Dopo più di due decenni di diffusione delle tecnologie digitali, adottate da molte imprese nell’organizzazione dei processi produttivi, nelle vendite e nelle forniture, e utilizzate da quote crescenti di consumatori per ampliare le possibilità di scelta e confronto tra i beni ed effettuare acquisti, molti mercati sono cambiati attraverso l’e-commerce. Secondo le stime dell’UNCTAD, il valore dell’e-commerce ha raggiunto i 26,6 trilioni di dollari a livello globale nel 2019, pari a circa il 30% del Pil mondiale nello stesso anno (Tabella 1).
TABELLA 1 – PESO DELL’E-COMMERCE NEL 2019 PER LE DIECI ECONOMIE PIÙ COINVOLTE
Anche il commercio internazionale è stato profondamente influenzato da queste trasformazioni, poiché anche gli scambi attraverso i confini nazionali hanno subito una maggiore digitalizzazione. Il commercio digitale implica transazioni transfrontaliere abilitate digitalmente, o richieste attraverso i canali digitali di beni e servizi che possono essere consegnati digitalmente o fisicamente. L’UNCTAD stima che 1,48 miliardi di persone, poco più di un quarto della popolazione mondiale di età superiore a 15 anni, abbiano effettuato acquisti online nel 2019. Nel 2020, si stima che a livello globale le vendite online abbiano raggiunto il 19% del totale delle vendite al dettaglio, mostrando anche a causa della pandemia una accelerazione del trend di crescita già in atto.
Sebbene la maggior parte degli acquirenti online acquisti principalmente da fornitori nazionali, l’interesse per gli acquisti da fornitori esteri ha continuato ad espandersi: 360 milioni di acquirenti online hanno effettuato acquisti transfrontalieri nel 2019, per un valore stimato di 440 miliardi di dollari (Tabella 2). La quota di acquirenti online transfrontalieri su tutti gli acquirenti online è aumentata dal 17% nel 2016 al 25% nel 2019.
TABELLA 2 – CROSS-BORDER E-COMMERCE BTOC NEL 2019 PER LE DIECI ECONOMIE PIÙ COINVOLTE
Anche in Italia l’e-commerce cross-border è cresciuto significativamente negli ultimi anni e le vendite online delle imprese, soprattutto nei settori dei beni di consumo tradizionalmente più forti per il made in Italy, hanno sostenuto le esportazioni italiane. Il peso dell’export digitale B2C (che arriva direttamente ai consumatori) su quello tradizionale è arrivato al 9% dell’export complessivo (online + offline) di beni di consumo. Il settore moda resta il settore più importante per l’export digitale, con un peso dei canali digitali rispetto all’export totale di settore pari al 16% circa. Tuttavia la quota complessiva di imprese italiane che effettua vendite online è ancora modesta. L’indice europeo sulla digitalizzazione (Digital economy and society index, DESI https://digital-strategy.ec.europa.eu/en/policies/desi) conferma che il nostro paese è ben al di sotto della media europea in questo campo.
Questa nuova ondata di globalizzazione digitale presenta alcune analogie, ma anche importanti differenze rispetto alla precedente fase di globalizzazione. La crescita così rapida degli scambi è dovuta a riduzioni significative dei costi nel commercio internazionale grazie alla trasformazione digitale. Ma il cambiamento non è solo quantitativo. Secondo molti studi, l’uso della tecnologia digitale sta cambiando sia come sia cosa i paesi commerciano e contribuisce a una crescente competitività. La nuova tecnologia consente sia un aumento degli scambi tradizionali grazie ai minori costi commerciali nella maggior parte dei settori, sia soprattutto l’aumento degli scambi forniti digitalmente tramite e-commerce, che coinvolgono beni e servizi, anche di tipo nuovo spesso forniti attraverso nuove tecnologie, come le piattaforme.
Questo nuovo tipo di scambio internazionale sta anche trasformando le caratteristiche di una quota crescente di flussi commerciali: aumentano i piccoli flussi, anche individuali (singoli pacchi ordinati digitalmente) che attraversano le frontiere, rendendo il commercio internazionale più accessibile a consumatori individuali e a piccole e medie imprese, ma con implicazioni organizzative non semplici per le Pmi coinvolte, per la logistica dei trasporti, le dogane e le autorità correlate. Inoltre, tutti gli scambi digitali implicano più flussi di dati transfrontalieri, che sono alla base di tutte le transazioni commerciali digitali, ma sollevano nuove questioni come la privacy, la sicurezza nazionale, la protezione della proprietà intellettuale, la sicurezza informatica, la politica industriale.
Sebbene la trasformazione digitale stia aprendo nuovi mercati e stia sostenendo una nuova ondata di globalizzazione, ha anche reso il commercio internazionale più complesso, richiedendo alle imprese di impiegare capacità organizzative specifiche e nuove. In questo contesto, se da un lato la riduzione dei costi e la maggiore facilità di accesso può aumentare concorrenza, dato che sul mercato digitale globale dell’e-commerce ogni impresa è potenzialmente in concorrenza con ogni altra impresa del suo settore, e i consumatori possono facilmente scegliere confrontando i prezzi offerti, dall’altro lato nei mercati digitali si è assistito ad un forte aumento della concentrazione del potere di mercato in alcuni passaggi cruciali di queste nuove “catene del valore” per via delle forti economie di scala e di scopo garantite dalle nuove tecnologie.
Nel mercato digitale globale, Stati Uniti e Cina hanno una posizione decisamente preminente in termini di volumi di traffico e di vendite cross-border. Oltre che alla dimensione del mercato interno dell’e-commerce per questi due paesi, questa posizione è legata alla predominanza delle società di e-commerce e piattaforme statunitensi e cinesi sul mercato mondiale, sia in termini di volumi di vendite, sia in termini di capitalizzazione. Dunque, benché ci siano grandi potenzialità offerte dalle nuove tecnologie per connettere imprese e consumatori in diverse parti del mondo, solo alcuni paesi e alcune grandi imprese al momento sembrano sfruttare consapevolmente queste opportunità. Non solo nei paesi emergenti, ma anche in una parte dei paesi avanzati, in particolare in Europa, le imprese non sembrano ancora pienamente attrezzate per questo cambio di tecnologia, soprattutto dal punto di vista organizzativo.
Il mercato digitale globale è ancora in via di trasformazione e definizione. Pur offrendo notevoli opportunità di crescita, per funzionare correttamente, come qualsiasi altro mercato necessita di regole di funzionamento condivise che ancora mancano. Se i negoziati in corso sia in sede Wto, sia in alcuni accordi bilaterali tra paesi porteranno in tempi rapidi a definire regole più chiare e ad un mercato più trasparente, i benefici dello scambio internazionale che hanno sempre favorito la crescita dei paesi possono essere ulteriormente estesi grazie a queste nuove tecnologie.
Sintesi dell’articolo pubblicato su RPE – Giugno 2022. Per scaricare il capitolo integrale cliccare qui
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Nota sull’autrice
Lucia Tajoli è professore ordinario di Politica economica presso il Dipartimento di Ingegneria gestionale del Politecnico di Milano, è membro del Comitato Scientifico dell’Osservatorio sul Export Digitale presso lo stesso Politecnico ed è Senior Associate Research Fellow presso l’ISPI di Milano.
Ha ottenuto il Dottorato di Ricerca in Scienze Economiche presso l’Università Bocconi nel 1994. Il suo lavoro di ricerca è focalizzato su temi di commercio internazionale e politiche commerciali. Su questi argomenti ha numerose pubblicazioni nazionali e internazionali.