È da un anno alla guida di Piccola Industria. Dopo aver ascoltato tutti i territori, le loro esigenze e le proposte, può fare un bilancio?
Mi piace pensare all’inizio della mia presidenza come ad una staffetta. Non sono partito da fermo, ho ricevuto il testimone di una Piccola Industria già in crescita da anni grazie al lavoro e alla dedizione dei presidenti che mi hanno preceduto come Vincenzo Boccia e Alberto Baban, gli ultimi in termini temporali. La prima sfida è stata, quindi, utilizzare la spinta che avevano impresso i miei predecessori, continuando a lavorare sulla capacità di proposta e di progetto. In questo mi hanno aiutato e continuano a farlo i componenti del Consiglio di Presidenza e del Consiglio Centrale.
Durante il mio road show sul territorio ho trovato forte partecipazione, grinta, voglia di non arrendersi e una contagiosa passione per l’impresa e per il Paese, fortunatamente immune al clima negativo e alla cultura anti-industriale che si stanno diffondendo negli ultimi mesi. Ho trovato imprenditori disposti a sacrificare il tempo per la propria azienda e i propri affetti mettendolo a servizio dell’associazione. Ho visto in loro la capacità di autocritica, ma anche la pretesa di capire, di poter incidere nelle scelte e nelle politiche di Confindustria. Ed è giusto sia così, perché l’essere associati non si esaurisce attraverso il pagamento della quota e la fruizione dei servizi messi a disposizione, ma significa soprattutto impegno e partecipazione. Proprio per questo la responsabilità che deriva dal mio ruolo è grande, perché rappresento una classe imprenditoriale formidabile e resiliente, coesa e dinamica.
Le misure per le imprese della manovra sembrano non tenere conto delle istanze del mondo produttivo. Qual è la posizione delle Pmi?
Siamo assolutamente insoddisfatti. Non è presente nessun vero aiuto alle piccole e medie imprese, anzi ci sono delle penalizzazioni. È venuta meno l’Ace, l’aiuto alla crescita economica, sostituita da un abbattimento dell’Ires molto complesso e poco chiaro nei suoi meccanismi. Inoltre, la tanto sbandierata flat tax è totalmente ininfluente per le Pmi perché è un’agevolazione rivolta esclusivamente ad alcune partite Iva e ai professionisti. Non dobbiamo dimenticarci, però, che non basta avere una partita Iva per essere definiti impresa.
Vedo poca attenzione a temi centrali come formazione e Industria 4.0, mentre gran parte delle risorse sono dedicate a reddito di cittadinanza e quota 100, che dal nostro punto di vista non creano occupazione. L’Italia è ferma da vent’anni sul tema della formazione e, invece di incidere su questo snodo cruciale, si è deciso di depotenziare l’alternanza scuola lavoro, una realtà ben avviata che stava dando frutti positivi.
Mi sembra chiaro che si tratta di una manovra che per stare in piedi ha bisogno di una crescita di almeno l’1,5%, ma che poi sulla crescita non investe e non punta. Quello che serve è supportare le imprese con un grande piano di sgravi fiscali e incentivi per assumere i giovani, sviluppando misure per dare competenze e formazione. Abbiamo la sensazione che non si dia attenzione all’interlocutore ‘impresa’ , evidentemente non ritenuto rilevante. Ne prendiamo atto. Auspichiamo per il futuro che ci possa essere più confronto e ascolto perché siamo la spina dorsale del sistema imprenditoriale, rappresentiamo le 160mila imprese che creano occupazione e Pil per il Paese e abbiamo punti di vista che potrebbero essere importanti per il Governo.
Cultura d’impresa, resilienza, formazione, internazionalizzazione. Questi sono i temi che stanno a cuore alle piccole e medie imprese: come li state portando avanti?
