LE ELEZIONI SONO ALLE SPALLE, NON C’È PIÙ SPAZIO PER LE PROMESSE. LA
POLITICA SPIEGHI COME AFFRONTARE LE SFIDE CHE ATTENDONO L’ITALIA
di Marc Lazar, Professore di storia e sociologia politica Sciences Po e Presidente School of Government Luiss
La democrazia consente ai cittadini di scegliere la propria classe dirigente, ma non sempre offre l’opportunità di chiarire i problemi del paese e prospettare soluzioni realiste per risolverli.
Questo è ciò che sta accadendo adesso in Italia innanzitutto, a causa di una campagna elettorale di rara mediocrità contrassegnata da ricette miracolose sbandierate da taluni leader politici che echeggiavano come altrettante promesse, tanto convincenti per l’elettorato quanto assolutamente irrealizzabili; vedasi il reddito di cittadinanza e il taglio generalizzato delle tasse.
Poi sono stati affrontati anche altri temi, quali il comportamento in passato di alcuni onorevoli del Movimento 5 Stelle e il pedigree di taluni candidati oppure la questione dei migranti all’indomani della sparatoria di Macerata, con proposte al limite della caricatura che hanno solo scatenato le passioni invece di offrire argomentazioni equilibrate.
E ancora le divergenze e le rivalità all’interno della coalizione di centro-destra, il declino della popolarità di Matteo Renzi, i disaccordi tra le componenti di Liberi e Uguali. E adesso che gli italiani hanno espresso la loro volontà, i media e gli osservatori si domandano: che governo ci sarà? Del centro-destra, ma con il sostegno di chi? Del Movimento 5 stelle (M5S) ma con quali alleati? Della Lega e del M5S? Ci sarà un governo tecnico? Quale personalità sarebbe in grado di trovare una maggioranza parlamentare? E ancora, quale futuro attende il Partito Democratico e Forza Italia, i due grandi perdenti delle urne? Ci si avvia forse verso un nuovo assetto dei partiti politici, con la Lega da un lato e il M5S dall’altro, entrambi in posizione egemonica? Queste speculazioni sono assolutamente legittime in un momento di totale incertezza.
Come sono comprensibili, del resto, le polemiche, i colpi bassi, i regolamenti di conti tra responsabili politici o, al contrario, il rifiuto da parte degli stessi di rispondere a domande imbarazzanti e le loro manovre discrete. Anche questa è politica, soprattutto di fronte a una situazione che sembra inestricabile.
Ma la politica non può essere ridotta solo a questo. Spetta a coloro che fanno politica e al governo che verrà essere all’altezza delle vere sfide che l’Italia deve affrontare ed essere in grado di dire agli italiani come essi intendono affrontarle, perché le sfide sono innumerevoli.
La crescita è ripartita nel 2018, pur rimanendo la più debole rispetto agli altri paesi dell’Eurozona. Cosa fare affinché tale crescita crei posti di lavoro per i giovani e sia rispettosa dell’ambiente? Come continuare a ridurre il deficit e soprattutto il debito pubblico ancora troppo alto? Come lottare contro ogni forma di disuguaglianza, tra uomo e donna, tra generazioni, tra territori, e contro la povertà ancora largamente diffusa in tutta la penisola, in particolare nel Mezzogiorno, cosa che ha contrassegnato il comportamento elettorale dei meridionali? Come progredire verso l’integrazione degli immigrati regolari, ovvero più di cinque milioni di persone d’ora in avanti, evitando di assimilarli a clandestini e migranti, ma cercando delle soluzioni appropriate anche per questi ultimi? Come lottare contro il declino demografico fatale che ha reso l’Italia una gerontocrazia dove i giovani, giustamente, si sentono scoraggiati e persino esasperati? Come realizzare gli investimenti necessari, pubblici (a scapito di altre spese) e privati a favore della ricerca, dell’innovazione, dell’istruzione e delle università ricche di talenti, ma povere di mezzi per innovare e figurare nelle classifiche internazionali o
offrire sbocchi concreti ai migliori laureati che invece sono costretti a cercare un lavoro altrove? Come migliorare la produttività del lavoro e dare una spinta allo sviluppo della seconda potenza industriale dell’Unione europea che consente alla bilancia commerciale italiana di essere ampiamente positiva? Come perseguire l’obiettivo di modernizzazione della Pubblica amministrazione, semplificando la burocrazia e rendendo più efficienti le infrastrutture pubbliche? Come sradicare la criminalità organizzata, che tiene sotto scacco tutta una parte del Paese e spaventa gli investitori stranieri? E infine e soprattutto, come si colloca ormai l’Italia nei confronti dell’Europa? Non basta semplicemente, in campagna elettorale, dichiararsi a favore dell’Unione europea e dell’euro dopo averli criticati aspramente per anni o snocciolare dichiarazioni altisonanti a lode dell’Europa. Occorre al più presto, perché la questione è della massima urgenza, argomentare dettagliatamente, esplicitare le proprie proposte e dimostrarne le conseguenze concrete.
Adesso i fautori veri e sinceri dell’Europa, devono necessariamente rivolgersi a quel 50% di italiani che hanno votato per partiti che criticano l’Unione europea, sebbene gli
stessi abbiano ultimamente abbassato i toni. L’Europa non è più un dato di fatto per questi elettori; al contrario i sentimenti prevalenti nei suoi confronti sono il disincanto, il risentimento o addirittura un vero e proprio scetticismo per ragioni del tutto razionali legate, tra l’altro, alle conseguenze delle politiche di austerità, agli anni di recessione e
al sentimento assolutamente giustificato che l’Italia sia stata abbandonata dagli altri Stati membri di fronte al massiccio flusso di migranti.
In Italia è in atto una vera e propria battaglia culturale sull’Europa, ma non si può più ricorrere agli argomenti ormai logori degli anni Cinquanta del XX secolo. Occorre intraprendere uno sforzo pedagogico per convincere la gente che l’Europa è il solo orizzonte possibile, che forse essa ha la possibilità di rispondere alle molteplici sfide globali che scaturiscono per esempio dal disprezzo da parte dell’attuale amministrazione americana per ciascuno dei nostri “piccoli paesi europei”, dalla crescente importanza della Cina, dall’evoluzione del continente africano, dal terrorismo di matrice jihadista, dall’ascesa dei giganti di Internet.
O ancora occorre spiegare che la crescita riparte, che si può aprire una congiuntura favorevole, che è possibile correggere le incontestabili carenze e i difetti dell’Unione
europea e che gli ostacoli sono immani, ma non insormontabili soprattutto se l’Italia si dimostra ancora una volta creativa e innovatrice.
Su tutte queste tematiche, Confindustria ha presentato una serie di proposte concrete in occasione delle ultime Assise Generali di Verona. Certamente possono essere discusse, arricchite, addirittura criticate, ma hanno il merito di alimentare i dibattiti e la riflessione dei decisori politici.
C’è solo da augurarsi che questi ultimi le considerino importanti per l’avvenire dell’Italia e di tutta l’Europa.