
La Campania mostra segnali di ottimismo e di ripresa previsti anche per il 2022, dopo un 2021 di parziale recupero dalla drammatica caduta registrata nel 2020. Il crollo del prodotto interno lordo regionale in questo periodo di pandemia è stato però forte, superiore all’8%, e il recupero del 2021 (5,5% previsto) ha potuto compensare più della metà, ma non tutto il terreno perso. La crescita del Pil dovrebbe proseguire comunque anche nel 2022, per un ulteriore 4,4%.
Il rapporto
Le previsioni positive per il 2022 in termini di crescita dell’occupazione, ripresa degli investimenti e dei consumi e recupero delle esportazioni, non saranno sufficienti a far dimenticare, in ogni caso, la fragilità del contesto economico, l’impoverimento diffuso, il calo demografico e le questioni strutturali che ostacolano da decenni lo sviluppo delle imprese.
È questa, in sintesi, la fotografia dell’economia campana scattata dal Rapporto Pmi Campania 2021 realizzato dal Comitato Piccola Industria di Confindustria Campania nell’ambito della delega al Centro Studi Campania affidata, in collaborazione con il Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e con il sostegno di Banca Mediolanum.
La presentazione
Lo studio, che punta a descrivere e analizzare la composizione strutturale e la condizione economico-finanziaria del sistema produttivo regionale e delle cinque province campane, è stato presentato il 17 febbraio dal presidente regionale e vice presidente nazionale di Piccola Industria Confindustria Pasquale Lampugnale e dal professore ordinario di Strategie e management dell’Innovazione dell’Università “Luigi Vanvitelli” Francesco Izzo nel corso di un incontro online al quale hanno partecipato il presidente Piccola Industria Confindustria Giovanni Baroni, il presidente di Confindustria Campania Luigi Traettino, il direttore del Centro Studi Confindustria Alessandro Fontana e il responsabile commerciale Lazio Campania e Sardegna di Banca Mediolanum, Costante Turchi.

PASQUALE LAMPUGNALE
“Tengo particolarmente alla delega al Centro Studi affidatami da Confindustria Campania – spiega Lampugnale – perché conoscere e analizzare i dati del passato e del presente ci rende più consapevoli e ci aiuta a decidere e scegliere meglio le azioni da intraprendere per il futuro. È proprio così: conoscere per deliberare, diceva Luigi Einaudi. Ecco perché un volume di studio e analisi come il Rapporto Pmi Campania, giunto quest’anno alla seconda edizione, è uno strumento particolarmente importante e utile, a maggior ragione in un territorio come il nostro e in un momento storico come questo”.
La struttura imprenditoriale
In base al censimento Istat, nel 2018 operavano in Campania oltre 375mila unità locali, con il 95,5% di esse sotto i dieci addetti. Resta dominante il comparto servizi. L’industria manifatturiera pesa, infatti, sul Pil molto meno della media italiana (13% rispetto al 20%). Le unità manifatturiere nella regione sono quasi 29mila, distribuite in prevalenza nei settori alimentare (20%) prodotti in metallo (15,1%), abbigliamento (10,5%), riparazione, manutenzione e installazione di macchine, produzione di borse e calzature, industria del legno, lavorazioni di minerali non metalliferi.
Oltre 32mila sono le unità locali del settore costruzioni, più di 100mila quelle della distribuzione, ripartite fra commercio al dettaglio (75,2 mila) e all’ingrosso (37,7 mila). Più di 11mila operano nel commercio e nella riparazione di autoveicoli e motocicli, 5mila nel trasporto di merci: circa 4,2 mila sono gli alberghi e alloggi per vacanze, 25,7 mila i servizi di ristorazione.
Nell’area servizi di informazione e comunicazione (7mila unità locali), la quota dominante è quella delle attività di produzione di software, consulenza e servizi informatici. Oltre 9mila sono le attività finanziarie e assicurative, più di 10mila quelle immobiliari, oltre 24mila quelle di sanità e assistenza sanitaria. L’industria alimentare e delle bevande è prima per numero in tutte le province, con punte a Benevento e a Salerno (più del 25%). L’abbigliamento pesa soprattutto a Napoli.
