L’Africa cambia: la zona di libero scambio continentale propone infatti un nuovo modello di sviluppo, che mira a ridurne la dipendenza dai buyer internazionali, incrementando il commercio intrafricano e puntando su industrializzazione e settore privato. Questo comporterà, in tempi relativamente rapidi, una modifica degli scambi commerciali con Cina ed Europa, finora principali partner economici dell’Africa e la creazione di sistemi industriali nazionali in grado di soddisfare la domanda interna e creare occupazione. Confindustria Assafrica & Mediterraneo, creata nel 1980 da Confindustria sullo schema organizzativo di analoghi soggetti imprenditoriali europei, sta da tempo lavorando per innestare la cultura industriale italiana in Africa. Ne parliamo con il presidente, Giovanni Ottati.
Africa, Mediterraneo e Medio Oriente sono una macro area caratterizzata da grande dinamicità e, nonostante uno scenario sociale e politico in profonda evoluzione, nell’ultimo decennio hanno conosciuto una crescita economica molto elevata. Quali opportunità per le imprese italiane?
Le opportunità sono in tutti i settori produttivi. Dal settore tessile a quello meccanico, dalle costruzioni a quello delle nuove tecnologie, da quello del gas e dell’energia al settore dell’agroindustria.
C’è un forte orientamento delle grandi multinazionali allo sfruttamento delle risorse primarie ma una carenza diffusa a dare luogo alla costruzione di un’industria manifatturiera locale e/o di trasformazione delle materie prime.
Le imprese italiane devono cogliere questo gap e approfittare dei grandi incentivi forniti dai governi locali, soprattutto di quelli dell’Africa sub-sahariana, in termini di concessioni di licenze, concessioni di terreni e facilitazioni allo scambio.
Quale supporto Confindustria Assafrica & Mediterraneo garantisce alle imprese italiane sia in termini di rappresentanza che di servizi?
Quello che ci differenzia dagli altri attori di internazionalizzazione è l’organicità e la specializzazione con cui lavoriamo. Può sembrare banale, ma si parte dal far acquisire all’imprenditore la consapevolezza che il continente africano non è una unità indistinta ma una molteplicità di mercati, normative e culture diverse. Ciò richiede un approccio differenziato e un dialogo paritario. Occorre prima conoscere la realtà locale per poi identificare le opportunità di business più adatte alla singola azienda.
Individuiamo e favoriamo opportunità di business affidabili con partner locali, organizzando e facilitando la messa in contatto tra gli operatori commerciali e industriali, sempre in una prospettiva win-win.
Ci stiamo muovendo verso un mondo multipolare e le aree di vostra competenza stanno emergendo come attori di questa fase di transizione. Come giudica i rapporti con il nostro Paese?
I rapporti con l’Italia sono eccezionali. C’è una grande voglia d’industria italiana, di una presenza solida e duratura delle nostre imprese e, per il Sud Mediterraneo, la consapevolezza della interdipendenza tra le due sponde. Occorre però far conoscere meglio in Africa l’industria italiana, che produce di tutto e che potrebbe essere quindi loro partner strategico per la creazione di valore aggiunto in loco per la materie prime di cui sono ampiamente dotati.
Quali sfide sarà chiamata ad affrontare Confindustria Assafrica & Mediterraneo nel prossimo futuro?
Contribuire allo sviluppo di una visione industriale dell’Africa sub-sahariana. I governi africani ci segnalano la esigenza di diversificare le loro economie. Noi rispondiamo che la soluzione è il modello della Pmi italiana. La sfida è ora far comprendere, in Italia, che l’Africa ha tutte le carte per diventare una potenza economica mondiale.
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