
Tocchiamo con mano l’ingresso di un insieme di tecnologie informatiche ed elettroniche che dotano le macchine di nuove funzioni; macchine che dialogano fra loro, si dice spesso, quasi a dipingere uno scenario apocalittico dal quale l’uomo è totalmente escluso. Invece non è affatto così perché ciò che si ottiene da queste nuove funzioni – ad esempio, dati sulla qualità del prodotto o sul processo di lavorazione – va interpretato e usato. Da chi, se non da persone capaci di “leggere” questa novità strutturale a cui il sistema produttivo sta andando incontro?
Ecco che allora parlare di capitale umano diventa fondamentale perché ciò che si richiede, non solo nell’industria ma in moltissimi altri settori, è la capacità di affrontare situazione complesse. Non c’è alcun titolo di studio che possa preparare un individuo a questo scenario in maniera definitiva; non c’è semplicemente perché la realtà cambia e la formazione è un processo continuo. Quella che va coltivata, dunque, è l’attitudine ad apprendere, una curiosità che non si trasforma in acritica accettazione del nuovo, ma è capace di mettere a frutto l’esperienza pregressa e di rigenerarla con il nuovo sapere.
A Forlì, seconda tappa del nostro ciclo di seminari “Orizzonte 2030”, abbiamo parlato proprio di questo, dell’importanza di mettere le persone al centro e investire seriamente sulla loro formazione come unica garanzia per affrontare il futuro con serenità. Se, infatti, da una parte si prevede che diversi lavori spariranno, dall’altra è lecito ipotizzare che nuove figure professionali saranno richieste. Figure che magari oggi facciamo fatica a immaginare, come poteva essere all’inizio degli anni Novanta tutto ciò che oggi gravita attorno al web marketing.
L’invito pertanto è mantenere una mente aperta e coltivare allo stesso tempo quelle qualità che vanno sotto il nome di soft skill, sapendo che non per forza queste si imparano a scuola, ma anche attraverso lo sport, la musica e ogni altra attività che migliora il nostro sapere stare insieme agli altri.
Di rigenerazione in questo numero parliamo anche sotto un altro profilo: quello della rigenerazione urbana, che diventa fonte di crescita economica e riscatto sociale. Il convegno “Le vie dello Sviluppo” (seconda tappa delle celebrazioni per il centenario dell’Unione Industriali Napoli) mette a fuoco, infatti, l’intreccio virtuoso tra la cura del territorio, a cui fa riferimento il ministro Delrio nell’intervista che ospitiamo, e il risveglio economico di un’area come Bagnoli grazie alla Città della Scienza. Un esempio che ci collega ai tanti modelli virtuosi di riqualificazione e recupero di aree industriali sparsi per l’Europa. Basti pensare alla Ruhr tedesca, che nel 2010 ha ottenuto il riconoscimento di capitale europea della cultura, oppure a Bilbao, nella regione basca della Spagna, con il suo Guggenheim Museum.
Una rigenerazione infine, o per meglio dire un rilancio, è quello che auspichiamo per il progetto Europa. La dichiarazione dei presidenti delle confindustrie europee con la quale apriamo questo numero sottolinea come l’Unione del futuro debba mantenere un’anima industriale, pre-condizione per lo sviluppo di una società libera, coesa e solidale. Da qui dobbiamo ripartire.