Nell’attuale scenario economico caratterizzato da un’elevata pressione fiscale, da un’inefficienza sistemica, che genera costi per la logistica italiana maggiori di quelli di partners europei (es. Germania e Francia), anche i problemi connessi alla solvibilità aziendale ed alle difficoltà di crescere sui mercati esteri rendono arduo reggere il paragone sulla competitività degli operatori economici tra Stati membri dell’Ue.
Infatti, tali fattori hanno finito con influire fortemente sulle sorti di diverse imprese italiane, di cui moltissime costrette a chiudere.
A ben vedere, gli operatori economici che sono riusciti a superare la crisi sono quelli che hanno mantenuto alti i loro standard aziendali, elevata la qualità dei loro prodotti e hanno effettuato investimenti non solo nei settori innovativi e sviluppato la loro quota di ”estero sul fatturato”, ma sfruttato appieno le potenzialità delle varie certificazioni aziendali, soprattutto di quelle conferite da organi ed enti pubblici che accrescono la stima ed il nome aziendale, rendendo maggiormente consapevole il management dei processi aziendali, dei rischi e delle potenzialità che connotano l’impresa nel suo complesso.
Non a caso uno dei settori cosiddetti traino che ha dimostrato la capacità di integrazione dei servizi ed investito in ricerca e sviluppo, è quello manifatturiero che rappresenta circa il 78% dei 475 miliardi di euro per le esportazioni.
Nei convegni e seminari ai quali, come rappresentante dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ho partecipato, illustri commentatori hanno evidenziato che forse esiste un “gap della Pubblica amministrazione” a sostenere la crescita ed il processo di internazionalizzazione delle Pmi.
A tal proposito, bisogna superare la diffidenza e i timori nei confronti dell’amministrazione fiscale che non espleta soltanto il compito di puro esattore e verificatore in quanto la modernizzazione delle dogane passa attraverso il nuovo ruolo conferito dalla legislazione alle amministrazioni doganali europee. Ciò comporta per le dogane un ruolo di supervisore degli scambi ed il naturale contributo allo sviluppo del commercio lecito e leale, gestito attraverso logiche di partenariato e non puramente ispettive.
Infatti, la ricerca di un elevato livello di conformità alle norme fiscali e doganali tra gli operatori economici permette alle dogane di sperimentare nuove semplificazioni, oltre a quelle previste dalla normativa (es. corridoi controllati, sdoganamenti in mare, memorandum tecnici finalizzati alla semplificazione dei controlli) che rendono più competitivo e snello il nostro sistema doganale/portuale.
Naturalmente per le aziende italiane è fondamentale avere la consapevolezza che la crescita si ottiene non solo attraverso una riduzione dei costi inutili ma anche con la ricerca di nuovi mercati di sbocco per i prodotti e i marchi italiani.
A tal fine, è emerso come imprescindibile non privarsi di strumenti di tutela a vantaggio delle imprese ed accedere alle autorizzazioni e ai regimi comunitari che la normativa doganale prevede (la certificazione Aeo, il ricorso alle procedure di domiciliazione all’esportazione, lo status di esportatore autorizzato per il settore origine, le Itv e le Ivo, la tutela doganale del prodotto e dei marchi dalla contraffazione). Tali istituti, fortemente sottostimati da gran parte degli operatori italiani, se correttamente utilizzati, finirebbero con il connotare i nostri operatori con attestati di affidabilità e credibilità aziendale, nonché di sicurezza anche a livello internazionale. Ciò diventa fondamentale se si vuole esportare negli Stati Uniti, in Giappone e conquistare nuovi mercati come Cina, Brasile, Messico e Perù, dove l’accreditamento Aeo risulta fortemente gradito.
Con la diffusione a livello mondiale da parte dell’Organizazzione mondiale delle dogane del concetto di Aeo, e le previsioni contenute nella emananda legislazione doganale (Regolamento 952/2013, con i relativi atti di esecuzione e atti delegati) che decretano l’Aeo come autorizzazione cardine in dogana, diventa indispensabile per sfruttare al meglio i regimi e le procedure doganali (circa 90 Paesi hanno o stanno predisponendo un programma di certificazione doganale) e per accedere anche ai programmi di mutuo riconoscimento della certificazione Aeo presso i paesi terzi ( c.d Mra). Il processo di internazionalizzazione delle Pmi passa, quindi, anche attraverso il solido e costante supporto da parte delle dogane alle imprese corrette ed affidabili che hanno deciso di intraprendere un percorso premiante per la loro generale conformità alle norme fiscali e doganali. Non a caso, l’Atto di indirizzo del Ministro dell’economia per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per gli anni 2015-2017 contiene chiari riferimenti alla semplificazione delle procedure amministrative ed alla compliance fiscale che devono determinare un significativo miglioramento dei rapporti con il contribuente ed una più incisiva semplificazione degli adempimenti.
Ma di sicuro, credo che sia da registrare anche un”gap delle Pmi” che non conoscono le potenzialità fornite dalla legislazione doganale comunitaria e, quindi, è richiesto anche a loro uno sforzo gestionale finalizzato a dotarsi di una programmazione aziendale comprensiva anche della funzione doganale, in quanto gli aspetti relativi ad esempio alla determinazione del valore in dogana, alla classificazione esatta delle merci da esportare, alle procedure idonee alla determinazione dell’origine/preferenziale e non, alla gestione dei flussi fornitori e clienti, alla cura dei rapporti con il dichiarante in dogana, sono elementi imprescindibili e non più delegabili in toto se non previa condivisione, in quanto hanno ripercussioni sulla gestione aziendale e sui potenziali ricavi.
È proprio nell’ambito dei seminari ai quali l’Agenzia partecipa che è emersa chiaramente, attraverso le conferme di operatori già certificati, la bontà della procedura di certificazione, delle procedure di domiciliazione, nonché del pacchetto benefici, ormai consolidato, per la crescita degli operatori economici italiani, in un mercato unionale altamente competitivo.
Del resto, con il nuovo codice doganale dell’Unione, il difficile contemperamento tra la corretta applicazione della normativa doganale, il diritto degli operatori economici ad un trattamento equo e l’applicazione armonizzata dei controlli tra gli Stati membri della Ue, può essere realizzato solo con l’ausilio di nuovi “tools” a disposizione degli Uffici delle dogane per intraprendere il processo di modernizzazione che richiede, soprattutto, un cambiamento culturale e l’adozione di tecniche di audit, di tecnologie dell’informatizzazione a supporto della semplificazione amministrativa.