Gli sforzi messi in campo sono sufficienti per aiutare le imprese ad agganciare la ripresa?Le banche operanti in Italia hanno fatto e faranno la loro parte, cercando sempre soluzioni comuni ai problemi con l’obiettivo di individuare, nell’ambito di un costante confronto con il mondo produttivo, gli strumenti più efficaci per intervenire. I risultati sinora conseguiti premiano questo approccio: dal 2009 ad oggi le misure messe a punto dall’Abi e dalle associazioni imprenditoriali hanno consentito a oltre 450mila piccole e medie imprese di sospendere o allungare la durata dei finanziamenti in essere, per un totale di 120 miliardi di debito residuo sospeso e circa 6 miliardi di debiti riscadenzati. Questo ha dato respiro alla parte sana del mondo imprenditoriale nella fase più acuta della crisi. Passata la tempesta, da parecchi mesi registriamo i primi timidi ma concreti segnali di inversione del ciclo: le possibilità di sviluppare la ripresa sono concrete e in tal senso il mondo bancario sta compiendo tutti gli sforzi possibili per accompagnare questo processo. Un’impresa che si indebita per avviare progetti di investimento può godere, nell’attuale frangente, di tassi d’interesse mai così bassi nella storia dell’Italia unita. Le banche chiedono di finanziare progetti imprenditoriali sani: ora è il turno degli imprenditori.
Il tavolo di dialogo banche-imprese, previsto dall’Accordo per il credito 2015, dovrebbe aprire una stagione di maggiore attenzione ai parametri qualitativi nell’erogazione del credito. Quanto conta che le imprese imparino a raccontarsi meglio e a spiegare quelli che sono i parametri intangibili?
Alle micro, piccole e medie imprese è senza dubbio richiesto uno sforzo di sempre maggiore trasparenza e chiarezza nella relazione con le banche.
La puntuale descrizione della struttura aziendale e dell’andamento del settore in cui opera l’azienda, la definizione di politiche di gestione dell’impresa coerenti, la credibilità dei progetti di sviluppo futuro sono senza dubbio parametri qualitativi che rileveranno sempre più nei processi di selezione ed erogazione del credito. A ciò si aggiungono altri fattori caratterizzanti, come una netta separazione tra patrimonio personale dell’imprenditore e patrimonio dell’impresa, la presenza nei quadri societari di professionisti dedicati alle questioni finanziarie e, soprattutto, la trasparenza della gestione amministrativa e fiscale.
Già oggi la stessa normativa di vigilanza prevede un ruolo delle informazioni qualitative all’interno dei sistemi di rating interni.
Tale ruolo va rafforzato.
Quali altri strumenti possono essere messi in campo per favorire il dialogo banche-imprese e rendere le aziende più “attraenti”?Migliorare la relazione è prioritario e credo che i mezzi per meglio dialogare siano numerosi. Mi lasci tuttavia riprendere il concetto accennato al termine della precedente risposta: la legalità fiscale è la premessa fondamentale per determinare il merito di credito. Inoltre, non è possibile finanziare imprese che non partecipano al rischio, ma dipendono solo dal credito bancario. Se le imprese – metabolizzata la fase di ripresa in cui le esportazioni stanno crescendo, con la speranza che ciò avvenga anche per i consumi interni – vorranno investire di più, troveranno nel mondo bancario degli interlocutori attenti e interessati. A patto che la domanda di credito giunga da aziende sane, con una struttura patrimoniale rafforzata e in grado di assicurare trasparenza della propria condizione fiscale e reddituale.
Le imprese per ripartire hanno bisogno di carburante, l’ampliamento del ventaglio delle modalità di finanziamento diventa sempre più urgente. In che modo il sistema bancario può venire incontro alle imprese nel reperimento di strategie e canali di credito alternativi e innovativi?
Le Pmi, che costituiscono la gran parte del tessuto imprenditoriale italiano, presentano spesso una struttura finanziaria squilibrata e troppo dipendente dal canale bancario. Allo stesso tempo soffrono frequentemente di una generalizzata fragilità patrimoniale che le rende deboli e ostacola il loro sviluppo.
Alla luce di tutto ciò, appare indifferibile l’avvio di virtuosi percorsi di crescita, tesi al consolidamento del tessuto imprenditoriale e alla trasformazione di una parte delle micro e piccole imprese in medie e, in parte, anche in grandi imprese.
Forme alternative di finanziamento, dai minibond all’ingresso di fondi specializzati nella compagine azionaria, sino alla quotazione su segmenti dedicati di Borsa italiana, potrebbero favorire questo processo: in tale ottica le banche sono fondamentali alleate delle imprese, cui potrebbero offrire servizi qualificati di consulenza e assistenza.
Il Quantitative Easing (QE) ha immesso sui mercati enorme liquidità: le banche sono riuscite e riescono a trasferirla realmente alle imprese?
Il QE si sta trasmettendo all’economia reale. Il suo misurabile effetto è un’ulteriore riduzione dei tassi, oggi ai minimi storici. Questo spiega anche l’incremento delle nuove erogazioni di prestiti, ad esempio per l’acquisto delle abitazioni, cresciuti nel primo trimestre 2015 del 50,4% annuo.
Ma anche guardando ai finanziamenti alle imprese, +8,1% annuo nel periodo gennaio-marzo, lo scenario che emerge è quello di uno stretto legame tra l’attuale livello dei tassi e i dati di flusso.
Confidiamo che la tendenza si consolidi nei prossimi mesi, finendo con l’impattare positivamente anche sulle consistenze, ovvero l’ammontare totale dei finanziamenti, tutt’oggi ancora in leggera contrazione sebbene il dato di maggio 2015 (-0,8%) rappresenti il miglior risultato da tre anni a questa parte.