Né squali, né serpenti: dai dati dell’Organizzazione mondiale della sanità è la zanzara a detenere il primato della pericolosità per l’uomo, quasi il doppio del secondo classificato. A metterla in cima a questa classifica è la malaria, che insieme a virus quali zika o dengue, sempre trasmessi dalle zanzare, provocano più di un milione di morti l’anno.
Per ridurre questi numeri è nata Biovecblok, costituita nel 2016 come spinoff dell’Università di Camerino. Tre biologi, tutti ricercatori dell’ateneo che, coadiuvati da Guido Favia, docente di parassitologia della Scuola Unicam di bioscienze e medicina veterinaria, stanno testando la loro idea per prevenire il contagio. La startup è stata premiata anche al Marketplace Day 2017 di Ancona, quale prima classificata all’ “Industry 4.0 pitch competition” organizzata dall’Università politecnica delle Marche, nell’ambito dell’Innovation Day dello “Your Future Festival”.
Abbiamo parlato con Aurelio Serrao, uno dei tre ricercatori e co-founder della startup, calabrese e con esperienze all’Imperial College di Londra e alla School of Public Health di Harvard. Nel 2015 è tornato a fare ricerca in Italia, a Camerino.
Come Biovecblok vuole combattere la diffusione di queste patologie?
Stiamo sviluppando più soluzioni e la più famosa è Atlas, un batterio geneticamente modificato, innocuo per l’uomo e in origine simbiotico per le zanzare. Abbiamo fatto produrre al batterio una molecola, naturale, che riducesse la capacità delle principali zanzare vettrici di malattie di pungere e riprodursi.
Il prodotto può essere diffuso nell’ambiente e assimilato dalle zanzare attraverso l’alimentazione. Una volta entrato nel corpo ospite agisce come un parassita, attaccando anche gli organi riproduttivi, e viene trasmesso durante l’accoppiamento e alla progenie.
Avete trovato difficoltà a portare avanti la vostra ricerca in Italia?
Più che una questione geografica, ne farei una questione di persone. Sono loro a fare la differenza. Dopo aver studiato a Perugia e ad Harvard, sono tornato all’Università di Camerino perché in questo campo è un centro di eccellenza internazionale. Qui, oltre ai due colleghi con cui ho fondato la startup, ho incontrato Favia, che ci ha spinto a trasformare la nostra ricerca in qualcosa di concreto, non destinandola solo alla pubblicazione e mostrandomi strade a cui non avevo pensato. In più, l’università ci ha aiutato anche nel reperire i primi fondi e Flavio Corradini, rettore dell’ateneo, ci ha suggerito di candidarci per la Start Cup Marche: vinta quella, siamo stati chiamati a partecipare al Premio nazionale per l’innovazione, che ci ha permesso di andare poi a Berkeley, dove ad aprile scorso siamo arrivati terzi alla “Global social venture competition”, la competizione mondiale più importante per le startup con impatto sociale.
Tutti questi riconoscimenti hanno acceso i riflettori sulla nostra startup e gli investitori hanno cominciato a guardarci con maggior interesse.
Quali sono i prossimi passi?
Testare il prodotto in un ambiente che simuli le condizioni reali di vita delle zanzare e capire cosa succede in un contesto più esteso di quello utilizzato fino ad oggi. Stiamo quindi realizzando delle gabbie di 160 metri quadrati a Muccia, in provincia di Macerata, e saremo il primo gruppo in Italia a fare queste sperimentazioni.
Se non emergeranno criticità rilevanti, passeremo quindi alla fase di test in ambiente naturale, per la quale necessiteremo poi di stringere accordi con i governi dei paesi più colpiti da queste patologie.
A causa del sisma, gabbie costruite per la seconda volta.
Dopo il terremoto stavamo per mollare tutto e venire via. Abbiamo però deciso di restare e ricostruire, ripartire da dove eravamo rimasti e rimediare a quanto il sisma aveva distrutto. Questa resilienza, la capacità di ripartire, di flettersi ma non spezzarsi, è stata apprezzata anche dagli investitori, sia italiani che stranieri. Chi aveva creduto in noi lo ha fatto ancora di più quando, dalle macerie del terremoto, siamo riusciti ad arrivare con la nostra startup fino in California. Penso sia una bella storia, un segnale di forza per i nostri territori.