Ha esordito a Rapallo, dove il convegno si è trasferito dopo 47 anni nella storica location di Santa Margherita Ligure, con un dibattito centrato sull’economia dell’innovazione e soprattutto sulla politica. A che punto siamo?
La new economy e la digitalizzazione dell’economia fanno parte di un processo inarrestabile: o ne sei parte, scegliendo come farlo, o ne vieni travolto. Non ci sono alternative. È una dinamica economica e culturale, che ha trovato àncore solide in Industria 4.0 e proseguirà, spero, con la proposta di ‘Lavoro 4.0’, ossia la formazione di lavoratori capaci di integrarsi nei nuovi processi produttivi. C’è da colmare il gap tra istruzione e mondo del lavoro e ripensare un sistema accademico che sia in grado di formare imprenditori in settori e competenze che ancora non esistono. Il messaggio nella bottiglia per le istituzioni lanciato a Rapallo era questo: siate, siamo, agenti di cambiamento consapevoli e all’altezza delle sfide.
Cosa si aspetta dalla legge di bilancio? Misure mirate a supportare l’economia reale o manovra orientata al consenso elettorale?
La politica dovrebbe essere ricerca del confronto, prima che del consenso. Per questo non mi spaventa l’ipotesi di una campagna elettorale dai toni accesi. Al contrario, mi preoccupa l’ipotesi che il prossimo iter della legge di bilancio sia utilizzato come strumento per blandire l’elettorato con promesse irrealizzabili o contentini. Si deve rispondere alle esigenze di un Paese che ha trovato la sua via d’uscita dalla crisi economica e ha ricominciato a crescere. La legge di bilancio per il 2018 deve essere ambiziosa: incentivare il lavoro dei più giovani e dei neolaureati, abbattere le percentuali di Neet, investire sul capitale umano. La proposta di Confindustria sui giovani è una “terapia d’urto” per fronteggiare l’emergenza, ma è pensata per dare risultati strutturali.
Nel suo programma di presidenza, c’è una reindustrializzazione che parta dalle startup. Di che si tratta? Quali le altre priorità che vorrebbe centrare in questi tre anni?
Sappiamo che l’Italia non ha nulla da invidiare al resto dei paesi europei in termini di fertilità di startup; guidiamo, assieme ai distretti più produttivi di Europa, le classifiche di nascita. Tuttavia, la curva inizia a calare nella fase di crescita e scale up. Ciò significa che, a parità di energie, a differenza dei colleghi europei, gli startupper italiani devono affrontare molte più difficoltà e resistere a più imprevisti. Lavorare sugli strumenti che consentono lo scaling e il consolidamento deve essere una priorità, assieme a un lavoro sinergico tra industria “tradizionale” e “innovativa”. Quanto alle altre priorità, la squadra di presidenza ed io abbiamo le maniche rimboccate e siamo pronti a lavorare su molti temi. Tra questi, abbiamo particolarmente a cuore la formazione all’imprenditorialità, la matrice di un sistema industriale ‘antisismico’, cioè solido nelle fondamenta ed elastico in reazione agli shock. Vorremmo poi occuparci di internazionalizzazione proattivamente, con progetti e focus che aggiungano strumenti alla cassetta degli attrezzi dei giovani imprenditori che scelgono questo percorso.
Non dimenticheremo di ribadire sempre, ovunque e con convinzione che siamo europeisti e che l’Europa è un destino comune, non un supermercato.
Crescita senza lavoro. Il Pil italiano torna a crescere, ma il lavoro non decolla. Il Jobs act sta funzionando o servono modifiche?
Alcuni sostengono che anche in Italia si assista ad una “jobless recovery” – ossia una crescita economica cui non corrisponde un aumento dei posti di lavoro – ma credo che ormai i dati siano un po’ più ottimisti di queste previsioni. L’Istat parla di numeri incoraggianti, che mostrano un aumento complessivo dei posti di lavoro, tornando a cifre pre-crisi.
Anche il Centro Studi Confindustria ha rivisto al rialzo le stime di crescita del Pil e le persone occupate a fine 2018 supereranno il picco toccato nel 2008: possiamo, insomma, ricominciare a parlare di crescita, sempre tenendo a mente che non si deve interrompere il percorso delle riforme necessarie a consolidare questi risultati. Restano critici i dati sull’occupazione giovanile e femminile, due segmenti deboli che devono essere affrontati con misure specifiche. Dei giovani si è già detto, non meno importante è l’obiettivo dell’empowerment femminile: più lavoro e meglio qualificato per le donne, con particolare attenzione al tema della leadership .
Per quanto riguarda il Jobs act, questo ha portato un cambiamento storico per un’intera generazione, introducendo le tutele crescenti, offrendo continuità salariale e stabilità.
C’è un problema di portata epocale cui bisogna trovare una risposta, che riguarda la redistribuzione intergenerazionale di diritti, garanzie ed opportunità. In Italia esiste un conflitto generazionale, che non si risolverà con un armistizio. Non parlo solo per i giovani imprenditori, ci sono anche i giovani cittadini, i giovani contribuenti, i giovani genitori, i giovani elettori. Ad ognuno serve un futuro percorribile e non accidentato. Bisogna risolvere questa frattura, perché le sfide che il futuro ci porrà sono complesse: la nostra società sarà definita dall’arrivo e dall’integrazione dei migranti e i lavoratori si distingueranno tra quelli che si adegueranno alla digitalizzazione e quelli che non ci riusciranno.
Quali sono i temi all’attenzione della politica e del mondo delle imprese a Capri?
Abbiamo disegnato un atlante industriale. Abbiamo sempre sostenuto che il nostro mercato interno deve essere quello europeo, in questo convegno esploreremo le rotte che portano il made in Italy nel mondo, quali saranno le opportunità e le sfide da affrontare. Cercheremo, contemporaneamente, di raccontare quanto e come l’Italia sia desiderabile per gli investitori esteri tramite esempi di ibridazione positiva col nostro tessuto industriale. Infine, accenderemo un faro sull’interesse strategico nazionale.
Chiudo con una domanda: in un mondo globalizzato che si interroga sui confini – siano essi economici, identitari o geografici – qual è il nostro nuovo baricentro?