FilmWork è una casa di produzione nata a Trento nel 1988, una microimpresa culturale composta dai due soci, i fratelli Luca e Carlo Dal Bosco, con un solo dipendente. La piccola dimensione non gli impedisce di sognare in grande: l’ultimo progetto realizzato, il percorso immersivo Spettacolo, è appena stato selezionato dall’ADI Index per il “Compasso d’oro”, sezione allestimenti, come ci racconta Luca in questa intervista.
Di che si tratta?
È un grande allestimento multimediale realizzato alle Gallerie di Piedicastello a Trento: due tunnel autostradali appaiati lunghi 300 metri riconvertiti nel 2008 a spazi espositivi, dedicati alla storia e alla memoria, con un progetto firmato FilmWork. Si tratta di un’operazione di riqualificazione urbana mirata a riconquistare alla città il borgo fondativo di Piedicastello. Il progetto ha avuto riscontri a livello nazionale e internazionale con la partecipazione alla Biennale Architettura di Venezia nel 2011, un convegno dal titolo “Next stop highline: Trento Tunnels” alla Columbia University di New York e un grande plastico acquisito nella permanente del Maxxi di Roma. Qui abbiamo creato un percorso multimediale interamente finanziato da Itas Mutua, che ci ha dato una grande possibilità di sperimentazione innovativa.
Ci racconta la storia di FilmWork?
Siamo nati nel 1988 come service per la televisione in trasmissioni di attualità come Mixer di Giovanni Minoli o Il rosso e il nero di Michele Santoro. Poi la virata verso l’arte ci ha portato a collaborare con Rai1 per il programma Grandi Mostre per il quale abbiamo realizzato decine di documentari su grandi mostre come Kandinskij e Bacon.
Da una decina di anni abbiamo intrapreso una migrazione verso il privato perché la quantità di risorse che il settore pubblico destina al nostro settore sono diminuite. A questo si sono aggiunte la burocrazia e la crescente difficoltà a partecipare alle gare di appalto. Mi spiego meglio: partecipare ad un bando per un’impresa ad alto coefficiente di creatività significa rivelare il progetto e l’idea. Ci è capitato di dover difendere il valore delle nostre idee quando queste venivano rese pubbliche dagli enti pubblici come testo del bando stesso.
Qual è il tratto distintivo della vostra casa di produzione cinematografica?
Abbiamo sempre lavorato su idee nostre, quindi sicuramente la creatività. Nell’ambito della comunicazione di impresa ed eventi live abbiamo preso in prestito le professionalità del mondo del cinema mutuandone sostanzialmente il modulo produttivo e applicandolo al settore eventi. In pratica per noi fare un evento d’impresa vuol dire fare un film ogni volta diverso, proprio perché “tailor made”. Gli eventi contengono elementi di regia e sono caratterizzati da una narrazione in grado di diventare memorabile, per far sì che i partecipanti vivano un’esperienza unica. Rivolgendoci alle aziende, per noi mettere al centro il cliente significa capirne l’essenza e poi sorprenderlo con soluzioni nuove, inaspettate e di grande impatto.
Quali figure creative cercate per i vostri lavori? A che azienda tipo vi rivolgete?
Tutti i profili sono in outsourcing. Nel corso dei 35 anni abbiamo coltivato relazioni professionali con alcune figure di riferimento con cui collaboriamo. Questo è il nostro humus, il capitale umano. Registi, direttori della fotografia, scenografi, grafici, architetti, light designer. Noi siamo i produttori e svolgiamo il ruolo di project manager.
Il nostro target è la media e grande azienda, che ha la volontà e la struttura per affrontare anche economicamente i progetti creativi che proponiamo. E che cerchiamo di raggiungere pur vivendo una condizione geografica periferica che ci tiene un po’ fuori dall’occhio del ciclone delle grandi aziende.
Cosa proponete ad una azienda che abbia la capacità e la voglia di raccontarsi in modo diverso?
Puntiamo molto su “Archive”: è un progetto originale che applica la metodologia delle fonti orali ai racconti di impresa. Nelle aziende realizziamo delle campagne di interviste per costituire degli archivi digitali di testimonianze di vita d’impresa ma soprattutto delle persone. Con il Comune di Valdagno, ad esempio, dove opera Marzotto, abbiamo raccontato l’epopea del tessile che ha segnato questo luogo. Sulla base di questa sperimentazione abbiamo veicolato il progetto ad altre imprese perché è una iniziativa che genera una grande fidelizzazione, un intreccio culturale tra impresa e territori che restituisce una percezione unica e sorprendente del lavoro e dell’impresa che altrimenti non verrebbe alla luce.
L’intrattenimento artistico e museale ha subìto un arresto durante la pandemia. Che conseguenze avete fronteggiato? Ora come sta andando?
Negli anni del Covid il settore è stato letteralmente falcidiato. Abbiamo assistito ad una morìa di società creative e culturali. Il nostro fatturato è stato enormemente fluttuante. Abbiamo sofferto molto. Per noi anche un solo progetto può fare la differenza. Durante il Covid ci siamo fermati totalmente.
La notizia positiva è che invece l’anno 2021 è stato un anno dei record anche perché abbiamo recuperato molti eventi che erano stati annullati l’anno precedente. Il 2022 non è stato un anno particolarmente felice, abbiamo avuto una netta ripresa solo da settembre. In ogni caso non abbiamo ancora recuperato i livelli pre-Covid.
(nella foto in alto, da sinistra: Luca Dal Bosco, presidente,
Tania Melchiori, produttrice esecutivo e Carlo Dal Bosco, amministratore delegato)