Iscrizioni e cessazioni
I tassi di crescita delle imprese in Campania nei primi nove mesi del 2021 sono superiori a quelli medi italiani, con 6,5 mila nuove iscrizioni nel terzo trimestre, un periodo che tradizionalmente segna un rallentamento, e un saldo positivo di quasi 2,8 mila imprese. Crescita più sostenuta a Caserta e Napoli (+2%, velocità doppia rispetto alla media italiana). Le cessazioni d’impresa si riducono ad Avellino, Napoli e Salerno, dopo la forte crisi del 2020, ma aumentano a Benevento (saldi negativi da quattro anni) e Caserta (+700).
Contrazione del fatturato
Dopo la crescita che nel 2019 aveva coinvolto tutte le cinque province campane, significativa (-5,7%) è stata la riduzione del fatturato medio al termine del 2020 a causa della pandemia. La contrazione ha riguardato soprattutto i servizi di alloggio e ristorazione (- 46%) e noleggio, agenzie di viaggio e supporto alle imprese (-20%). In controtendenza, con dati leggermente positivi, i settori fornitura d’acqua, costruzioni e servizi di informazione e comunicazione. A Napoli, Caserta e Avellino il trend è stato negativo (- 10%, – 1,7 e – 6,1%), a Benevento e Salerno in lieve aumento.
Proiezione internazionale
Il rapporto analizza anche la proiezione internazionale delle imprese. L’export totale della Campania segna nel primo semestre 2021 +17,1% rispetto al 2020. La crescita rallenta ma prosegue anche nel terzo trimestre, arrivando a quota 9,6 miliardi di euro. Il calo in Campania nel 2020 era stato del 7% (picchi a Benevento con – 18,5% e Avellino -12,5%). Napoli è prima per flusso di beni verso l’estero, seguono Salerno, Avellino e Caserta. Da Benevento arriva solo l’1,4% dell’export regionale.
Sul gradino più alto del podio dell’export per settore c’è la farmaceutica, che ha superato i mezzi di trasporto (16,4% del totale), seguita da automotive e aerospaziale (calato dal 18,1% al 15,9%). Negli ultimi due anni di pandemia cresce solo l’export di alimentare e farmaceutica.
Mercati di destinazione
L’Europa è ancora il mercato privilegiato del made in Campania (quota del 64%) distanziando di gran lunga le Americhe (15,5%) e l’Asia (11,6%). Le prime cinque destinazioni preferite per valore dei beni venduti all’estero sono gli Stati Uniti (11% del totale), davanti a Germania (10,8%), Francia, Svizzera e Regno Unito.
Capitale umano e dipendenza strutturale
Negli ultimi 20 anni, l’età media della regione è cresciuta di 5,6 anni, passando dai 37,7 del 2001 ai 43,3 del 2021. Il quadro relativo al capitale umano rivela una delle maggiori criticità del sistema regionale, e cioè l’indice di dipendenza strutturale: tranne la provincia di Caserta, in Campania il numero delle persone a carico ha superato quelle che lavorano.
Più in generale, le Pmi campane mostrano comunque fiducia nella ripresa e nel prossimo aumento del fatturato. Quasi 3 imprese su 4 nell’ultimo anno hanno assunto personale, effettuato investimenti e lanciato nuovi prodotti o servizi. Il 43% delle piccole e medie imprese dichiara che il 2021 è stato un anno di crescita e che sono pronte a continuare a crescere.
Le priorità delle imprese
Per gli imprenditori i due principali ostacoli alla competitività sono la semplificazione amministrativa e il potenziamento delle infrastrutture (28%). Sei sono le aree di priorità sulle quali le Pmi campane chiedono ai policy maker interventi rapidi e risposte efficaci:
- superare le criticità connesse al digital divide e garantire la connettività delle Pmi;
- migliorare la dotazione infrastrutturale, in particolare nel sistema trasporti;
- puntare sulla formazione per rispondere ai nuovi bisogni di professionalità delle Pmi;
- snellire la burocrazia e favorire i rapporti fra imprenditori e Pubblica amministrazione;
- favorire percorsi di crescita fondati su innovazione e internazionalizzazione;
- accompagnare le Pmi nel processo di transizione ecologica.

Fonte: Rapporto Pmi Campania 2021