In Italia si fa pochissima formazione al lavoro e molta parte di questa è di scarsa efficacia. Considerando i dati sulla la formazione finanziata, la formazione è saltuaria: in modo continuo si forma circa l’8% della popolazione fra i 25 e i 64 anni (e la percentuale non cresce oramai da anni). Si tratta di formazione principalmente di breve durata, svolta al di fuori dei luoghi del lavoro (in ‘aula’) e non integrata con altri progetti al lavoro (formazione ‘standard’). E nella maggioranza dei casi non produce alcuna valutazione delle competenze acquisite. Eppure, i vantaggi di un sistema di formazione diffusa al lavoro sono ampi e ben documentati. E questi vantaggi sembrano essere ancora maggiori in un momento storico di enorme trasformazione del lavoro come quello che stiamo vivendo.
Storicamente la formazione al lavoro di massa si è sviluppata a partire da due risorse principali: le scuole di impresa e il sistema di istruzione tecnica superiore. Vediamole in sintesi.
Le scuole di impresa
Nell’insieme delle scuole di impresa si fanno rientrare tre componenti: le corporate school rivolte principalmente ai dipendenti dell’impresa; i programmi di training within industry (TWI) che coinvolgono insiemi di imprese ma hanno una rilevante componente di indirizzo e finanziamento pubblico; i supplier (dealer, vendor) development program messi a disposizione da una impresa focale ad altre imprese connesse alla propria catena del valore.
Le corporate school sono sistemi aziendali di formazione caratterizzati da risorse dedicate e professionalizzate (quali docenti, progettisti, amministrativi, etc.). Sono costruite con un approccio top-down a partire dagli obiettivi strategici di valore dell’impresa con una scelta intenzionale di approcci, metodi e strumenti.
I programmi training within industry (TWI) sono progettati e finanziati dall’attore pubblico e coinvolgono le imprese appartenenti a filiere strategiche per un Paese. Hanno origine tra il 1940 e il 1945 a opera dell’Agenzia del Lavoro del governo statunitense e più di recente, con l’introduzione del Jobs Act del presidente Biden, sono tornati al centro delle politiche del lavoro.
I supplier development program nascono nell’industria automotive giapponese (da cui anche la denominazione ‘modello à la Toyota’) e sono stati poi esportati in altri settori, in altre aree geografiche e in altre relazioni di filiera.
Le scuole di impresa si sono sviluppate principalmente in imprese grandi e managerializzate. In Italia la ridotta dimensione di impresa è strettamente connessa alla limitata diffusione di programmi strutturati di formazione. E, con pochissime eccezioni, il sistema industriale molto frammentato non ha favorito nemmeno lo sviluppo di programmi di formazione su filiere, né a partire dall’intervento pubblico né a partire dall’intervento di imprese private.
Il sistema di istruzione tecnica superiore
Ha come riferimento principale il modello tedesco delle Fachhochschulen e Fachschulen, scuole professionali specializzate nell’insegnamento di competenze tecniche e con un forte orientamento pratico. Nel modello tedesco la caratteristica centrale di questi percorsi è rappresentata dalla vicinanza alle imprese: le imprese sono negli organi costituenti e decisionali degli istituti; molti docenti provengono dalle imprese; i metodi di on the job training sono centrali e una parte rilevante delle competenze è appresa nei luoghi del lavoro o in luoghi, come i laboratori, che simulano i luoghi di lavoro.
Rispetto al sistema tedesco, il sistema italiano degli ITS Italiani evidenzia criticità rilevanti. Nonostante la legge costitutiva sia del 2008, ancora oggi il numero di studenti coinvolti in questi percorsi resta esiguo. Sono erogati solo percorsi lunghi (annuali e biennali) ed esclusivamente per un target giovane.
Una recente analisi del sistema ITS, commissionata da Anitec-Assinform e svolta dagli autori di questo articolo con riferimento all’ambito delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, evidenzia problematiche rilevanti[1]. Il network delle fondazioni ITS analizzate appare, infatti, poco denso e privo di molte delle imprese focali del settore ed è caratterizzato da elevata dispersione delle imprese partner e ancor più di quelle sedi di tirocinio. Prevalgono le imprese piccole e medie (sia fra i partner che fra le sedi di tirocinio) e, soprattutto, vi è una ridotta presenza delle imprese grandi dell’ambito.
