La fotografia scattata dal Check-Up Mezzogiorno, curato da Confindustria e Srm (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) e pubblicato a fine dicembre mostra, per la prima volta dall’inizio della crisi, valori positivi per tutti gli indicatori che compongono l’Indice sintetico del Mezzogiorno (Pil, export, occupazione, imprese e investimenti). Secondo le stime la crescita del prodotto registrata nel 2015 (+1,1% contro lo 0,6% del Centro-Nord) dovrebbe proseguire nel 2016, sia pure più lentamente (+0,5%), e anche le previsioni per il 2017 (+0,7%) confermano questa moderata espansione.
Il parziale risveglio dell’economia meridionale è confermato dal miglioramento della produttività dell’impresa manifatturiera: il valore aggiunto per occupato registra, infatti, nel 2015 un aumento del 3,5% contro un +2,2% al Centro-Nord.
Allo stesso modo, continua a crescere nel terzo trimestre del 2016 il numero delle imprese attive, confermando, come già nel 2015, un saldo positivo al Sud (+0,5%, circa 9mila imprese in più). Aumentano, in particolare, le società di capitali (circa 16mila in più, tra 2015 e 2016).
Per la prima volta dall’inizio della crisi cresce, sebbene su numeri contenuti, il fatturato delle imprese a partecipazione estera (+6% nel 2015 rispetto all’anno precedente), a conferma del potenziale di attrattività dei territori meridionali.
Ulteriori segnali di risveglio per il manifatturiero nel Mezzogiorno sono confermati dall’andamento dell’export (29,7 miliardi di euro nei primi nove mesi del 2016), che ha registrato un notevole aumento (+9,6%) tra il terzo trimestre 2016 e lo stesso trimestre dell’anno precedente, sebbene al netto dei prodotti petroliferi raffinati.
Se si depura il dato della manifattura dall’effetto del perdurante calo degli idrocarburi, sono numerosi i comparti che vedono migliorare la propria performance sui mercati internazionali: dall’automotive all’agroalimentare, dalle apparecchiature alla farmaceutica.
Effetti positivi, ma ancora troppo timidi, provengono dall’occupazione. Rispetto al terzo trimestre dell’anno precedente, infatti, poco meno di metà dei nuovi posti di lavoro creati si riferisce al Mezzogiorno (111mila): viene così superata la soglia “psicologica” dei 6 milioni di occupati, ma il tasso di occupazione al Sud resta pari al 44%.
Anche dal punto di vista dell’accesso al credito si registra un miglioramento: salgono gli impieghi (+0,7%), soprattutto verso le famiglie, mentre variano in maniera non uniforme per territorio gli impieghi verso le imprese, anche per effetto dell’andamento delle sofferenze, che hanno superato i 40 miliardi di euro.
Buone notizie vengono anche dal settore turistico, dove si registra un’ulteriore crescita dei turisti stranieri e della loro spesa (250 milioni in più), e da quello dei trasporti, dove l’incremento stesso del traffico nei porti (150mila crocieristi in più nel solo porto di Napoli) e negli aeroporti (+3,4%) meridionali conferma l’attrattività crescente di tali territori.
In linea con la moderata ripartenza del Mezzogiorno si collocano i risultati della regione Campania. Anche in questo caso, i principali segnali di vivacità vengono dalle imprese. Aumentano, infatti, le imprese attive (+1,1%) e le società di capitali (+6,5%), in misura superiore a quella della media del Mezzogiorno.
Cresce anche, in modo rilevante, il numero di startup innovative (+48% tra il secondo trimestre 2015 e il terzo trimestre 2016) presenti nella regione.
La Campania consegue anche la maggiore crescita del numero di occupati (+62mila tra il terzo trimestre 2015 e il corrispondente trimestre del 2016), un dato che corrisponde a oltre il 60% del totale dell’aumento dell’occupazione dell’intero Mezzogiorno. Inoltre, in Campania, nello stesso periodo si riduce il tasso di disoccupazione giovanile (-3,7%).
Sul fronte del credito – nel primo semestre del 2016 – migliora l’erogazione di prestiti a famiglie e imprese, con un corrispondente miglioramento della qualità dell’offerta del credito stesso.
Seppure i dati sull’export campano non siano tra i migliori del Mezzogiorno, sono comunque positivi: +1,4% tra il terzo trimestre del 2015 e il corrispondente trimestre del 2016. Un ulteriore segnale di crescita si registra nel turismo: in Campania – tra il 2014 e il 2015 – sono aumentati del 13,5% gli arrivi di turisti e, nel 2015, la Campania è stata la regione del Mezzogiorno che ha accolto il numero maggiore di turisti stranieri (oltre il 30% del totale).
Sebbene, sia per il Mezzogiorno sia per la Campania, i segni positivi siano prevalenti nel breve periodo, rimane il problema dell’estrema lentezza con cui i valori perduti con la crisi sono recuperati. Basti pensare che dal 2007 a oggi il Pil del Mezzogiorno, a prezzi costanti, si è ridotto di quasi 12 punti percentuali (riduzione che, per la sola Campania, è stata pari a circa il 15%), che sono ancora 330mila gli occupati in meno (dei quali 43mila in meno in Campania) e che il rischio di povertà è ancora talmente elevato (soprattutto tra i giovani: il 46,8% dei giovani tra i 20 e 29 anni è considerato a rischio) che, anziché ridursi, tornano a crescere anche le persone che rinunciano alle cure (13,2%, ben più della media nazionale).
Cosa fare allora per ripristinare i livelli perduti? Serve una robusta, quanto rapida, accelerazione dei processi di crescita, che deve avere al centro l’impresa meridionale. Il 2017 sarà un anno chiave per far attecchire anche al Sud la strategia di Industria 4.0; per far decollare la nuova programmazione 2014-20 dei fondi strutturali; per accelerare la realizzazione dei piani attuativi del Masterplan e i connessi investimenti pubblici e privati.
Un credito d’imposta rafforzato, come quello sostenuto dal governo con il dl Sud può costituire un ulteriore, importante, carburante. Una saggia combinazione di tutti questi aspetti può contribuire a dare al Sud, e dunque all’intero Paese, una politica economica unica, che veda governo, Regioni e tutti gli attori istituzionali, economici e sociali adottare, nel concreto, la competitività delle imprese meridionali come propria stella polare.