Giunto alla VI edizione, il Focus PMI, l’Osservatorio organizzato dallo Studio LS Lexjus Sinacta con l’Istituto Tagliacarne, si è svolto quest’anno nella cornice del Tempio di Adriano a Roma. Introdotti da Franco Cassarano, presidente di LS, e dal saluto di Lorenzo Tagliavanti, presidente della Camera di Commercio di Roma, i lavori hanno visto la partecipazione di Ennio Lucarelli, presidente Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, Claudio De Albertis, presidente Ance, Manuela Bora, coordinatrice Commissione attività produttive Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Claudio Giovine, direttore divisione economica e sociale Cna Nazionale, Domenico De Angelis condirettore generale del Banco Popolare, Gianfranco Di Vaio senior economist di Cassa depositi e prestiti e Marco Dugato, professore ordinario di diritto amministrativo. In apertura, Corrado Martone ha presentato i risultati della ricerca dell’Istituto Tagliacarne, “I Rapporti della piccola e media imprenditoria italiana con la Pubblica amministrazione“. Dall’analisi emerge come gli imprenditori non colgono miglioramenti nella qualità dei servizi erogati dalla Pa, anzi lamentano in alcuni casi un peggioramento. I vari interventi hanno esaminato i punti di vista degli operatori economici su: qualità dei servizi, conti della macchina amministrativa, incidenza fiscale, sostegno effettivo della Pa.
Si è esplorato, ha precisato Gian Luca Santilli, manager partner di LS, l’impatto sulla competitività del nostro tessuto d’impresa di carichi quali imposte, oneri, costi autorizzativi e concessori e nel contempo il sostegno che invece arriva da incentivi per investimenti e contributi per l’accesso al credito. “Sono necessarie azioni che concretamente aiutino il sistema imprenditoriale a recuperare margini di produttività“, ha sottolineato Lucarelli, soffermandosi sull’esigenza ormai ineludibile di ricorrere a sistemi informatici di avanguardia.
La ricerca evidenzia, sulla valutazione dei servizi offerti dalla PA, quanto non sia semplice stabilire un criterio oggettivo per misurarne qualità ed efficienza. Un indicatore utilizzato per questo tipo di analisi è l’European Quality of Government Index (EQI), frutto di un progetto di ricerca comunitario, è costruito attraverso un sondaggio che coinvolge 85mila cittadini in 206 regioni, realizzando la più grande indagine sub-nazionale focalizzata sulla qualità della PA.
L’indice parte dai tre principali “pilastri” inerenti l’attività amministrativa: qualità, imparzialità, diffusione della corruzione. I paesi che ottengono punteggi più elevati sono quelli qualitativamente migliori sul piano della struttura e del funzionamento della PA. L’Italia si colloca in quint’ultima posizione tra i 28 paesi Ue, precedendo solo Grecia, Croazia, Bulgaria e Romania. Tra il 2010 e il 2013, poi, è aumentata la distanza tra il valore medio Ue e il valore calcolato per l’Italia, segnale di un peggioramento del divario del nostro paese rispetto alle realtà europee più performanti. Inoltre, appare rilevante il valore dell’EQI delle regioni italiane, misurato dalla distanza tra la migliore, Trento con un 1,04, e la peggiore, la Campania con un -2,24.
Le imprese italiane chiedono, in particolare:
1) una semplificazione delle procedure;
2) una razionalizzazione della documentazione richiesta;
3) una riduzione dei tempi dell’iter amministrativo;
4) una maggiore chiarezza informativa all’avvio del procedimento.
Dall’indagine emerge poi come la mancata crescita degli investimenti delle imprese non va attribuita a una carenza di azioni degli amministratori pubblici a sostegno del mondo imprenditoriale – visto che molti provvedimenti risultano graditi, tipo il c.d. “bonus investimenti” di cui al D.L. 91/2014 oppure i finanziamenti agevolati previsti dalla Nuova Sabatini – ma a un diffuso scetticismo, soprattutto nell’universo delle imprese più piccole, circa una ripresa duratura del ciclo economico e una ripartenza a breve dei consumi e della domanda di beni e servizi attivata dalle famiglie.
Anche sul fronte dell’imposizione fiscale i passi da compiere sono ancora tanti: se si guarda, infatti, alle statistiche internazionali, si nota come il livello in Italia sia tra i più alti d’Europa per tutte le tipologie d’imposta, soprattutto per quelle su imprese e lavoro. Non sbagliano, quindi, gli imprenditori quando affermano che il livello della pressione fiscale e contributiva sulle aziende in Italia è superiore rispetto alla media europea, (dichiarato dal 74,5% delle pmi intervistate). Tra le principali cause dell’eccessivo gravame fiscale e contributivo, le pmi vedono al primo posto la cattiva gestione o spreco delle entrate tributarie e previdenziali (53,9% dei casi) e al secondo e terzo rispettivamente l’evasione fiscale (34,6%) e la corruzione (26,6%). Proprio questa eccessiva imposizione fiscale sarebbe, secondo le pmi intervistate, causa di difficoltà a effettuare nuovi investimenti e nuove assunzioni. La ricerca arriva perciò a concludere che il rilancio del sistema paese, forte di un tessuto imprenditoriale sano e pronto a investire sul futuro, debba necessariamente passare da interventi più incisivi sul fronte della tassazione