Azienda aerospaziale nata a Torino nel 2008 da un’intuizione del suo attuale Ceo David Avino, Argotec impiega 50 addetti con un’età media di 29 anni nelle sue tre sedi principali. Nel 2005 è salita ancor più agli onori della cronaca per aver permesso all’astronauta Samantha Cristoforetti, prima donna italiana negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea, e agli altri colleghi della stazione ISS, di poter bere un caffè nello spazio. Inoltre la Pmi piemontese si occupa di addestrare astronauti europei, avendo partnership pure con la Nasa e altre agenzie.
Come avete fatto a farvi spazio nell’affollata space economy del terzo millennio?
Siamo partiti nel 2008 scommettendo di poter dire la nostra in un universo popolato da parecchi player importanti, ma, in qualche caso, anche da competitor improvvisati – spiega David Avino -. E ci siamo riusciti investendo sui giovani e mantenendoci sempre concreti nei nostri progetti.
Qual è la sua idea di cultura d’impresa? Lei che ha lavorato anche all’estero vede qualche cambiamento in Italia?
Sicuramente non è facile fare impresa qui da noi. Il capitale umano, che da sempre ci invidiano oltre confine, facciamo fatica a convincerlo a restare in Italia, visti anche i costi più alti del lavoro. Ce li scippano praticamente tutti i giorni e questo diventa un bel fardello da portare sulle spalle, soprattutto dopo averli formati. Servirebbe l’aiuto dei nostri governi per provare a cambiare le cose.
In partenza, voi di Argotec avete rischiato non poco, ben sapendo che per sfondare in un momento di forte crisi mondiale serviva creare qualcosa di veramente innovativo. Una mezza follia che ha però pagato.
Rientrato dall’estero e costretto nella cantina di casa dall’amorevole “sfratto” intimato da moglie e figli, ho scelto da subito di non contare su investitori e fondi esterni. Abbiamo portato avanti tutto in modo estremamente moderato, investendo di volta in volta sulle nostre idee fino al 65% delle entrate. Anche se la crescita annuale è da tempo intorno al 150%, abbiamo ancora bisogno di qualcosa per fare il salto definitivo senza dover cambiare le caratteristiche dell’azienda.
Idee tecnologiche che, come quella che vi ha permesso di fare bere un buon espresso nello spazio all’astronauta Cristoforetti, si prefiggono di poter tornare sulla terra, utili nella vita di tutti i giorni.
Riuscire a portare il caffè a 400 chilometri dalle nostre teste, su una stazione spaziale che viaggia, in assenza di gravità, alla velocità di 28mila chilometri l’ora non è stato certo facile. Sfida incredibile in cui Lavazza si è dimostrata lungimirante, mentre noi di Argotec siamo poi stati in grado di chiudere il cerchio in 18 mesi – rispetto ai 24 del target iniziale – creando da zero. Brevetti e innovazioni conseguenti potranno essere utilizzati anche sulla Terra. Tra questi quello legato al risparmio d’acqua, complessivamente intorno al 40%, applicabile anche alle macchine del caffè che in molti hanno nelle loro case.
L’importanza di comunicare le proprie idee senza paura. Il tutto accettando il rischio dell’errore, a differenza del credo della Nasa che non l’ammette.
Siamo condannati a crescere, ad alzare l’asticella degli obiettivi. Per farlo la sfida deve essere totale e l’errore può e deve essere contemplato nel processo di crescita aziendale. Il motto Nasa “Failure is not an option”, insomma, non sarà mai condiviso in Argotec. Perché penso da sempre si impari più da un passo falso che da un milione di cose fatte bene. Basta comunicare l’errore a chi lavora con te per migliorare insieme.
Che approccio consiglia per interagire al meglio con un gruppo di lavoro molto giovane come il vostro?
Aperto e globale, perché l’idea vincente può arrivare in ogni momento pure dal ragazzino appena assunto. Credo molto nell’ascolto di ogni singolo membro del team, bisogna tenere sempre le orecchie ben aperte con l’umiltà della prima ora.
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