

IMMA FORINO
Imma Forino è professore ordinario di Architettura degli Interni e Allestimento presso il Politecnico di Milano. Le sue ricerche sono incentrate sugli interni architettonici e l’arredamento. Le riflessioni critiche sono sviluppate con un approccio teorico multidisciplinare, che interpola contributi provenienti da diversi settori di studio, dall’arte alla letteratura, dalla sociologia al management, dal cinema al design. Recentemente si sta occupando di “interni di genere” e delle relazioni di potere, inclusione o segregazione
negli spazi domestici. Nel 2012 per il libro “Uffici: Interni arredi oggetti” le sono stati conferiti il Primo Premio Biella Letteratura e Industria per la Saggistica e il Premio Selezione ADI Index nella Sezione Ricerca Teorico, Storico, Critica e Progetti Editoriali.
Quale è la genesi e il percorso della sua ricerca e di questo libro?
Il libro nacque in risposta a un vuoto editoriale, in Italia, relativamente alla storia culturale, dalle sue origini a oggi, degli spazi e degli arredi per il lavoro terziario. Il lavoro di ricerca scaturisce in risposta a una personale inquietudine: verificare se nel corso della sua storia l’architettura degli interni abbia o meno orientato le relazioni di potere e/o controllo delle organizzazioni terziarie.
Quando nasce l’arredo specializzato per il lavoro?
Gli arredi per il lavoro sono presenti sin dalla fine del Medioevo, ma si specializzano realmente come tali negli Stati Uniti a partire dalle seconda metà dell’Ottocento. È qui che sorgono le prime industrie e i brevetti per i mobili da lavoro: sedie, scrivanie, archivi altamente specializzati, prima in legno, poi a partire dai primi del Novecento in metallo.
Quale è la ricerca, o l’interesse, in Italia su questo tema e su questa disciplina?
L’interesse per l’ufficio è vivacemente presente in Italia e molte sono le aziende che producono e aggiornano gli arredi per il lavoro. Biennalmente il Salone del Mobile (ora “iSaloni”) ospita a Milano il Salone Ufficio, fiera dedicata agli addetti del settore che, oltre a offrire una panoramica sui nuovi prodotti, organizza convegni e mostre. Costantemente alcuni organi di stampa specializzati, come il web magazine WOW! Ways of Working e la rivista Office Layout, monitorano e indagano il settore merceologico e i nuovi progetti di uffici, in Italia e all’estero. Non mancano inoltre volumi monografici dedicati alla storia e ai prodotti delle aziende italiane.
Quando al concetto di funzionalità si è abbinato quello di bellezza, i suggerimenti della psicologia, l’attenzione per il fattore umano?
Funzionalità e bellezza sono da sempre le premesse al lavoro di architetti, place planners e office designer, ma è dagli anni Cinquanta che negli uffici entrano i fautori delle human relations, disciplina atta a migliorare le relazioni sociali all’interno degli uffici. L’apporto psicologico diventa più significativo nei decenni successivi, quale attenzione allo human factor, nel momento in cui il benessere dei lavoratori è considerato un elemento primario a cui deve tendere la progettazione degli ambienti, anche per migliorare le loro prestazioni professionali.
Ci sono esempi in cui il designer è riuscito, e ha voluto, imporsi sulle posizioni della committenza?
Il progettista lavora per una committenza e risponde innanzitutto alle sue richieste: più che imporsi l’uno sull’altra, vi sono esempi virtuosi di collaborazione fra architetti e committenti. Vorrei almeno ricordare gli uffici Centraaal Beheer (Apeldoorn, 1968-72) di Herman Hertzberger e Uniflair (Conselve, 2004) di Mario Cucinella Archs.
UNA PAGINA D’AUTORE

Uffici: Interni arredi
oggetti
di Imma Forino
Einaudi
“Fino a pochi anni fa ci si chiedeva se avrebbe avuto ancora senso progettare il luogo dell’ufficio: un piano d’appoggio, una seduta e una connessione internet sarebbero certamente bastati. Nell’anno 2000 di un giorno d’aprile, l’affascinante Eric Packer non ne ha neppure bisogno. In una giornata lunga una vita − e ampia quanto un libro nelle intenzioni di Don DeLillo (Cosmopolis, 2001) −, attraversando in auto una turbolenta Manhattan, il giovane miliardario riceve nell’abitacolo lontani amici, la moglie, le persone con cui ha stretti rapporti di lavoro: concorrenti, consulenti, dipendenti.
Il tempo è contratto, dilatato, accelerato nell’interno del veicolo, assurto ad ambiente di lavoro (e alcova e palestra e altro ancora) e in cui, in ogni istante, l’uomo non smette di pensare e produrre. Nel lento sommovimento del caos cittadino, ossessionato dalle fluttuazioni dello yen su cui ha scommesso la propria fortuna, Packer dimostra che lavorare è un atto di prevaricazione e destrezza, un braccio di ferro fra la più celere possibile acquisizione di conoscenze e l’intuitivo rilancio”.
(tratto da Uffici: Interni arredi oggetti)