La cultura d’impresa rappresenta il vero cardine, il faro guida del mio mandato. Questo concetto racchiude in sé tutti gli altri. Il nostro impegno nella sua diffusione si declina, infatti, in molte accezioni, che spaziano su ogni aspetto della vita aziendale, mantenendo però un punto fermo: la persona, che deve rimanere al centro della crescita dell’impresa. In questa cornice, la formazione svolge un ruolo chiave e propedeutico, costituisce la condizione imprescindibile per lo sviluppo dell’individuo, come imprenditore o lavoratore. E per la formazione stiamo lavorando su vari fronti: con 4.Manager per lo sviluppo manageriale, con Sfc per la formazione di imprenditori con cariche associative, oltre all’attenzione che dedichiamo alla formazione 4.0 e agli strumenti per avvicinare scuola e mondo del lavoro. Infine, siamo convinti del profondo ruolo sociale dell’imprenditore ed è per questo che la resilienza è diventata per noi un tema identitario.
Abbiamo visto come, in caso di catastrofi naturali, l’impossibilità per le imprese di ripartire determina l’impoverimento del territorio dal punto di vista economico e demografico. In particolare con il Programma Gestione Emergenze – in collaborazione con la Protezione Civile – siamo impegnati in un’azione di formazione e informazione che mira alla prevenzione, oltre ad assicurare assistenza post emergenza come in occasione del sisma del 2016.
Per quanto riguarda l’internazionalizzazione siamo convinti che, anche attraverso le nuove tecnologie, le nostre Pmi possano trovare nell’apertura ai mercati internazionali un driver di crescita eccezionale. In particolare, il mercato chiede oggi qualità, flessibilità e customizzazione, caratteristiche connaturate alle nostre imprese. Per questo stiamo continuando l’attività di formazione con L’Imprenditore su Digital4Export, in collaborazione con l’Agenzia ICE e Intesa Sanpaolo, e abbiamo avviato una collaborazione con il MAECI per il sostegno dell’internazionalizzazione delle Pmi.
Quale sarà il filo conduttore e quali gli obiettivi dell’imminenente Forum di Bologna di Piccola Industria?
Siamo un eccezionale laboratorio per la crescita e uno dei motori principali dell’economia italiana. Uso il termine laboratorio perché mette insieme l’aspetto visionario, sperimentale, a volte ardito, che caratterizza i piccoli imprenditori, con la concretezza tipica delle Pmi. La cultura d’impresa è protagonista del primo incontro organizzato dalla mia elezione. Cultura d’impresa significa cambiare passo, cambiare pelle, contaminarsi con idee nuove e predisporsi al cambiamento, perché il cambiamento è la cifra dei nostri tempi e paradossalmente è l’unica certezza di cui disponiamo. Predisporsi al cambiamento significa porre le condizioni ideali per tutta l’innovazione: tecnologica, finanziaria, manageriale, organizzativa. Le Pmi hanno ben chiaro quanto è importante crescere, anche dimensionalmente e cambiare significa predisporsi a cogliere opportunità. Anticipare il cambiamento vuole dire governarlo, per migliorare e progredire continuamente. Per essere attori del cambiamento è importante trasmettere i nostri valori, non solo al mondo delle imprese, ma a tutta la collettività.
Al Forum si parlerà proprio di questo: attraverso interventi sull’innovazione, sulla managerialità come fattore di crescita e l’adozione di nuovi modelli di business. Ma si parlerà anche di resilienza e del ruolo delle imprese sul territorio, perché cultura di impresa significa anche responsabilità nei confronti della comunità. L’Italia è un paese fragile, come ben sappiamo, e per rispondere alla fragilità è necessario innanzitutto passare dalla cultura dell’emergenza a quella della prevenzione.
Stiamo lavorando assiduamente sul tema, interloquendo con le istituzioni ed elaborando proposte che mettano le imprese in condizione di pianificare la prevenzione, di organizzarsi e reagire in tempi rapidi per poter continuare a operare e essere riferimento per la comunità. In una parola, ad essere resilienti.