Con il lavoro che abbiamo svolto, pubblicato in un agevole pamphlet, abbiamo concentrato l’attenzione sugli aspetti positivi del nostro sistema produttivo e indagato i piccoli movimenti imprenditoriali che testimoniano un mondo vitale e pieno di speranze.
Abbiamo cioè focalizzato l’attenzione sulle potenzialità e sulle energie dell’Umbria che intraprende, e che non si arrende, nonostante le difficoltà; sulla foresta che cresce, per dirla con le parole del pensatore cinese. Una foresta che non fa rumore, ma che esiste e merita l’attenzione degli osservatori e soprattutto delle istituzioni.
Lo spirito che ci ha mosso è stato quindi totalmente positivo e riflette l’entusiasmo dei tanti neoimprenditori talentuosi, giovani e meno giovani, che abbiamo avuto la fortuna di incontrare e di conoscere.
Si tratta sia di ragazze e ragazzi molto preparati, che hanno scelto la via imprenditoriale non in chiave residuale, ma convinti di avere in mano le carte per potercela fare, che di persone non più in erba, che inseguono comunque il sogno imprenditoriale.
Viaggiare tra i piccoli laboratori, tra i capannoni, tra i sottoscala e i garage è stato un motivo di grande crescita umana e professionale. Personalmente ho avuto la possibilità di incontrare tanti colleghi con gli occhi pieni di speranza e ritengo che sia nostro dovere, in veste di dirigenti di Confindustria, fare quanto è nelle nostre possibilità per non deludere le loro attese. Abbiamo fatto un lavoro certosino e abbiamo scovato una cinquantina di nuove imprese che hanno oggettivi elementi di pregio, che vanno dal prodotto alla tecnologia, dalla leadership ai clienti.
Sono aziende che operano nei settori più disparati e che sono distribuite nell’intero territorio regionale. Alcune operano nei settori ad alta tecnologia, altre in quelli tradizionali. In certi casi sono espressione di saperi accademici, in altri di abilità acquisite con la dedizione e la passione. Sono deboli, perché giovani e spesso inesperte; sono nascoste; sono però già in possesso, anche se in nuce, di tutte le potenzialità che le possono fare diventare grandi, se le condizioni di contesto lo permetteranno. Sono i “germogli di eccellenza”.
I cinquanta germogli sono cuori pulsanti di un’Umbria un po’ affaticata e sprigionano un’energia contagiosa, che deve estendersi il più possibile all’interno della nostra comunità.
C’è quindi un’Umbria nascosta, poco indagata e conosciuta, che abbiamo cercato di portare alla ribalta e che va sostenuta in tutti i modi possibili.
Siamo del resto certi che quanto accade nella nostra regione trovi riscontro in tante altre realtà simili, che vivono situazioni analoghe alle nostre. E il Comitato Piccola Industria di Confindustria nazionale potrebbe replicare quanto fatto da noi, per far emergere il fuoco che in Italia cova sotto la cenere, di cui né l’opinione pubblica, né gli interlocutori istituzionali sono spesso consapevoli.
Con il lavoro e la connessa pubblicazione sui germogli abbiamo perciò cercato di illuminare un mondo che sta in ombra e di farlo conoscere, apprezzare e aiutare perché rappresenta uno dei volti migliori della nostra regione.
Una regione, ahimè, colpita duramente dal terremoto, che ha ancora più bisogno, oggi più di ieri, di sostenere le energie positive che si dispiegano al suo interno. Sono orgogliosa che sia stato il nostro Comitato Piccola Industria a condurre questa ricerca, che non ha precedenti in Italia e che ha già incontrato vastissimo apprezzamento.
Ora la questione centrale è non lasciare sole le nuove imprese ed aiutarle con adeguati strumenti della politica industriale a crescere e irrobustirsi. Questa è la parte più concreta e difficile del lavoro perché i suoi risultati non dipendono solo da Confindustria, ma dalle scelte delle istituzioni. Abbiamo avviato un percorso in tal senso, ma sentiamo la necessità di accelerare i tempi e di dare riscontri percepibili ai germogli. È inevitabile che tra qualche anno ci sarà chi avrà avuto successo e chi avrà dovuto lasciare il campo. Quello che conta è aver fatto il massimo per non far seccare queste giovani piantine.
Scriveva Thomas Carlyle che “quando si abbatte una quercia, la sua caduta echeggia in tutta la foresta, ma cento ghiande possono essere seminate in silenzio da un venticello che nessuno nota”.
