Continuano a progettare prodotti spesso sovra-ingegnerizzati, ascoltando poco o in modo inadeguato il cliente.
Producono a lotti e code, puntando su una flessibilità costosa, che si riflette in enormi sprechi, visibili in magazzini sovradimensionati, capacità produttiva in eccesso, organizzazioni e lavoro sovrastressati, ritardi e sforamenti di budget.
Qualcuno pensa che digitalizzare le fabbriche o comprare stampanti 3D risolverà la cosa. Non sarà così. Che senso ha passare dalla manifattura tradizionale a quella additiva se non si riducono le dimensioni dei lotti e non si livella la produzione?
Finora, per le piccole imprese è stato un faticoso processo di rincorsa, teso a colmare il loro gap di conoscenza dei principi e delle tecniche del Lean Thinking.
Negli ultimi due anni, grazie al roadshow organizzato da L’Imprenditore, ho avuto modo di apprezzare cosa le sedi territoriali di Confindustria stanno facendo per facilitare la diffusione del Lean Thinking nelle piccole imprese.
Si tratta di sforzi apprezzabili ma che non sono sufficienti a garantire il salto di qualità necessario, salto di qualità che non può che venire da due cambiamenti fondamentali:
1) l’applicazione delle logiche del Lean Thinking alle imprese in via di costituzione attraverso i principi delle lean startup;
2) l’apprendimento dei principi e delle tecniche del Lean Thinking prima e non dopo l’ingresso dei giovani sul mercato del lavoro.
Il primo cambiamento dovrebbe evitare di dover trasformare ex-post le aziende, che nascerebbero già allineate ai concetti fondamentali di eliminazione dello spreco e di riduzione della variabilità.
Il secondo cambiamento dovrebbe favorire l’accelerazione dei processi di miglioramento continuo e più rapidi incrementi di produttività e qualità grazie alla “incorporazione precoce” dei principi e delle tecniche del Lean Thinking nel capitale umano.
Per far sì che il lean movement italiano faccia un salto di qualità e abiliti l’adozione delle tecnologie di Industria 4.0, è necessario puntare sul sistema scolastico e universitario che, a parte poche eccezioni, è ancora in ritardo e spesso non possiede conoscenze specifiche e applicabili, né adegua i modelli didattici alle logiche del Lean Thinking.
Per quanto riguarda il livello della scuola superiore, qualcosa sta accadendo, come dimostrato dalle esperienze illustrate in questo numero de L’Imprenditore.
A livello universitario, anche se la ricerca italiana applicata su questi temi è di buon livello e in linea con i migliori standard internazionali, (ad esempio quella svolta presso l’Università Bocconi, il Politecnico di Milano, il Politecnico di Torino, l’Università di Padova e di Udine, la Liuc e altrove) spesso il Lean Thinking viene poi insegnato “en passant” come un capitolo dei corsi di operations management, in ossequio a compartimentazioni disciplinari obsolete.
La vera sfida è quella di formare ingegneri ed economisti che abbiamo compreso l’essenza dei principi fondamentali del Lean Thinking: il rispetto per le persone e il kaizen; che siano in grado di applicare il metodo scientifico (il ciclo Pdca di Deming) per la soluzione dei problemi aziendali a tutti i livelli (dalla strategia, attraverso l’Hoshin Kanri, all’A3 fino al problem solving di tutti i giorni) e di insegnarlo a colleghi e collaboratori; che sappiano disegnare flussi di valore sulla base dei principi del just in time e del jidoka. E tutto ciò coerente con i principi dell’apprendimento esperienziale e del genchi genbutsu (vai a vedere in prima persona).
Ciò non si può fare dedicando poche lezioni all’interno di un corso di gestione della produzione o di gestione delle imprese.
Il Lean Thinking è una disciplina complessa. In questa direzione si colloca l’esperienza pionieristica, in corso ormai da 8 anni presso l’Università Bocconi di Milano, che offre un corso interamente dedicato al Lean Management, diventato ormai un classico per gli studenti italiani e internazionali. Il corso, che si basa su materiali originali progettati ad hoc, consiste in una serie di brevi lezioni, studi di caso, simulazioni esercizi in classe e progetti aziendali attraverso cui gli allievi apprendono concretamente come migliorare i processi aziendali e gestire tali processi di miglioramento. Quest’anno il corso, collocato al terz’anno dei corsi di laurea in management, della durata di 48 ore per 6 crediti, oltre ai casi e ad altri progetti, ha avuto come progetto guida la collaborazione con Panino Giusto, una azienda milanese del settore della ristorazione “fast casual”, che ha recentemente aperto ristoranti a Londra e a Cupertino (California).
Due team di studenti hanno applicato i principi e le tecniche del Lean Thinking, sotto la supervisione del management aziendale e del proprietario e Ceo Antonio Civita, al fine di innovare e migliorare l’esperienza del cliente nei ristoranti. L’applicazione del metodo scientifico al miglioramento, dei principi di flusso, della riduzione delle probabilità di errore e interruzioni, sono skill universali, applicabili in ogni contesto e particolarmente utili per la competitività delle piccole imprese.
Prima di essere nei processi aziendali, lo spreco e la variabilità sono nella nostra testa. Dobbiamo studiare e imparare a eliminarli dal nostro modo di pensare per poterli eliminare dalle nostre aziende.