Similmente, si registra una elevata dispersione anche degli attori formativi coinvolti, che sono solitamente di piccole e piccolissime dimensioni e con capacità di operare solo a livello locale. Nella figura seguente è rappresentata la rete che connette le imprese alle 11 Fondazioni ITS attive al 2019-2020 nell’ambito delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione[2].
Si evidenzia che solo due imprese sono partner di più di una fondazione (in colore rosso). Ci sono differenze sostanziali nel numero di imprese collegate a ciascun Istituto. La fondazione più connessa ha un grado di centralità di 44 (ovvero sono 44 le imprese partner di questa fondazione), ma molte altre hanno un grado di centralità minore di otto.
Inoltre, la maggioranza delle imprese partner delle fondazioni sono imprese medio-piccole e con una capacità di azione prevalentemente locale[3]. Se invece di considerare le imprese partner delle fondazioni si considerano le più numerose imprese sedi dei tirocini degli studenti, la situazione non cambia.
Conclusioni
Progettare e implementare un sistema di formazione diffusa al lavoro è indispensabile per generare valore per le persone, che possono accedere alle competenze per un lavoro di qualità; valore per le imprese, che disporranno di personale qualificato per migliorare i propri risultati; valore per il Paese, che crea le condizioni per una crescita sostenibile degli ambiti economici a maggiore impatto strategico.
In Italia la situazione è critica ed è urgente per mettere a sistema quanto esiste, facendo leva sui sistemi di formazione delle imprese più avanzate e rafforzandone la connessione con gli ITS.
[1] Cappetta R. e Del Conte M.,”La formazione delle competenze avanzate ICT: Linee guida per una Scuola diffusa”, Positioning paper, Anitec-Assinform, 2022.
[2] Si tratta di un ‘two-mode network’, una rete che descrive il legame tra due insiemi distinti di nodi – le Fondazioni, i quadrati, e le imprese partner, i cerchi. I nodi delle imprese partner di un ITS sono evidenziati con lo stesso colore utilizzato per il nodo della Fondazione. Con la forma del triangolo sono segnalate le imprese partner appartenenti alla associazione datoriale di settore (Anitec-Assinform).
[3] La dimensione dei nodi relativi alle imprese varia a seconda del numero di addetti dell’impresa stessa: il pallino più piccolo corrisponde alla fascia 1-9 addetti; poi, a crescere 10-49; 50-249; 250-499 e infine 500+.
Sintesi dell’articolo pubblicato su RPE – Giugno 2023. Per scaricare il capitolo integrale cliccare qui
Per acquistare il volume https://www.limprenditore.com/rivista-di-politica-economica
Nota sugli autori:
Rossella Cappetta, Associate Dean per gli Open Programs di SDA Bocconi e professore di Organizzazione del lavoro all’Università Bocconi. È stata direttore dell’area Organizzazione e risorse umane (2006-2012) e direttore della Divisione Master (2013-2016) della SDA Bocconi. I suoi interessi di ricerca si concentrano sui temi della trasformazione organizzativa delle imprese e della riqualificazione delle competenze del lavoro. I suoi lavori sono stati pubblicati in numerose riviste internazionali. Collabora come advisor con imprese private e istituzioni pubbliche.
Maurizio Del Conte, Professore ordinario di diritto del lavoro all’Università Bocconi. È stato visiting professor alla University of Richmond (Usa) e alla Kobe University (Giappone), è membro dell’International Advisory Board del Labor & Worklife Program presso la Harvard University Law School e ha tenuto conferenze e lezioni in numerose università internazionali.
Si occupa di regulation del mercato del lavoro e ha partecipato alla scrittura di riforme del lavoro italiano come il Jobs Act, lo statuto del lavoro autonomo e la legge sul lavoro agile. È stato consigliere giuridico del presidente del Consiglio tra il 2014 e il 2016, presidente di ANPAL – Agenzia nazionale delle Politiche attive del lavoro, amministratore unico di Italia Lavoro e Anpal Servizi. Nel 2017, durante la presidenza italiana, ha presieduto il tavolo del G7 delle agenzie nazionali per le Active Labour Market Policies.