Il lavoro che abbiamo fatto vuole rinforzare questo venticello e creare le condizioni perché sempre più persone si accorgano delle pianticelle che crescono e se ne prendano cura per non lasciarle morire in un ambiente disattento alle loro necessità.
Anche in questo modo crediamo che Confindustria e il suo Comitato dedicato agli interessi della piccola impresa possano svolgere un ruolo che risponde a un interesse generale e possano rafforzare la funzione di leadership economica che è nostro dovere interpretare in chiave moderna.
(A seguire, tre delle 50 storie di nuove imprese raccolte nel volume).
“PEPITE D’ORO” DALLE OLIVE
I polifenoli sono sostanze con proprietà curative. La Poli4Life di Terni ha messo a punto la tecnologia per estrarli dai residui della molitura.
Pochi sanno che nelle acque di vegetazione, residuo della molitura delle olive, ci sono veri e propri frammenti d’oro, i polifenoli. Il problema è che queste “pepite” sono nascoste e non è facile né individuarle, né tirarle fuori.
La Poli4life, costituita a Terni nel 2015, ha messo a punto con la collaborazione del Cnr un metodo innovativo per estrarle dall’acqua, raggiungendo un’efficienza e una concentrazione enormemente superiori a metodologie alternative. La tecnologia innovativa, spiega Giovanni Scanziani, fondatore dell’azienda, “consente di produrre un concentrato privo di additivi chimici e di variare la concentrazione di polifenoli e di idrossitirosolo in funzione delle esigenze del cliente”.
I polifenoli sono molecole naturali in grado di neutralizzare i radicali liberi e svolgono un’attività antinfiammatoria ed antiossidante. Recenti studi condotti su soggetti affetti da forme infiammatorie hanno evidenziato l’effetto lenitivo e curativo dei composti polifenolici e, in particolare, di quelli dei reflui oleari.
Considerato che l’attuale valore di un grammo di polifenolo si aggira sugli 8mila euro, si può immaginare quanto rilevante sia il mercato potenziale, di cui però è difficile fare stime precise data la grande novità del prodotto.
Poli4lilfe intende usare la capacità antiossidante dei polifenoli nel settore alimentare – food e feed – e in quelli cosmetico e farmaceutico, fornendo le molecole in forma liquida (Poli4Liquid) e solida (Poli4dry). “Grazie a un contributo regionale – continua l’imprenditore – l’azienda ha potuto mettere in piedi la strumentazione per il processo di estrazione e di produzione, quasi dimezzando l’impegno finanziario dei soci, che comunque supera i 350mila euro”.
Le prospettive sono interessantissime e i due dipendenti attualmente impegnati a tempo pieno nell’avvio dell’impresa potrebbero presto avere altri colleghi.
I responsabili di Poli4life pensano che recuperare quanto la natura offre sia il modo migliore di vivere in armonia. Per questo la loro azienda è “orientata ad un futuro verde e sostenibile basato sull’equilibrio tra la modernità ed il ritorno alla natura”. Raccogliere dall’ambiente le materie prime ad alto impatto biochimico, anziché sintetizzarle in laboratorio, è la filosofia della startup che, in quanto capace di rendere disponibili a basso costo i polifenoli dell’oliva, potrà diffondere nel mercato un prodotto che “rivoluzionerà il modo di vivere”.
SUPERFOOD E CIBI “FUNZIONALI”, IL MEGLIO DELLA NATURA A TAVOLA
Nata a un passo da Assisi, Prana Food è l’unica azienda italiana a lavorare le materie prime senza cottura. Il prodotto di punta? Le barrette al cioccolato.
Prana Food nasce nell’estate del 2013 a Morano Madonnuccia, un piccolo borgo situato tra le montagne vicino ad Assisi. I soci sono uniti dalla passione per il cibo sano, crudo, vegano e socialmente sostenibile. La conoscenza delle materie prime e dei mercati, frutto delle precedenti esperienze lavorative, è l’elemento di forza dell’azienda, collocata in una nicchia di mercato promettente: quella dei Superfood e dei “funzionali”, cioè gli alimenti che possono apportare benefici alle funzioni metaboliche e coadiuvare la prevenzione del rischio di patologie.
Michele Rizzi, ceo dell’azienda, ragioniere commercialista, nonché amante della cucina e appassionato del cioccolato, ci dice che “la filosofia di Prana si basa sulla valorizzazione del cibo e dei suoi elementi: proteine, minerali, vitamine che si formano naturalmente nella pianta e che la coltivazione biologica tutela”.
