Quali responsabilità ha una capofila verso la propria filiera?

GIUSEPPE ZAMPINI
Ansaldo Energia (AEN) ha investito molto, nell’ultimo decennio, nella digitalizzazione dei propri prodotti (turbine a gas, a vapore e generatori elettrici) e nei propri processi produttivi, anticipando anche alcune esigenze dei propri clienti nell’applicazione di tecniche diagnostiche per la valutazione dello stato dei componenti e/o impianti chiavi in mano da realizzare. Particolare attenzione è stata posta all’incremento di strumentazioni a bordo di macchine che unitamente alla gestione dei dati (Cloud storage) consentano una manutenzione più efficace (predittiva) dei propri prodotti.
Congiuntamente si è posta sempre più attenzione alla cybersecurity come conseguenza dell’aumentato rischio connesso all’utilizzo di software e di connessioni remote per trasmissione/controllo. Ansaldo Energia è stata fin dall’inizio perfettamente conscia che tutto questo doveva necessariamente implicare la creazione di una catena di fornitura tecnologicamente avanzata ed omogenea ai propri processi produttivi, obiettivi e criteri di protezione.
I fornitori di Ansaldo Energia sono state spesso piccole o medie aziende con eccellenti competenze tecnologiche e di prodotto, ma trovavano (e in parte ancora trovano) difficoltà a digitalizzare i propri processi e prodotti.
Consci che una società diventa di successo quando riesce ad offrire ai clienti prodotti e servizi di qualità, nei tempi più brevi e a costi più ridotti, e convinti che la digitalizzazione delle imprese consenta di raggiungere prima questi obiettivi e di monitorarne l’evoluzione, è apparso necessario ed opportuno agevolare i processi di digitalizzazione dei propri fornitori.
Con la collaborazione del network dei Digital Innovation Hub di Confindustria (ne sono coinvolti ben 10) abbiamo lanciato l’iniziativa di filiera AENet 4.0 che coinvolge 100 fornitori strategici italiani di AEN per analizzare il loro livello di maturità digitale (inclusa la cybersecurity), allinearli agli obiettivi della trasformazione digitale di Ansaldo Energia ed individuare le aree di miglioramento sul fronte delle tecnologie e delle competenze.
Tutto ciò con il supporto, oltre che dei DIH di Confindustria, anche del Cluster Fabbrica Intelligente e dei Competence Centers (primo tra i quali quello ligure di START 4.O).
Questo sforzo, iniziato in maniera sistematica tre anni fa, vedrà il 28 novembre il Workshop finale della Wave 3 di AENet 4.0 dedicata specificatamente ai fornitori della Fabbrica di AEN di Genova, che è stato il primo Lighthouse Plant individuato dal Mise. Questo è un progetto di R&S Industriale avviato a luglio 2018, con un investimento di circa 14 milioni di euro, che applica tutte le principali tecnologie di Industria 4.0 ai processi produttivi della nostra Fabbrica di Genova.
Digitalizzare è ormai inevitabile, ma la tecnologia è l’ultimo tassello di un processo che parte dalle persone. Che ruolo ha la formazione in Ansaldo Energia, anche rispetto a questa trasformazione?
Lo sviluppo delle competenze e la capacità di innovare, sono legati indissolubilmente. D’altra parte, la peculiarità dei nostri processi produttivi esalta l’importanza del capitale umano anche a fronte dei significativi investimenti in automazione del passato. L’introduzione dei processi digitali sono stati preceduti da un significativo piano di qualificazione del personale esistente e mirato a un piano di assunzioni, che porta oggi AEN ad avere il 38% di laureati e il 45% di diplomati.
Solo sulla base di questa visione si è potuto affrontare uno dei più estesi programmi, a mia conoscenza, di digitalizzazione per complessità e discipline coinvolte (non solo processo di fabbrica, ma anche ingegnerizzazione dei dati, manutenzione predittiva e cybersecurity).
Oggi, ad esempio, stiamo sviluppando tecnologie basate anche sull’Intelligenza Artificiale (Machine Learning), per consentire all’uomo di avere sempre più dati a sua disposizione (come ad esempio quelli generati da IDLIR – Inspection Devices Lead by Innovative Robot, il sistema robotico di ispezione dei generatori elettrici sviluppato insieme all’Istituto Italiano di Tecnologia – nelle sue ispezioni digitali).
Per questo motivo, abbiamo previsto nel progetto Lighthouse un programma di Change Management che coinvolge circa mille risorse e ha tra gli obiettivi sia quello di integrare nelle nostre risorse queste nuove competenze sia quello di sviluppare nuovi ruoli, come quello di data scientist per lo sviluppo di applicazioni di big data o dei cosiddetti “maghi delle polveri”, per lo sviluppo dei materiali idonei a produrre componenti delle turbine attraverso stampanti 3D.
Lei è anche Presidente di Confindustria Liguria e ha contributo a fondare il Digital Innovation Hub ligure: come il DIH può aiutare concretamente le imprese più piccole nel loro processo di trasformazione?
Il Network dei DIH di Confindustria fanno parte di un ecosistema collaborativo che assolvono verso le Pmi, facenti parte o meno di una filiera come quella di AENet 4.0 di Ansaldo Energia, una funzione di prima diagnosi (assessment) e cura (roadmap). Laddove tale cura non sia completamente efficace, i DIH possono indirizzare il paziente (le aziende) verso il Network dei Competence Center, per effettuare analisi più approfondite e cure (tecnologie e competenze) più mirate per guarire dal malanno digitale. Inoltre, i DIH sono in grado di collegarsi ad aprirsi al mondo dell’Open Innovation, composto da Startup e Pmi Innovative, in grado di sviluppare nuove cure e medicine ‘’digitali’’ in maniera innovativa.
In fondo, come peraltro già sopra accennato, quello che noi abbiamo fatto con i nostri fornitori, in parte ha preceduto ed in parte si è avvalso di questi strumenti e metodi suggeriti e introdotti da Confindustria Nazionale e dalle Istituzioni correlate.