la sola a guardare all’Africa. La Cina, primo investitore nel continente con circa 80 miliardi di dollari tra il 2016 e 2017, investe e sviluppa infrastrutture e ha messo in campo meccanismi di finanziamento agli investimenti produttivi con la Bank of China e la Banca Cinese per gli Investimenti.

ANNALISA PRIMI
La Francia sta investendo non solo nella costruzione di impianti produttivi, ma anche nello sviluppo locale. Gli stabilimenti di Tanger e Casablanca del gruppo Renault hanno prodotto più di 370mila veicoli nel 2017, più del 90% dei quali destinati alle esportazioni. Nel dicembre 2017 il gruppo ha firmato un accordo per lo sviluppo di un ecosistema produttivo che include formazione per lavoratori e manager e clausole innovative con obiettivi di 65% di contenuto locale da raggiungere entro il 2023. L’accordo trasforma così un investimento produttivo in un progetto di sviluppo della filiera industriale locale. La Germania ha preso una chiara posizione con il nuovo piano Marshall per l’Africa. Le nuove priorità per la cooperazione con e per l’Africa sono: più ruolo per lo sviluppo del settore privato, investimenti in energia, infrastrutture ed educazione. Il piano coniuga cooperazione allo sviluppo e possibilità di crescita per il tessuto produttivo europeo, e tedesco in particolare. E punta non solo ai grandi investimenti, ma anche all’economia digitale e alle startup come fonte di dinamismo.
L’Italia tra il 2016 e il 2017 è stato il secondo investitore in Africa dopo la Cina. All’inizio degli anni 2000 gli investimenti italiani ammontavano solo a meno del 1% degli investimenti esteri in Africa. Secondo stime dell’Iniziativa dell’Ocse sulle filiere industriali internazionali e la trasformazione produttiva con base dati di FDi markets, tra gennaio 2015 e dicembre 2017 l’Italia ha investito in Africa 22 miliardi di dollari (che rappresentano il 16% del totale degli investimenti nel continente nel periodo indicato), una cifra pari alla metà dell’investimento cinese. Investire in Africa per l’Italia, però, è ancora una partita per poche e grandi imprese.
Il boom degli investimenti Italiani in Africa è concentrato nel settore estrattivo (76%) e nelle energie rinnovabili (20.5%) e sono due le grandi imprese che gestiscono il gioco: Eni ed Enel. L’80% degli investimenti italiani in Africa è concentrato in due paesi: Egitto e Ghana. La Francia, che nell’ultimo periodo ha investito un terzo dell’Italia, possiede un portafoglio maggiormente diversificato: settore estrattivo (26%), automobile (15%), energie rinnovabili (12%), telecomunicazioni (8%). Metà degli investimenti francesi sono diretti in Marocco ed Angola; l’Africa del Sud e l’Egitto seguono con 7% cadauno.
Ma l’Africa non necessita solo di infrastrutture e grandi investimenti. Il continente offre opportunità nell’agroalimentare, nella meccanica, nel biomedico e servizi di salute, nel packaging industriale, nei servizi alle imprese. Aree in cui le imprese italiane hanno grandi chance perché sanno offrire soluzioni nuove, sanno innovare e sono portatrici di una visione d’impresa più vicina ai sogni del continente che vede nell’imprenditorialità un nuovo soggetto di sviluppo e non solo di competitività. L’Africa, infatti, sta guardando al sistema Italia con le sue filiere, le piccole e medie imprese, le cooperative e i consorzi come un modello di sviluppo industriale che può creare lavoro e ricchezza, e capace di proporre soluzioni che coniughino la competitività con la sostenibilità ambientale e sociale. Le opportunità per le piccole e medie imprese Italiane ci sono, e sono molte. Coglierle dipenderà non solo dallo spirito imprenditoriale e dalla volontà di scoprire mercati nuovi e a lungo ignorati, ma anche dalla capacità di attivare un sistema di politiche industriali e di cooperazione e sviluppo nuove, che operino in sinergia.
Politiche capaci di promuovere investimenti ed esportazioni (espandendo le assicurazioni alle esportazioni, facilitando accesso a finanziamenti e contatti in loco, offrendo servizi e finanziamenti alle imprese) e che, allo stesso tempo, promuovano legami culturali, investimenti in ricerca e sviluppo, innovazione e formazione. Su questo terreno imprenditori e istituzioni devono operare insieme, ognuno con le proprie prerogative ed assumendosi le proprie responsabilità per raggiungere obiettivi comuni. In tal senso l’accordo tra l’Emilia Romagna e la provincia del Gauteng in Africa del Sud rappresenta un esempio di una strategia efficace che coniuga investimenti imprenditoriali in servizi per l’agricoltura e filiere agroalimentari con progetti di ricerca in gestione delle risorse idriche per contrastare il cambio climatico, cooperazione in formazione e programmi di ricerca scientifica e congiunti tra le università locali.
Investire in Africa non è solo una scelta di business, è una scelta per innovare, per crescere e per promuovere lo sviluppo, in Italia e in Africa, insieme. E per questo ci vogliono gli imprenditori e le istituzioni, insieme.