Nell’azienda le materie prime vengono infatti lavorate senza cottura, mantenendo integri i principi attivi e gli enzimi e utilizzando, quale unico sistema di conservazione, l’essicazione, procedimento che previene il rischio dell’innalzamento delle cariche batteriche e scongiura la proliferazione delle muffe. Ed anche in quei pochi casi, sempre segnalati, in cui l’azienda utilizza prodotti che per poter essere consumati devono subire trattamenti al di sopra dei 45°, si adoperano tutti gli accorgimenti per “non togliere pregio al prodotto che è comunque al 99% raw”.
Un’altra risposta alla filosofia di “cibo puro”, ma anche garanzia di salubrità dei suoi prodotti, è il sistema di purificazione attraverso ozonizzazione dell’aria degli ambienti di lavoro.
Questo passaggio caratterizza fortemente l’azienda, il cui nome – non a caso – deriva dalla parola sanscrita “prana”, che vuol dire energia vitale perché, come sottolinea Rizzi, “questa è la prima azienda italiana a produrre cibi crudi, prerogativa che oggi appare quasi impossibile per le lavorazioni industriali, a causa anche della difficoltà di rispettare nel tempo i parametri igienico-sanitari”.
La produzione si concentra su barrette energetiche, farine proteiche e sul nuovo prodotto di punta: le tavolette di cioccolato, prodotte con fave di cacao non tostate per conservare gli antiossidanti, gli aromi e i sapori originali. Prana Food, con i suoi due addetti fissi e con un fatturato intorno ai 200mila euro, sta cercando di entrare nei mercati stranieri, dove conta di esportare la sua filosofia insieme ai suoi prodotti.
STARTUP PERUGINA CON UN TOCCO A STELLE E STRISCE
A Gualdo Tadino nasce Vendini, partner di un’azienda americana specializzata nella vendita di biglietti per eventi tramite dispositivi mobili.
Come realizzare il sogno di un giovane ingegnere, volato in America dopo la laurea, di creare una piccola Silicon Valley a Gualdo Tadino?
“ll percorso è stato lungo e le prove da superare tante, ma alla fine ce l’abbiamo fatta”, racconta Marco Matarazzi, che col socio Andrea Sprega ha fondato nel 2012 la Vendini, azienda che sviluppa applicazioni per vendere biglietti per teatro, cinema e altri eventi attraverso i dispositivi mobili.
La startup oggi occupa 15 ingegneri, conserva una autonomia societaria rispetto alla casa madre e ha fatto della selezione dei più brillanti ingegneri il punto di forza che ha convinto la Vendini America a puntare su di loro.
Prima, infatti, Marco ha dimostrato le sue qualità tecniche e professionali e poi ha convinto gli americani che in Italia era possibile trovare le “menti” adatte a sviluppare il software di un settore che ha mille articolazioni e tante possibilità per il suo sviluppo.
“Per trovare i migliori giovani ingegneri che avessero come condizione essenziale la conoscenza della lingua inglese e una particolare predisposizione per l’informatica – spiega Matarazzi – la politica dell’azienda si è tutta incentrata nel mettere a disposizione dei propri dipendenti un clima ideale per dare il meglio di sé”. Gli stipendi sono, infatti, del 30% superiori alla media, le scelte strategiche sono condivise e il clima aziendale è improntato alla informalità e collaborazione. Prova ne sia che a disposizione del personale ci sono mensa, palestra ed area relax e che l’orario di lavoro è flessibile dalle 10 alle 19. Unica cosa inaggirabile, l’appuntamento delle 16.00. A quell’ora tutti davanti a Skype per parlare con la sede americana dei progetti a cui si sta lavorando e per discutere di quelli futuri.
“Grande attenzione viene rivolta all’aggiornamento professionale”, aggiunge e su quest’aspetto l’azienda punta molto. Il rapporto stretto con il partner americano ha consentito alla Vendini di Gualdo Tadino di non incorrere nei problemi tipici di una startup; di conseguenza la crescita è stata veloce e gli equilibri finanziari rispettati.
Le potenzialità di ulteriore sviluppo sono enormi perché le professionalità di cui dispone l’azienda sono di altissimo livello e ampi spazi di sviluppo possono essere occupati accedendo a nuovi settori che sembrano essere di grande interesse.
Il successo della Vendini è emblematico in un territorio fortemente colpito dalla crisi del settore della ceramica e dimostra che è possibile percorrere nuove strade di sviluppo, fondate sulla competenza professionale e sull’innovazione tecnologica.