Il 26 e il 27 maggio gli occhi del mondo intero erano puntati sull’Italia. L’incontro dei “Sette grandi della Terra”, del resto, non poteva passare inosservato. Ma dietro allo scenario geopolitico mondiale, alle discussioni sul futuro del mondo e agli intramontabili commenti sui vestiti delle first lady, c’era un panorama mozzafiato. I media internazionali, del resto, erano tutti lì: a Taormina.
Nell’ultimo mese la Sicilia ha avuto una visibilità notevole. Conosciuta come “terra di mafia”, il G7 di Taormina ha voluto riabilitare questa regione, famosa anche per il mare, le bellezze archeologiche, il buon cibo e non solo; i leader internazionali e i loro partner hanno apprezzato anche Catania, polo lavorativo all’avanguardia del Sud Italia.
Protagonista dell’incontro è stato sicuramente Donald Trump, oscurato però in più di un’occasione, dal carisma e l’avvenenza del premier canadese, Justin Trudeau. Bello, giovane, ambientalista, femminista e liberale. Nel suo viaggio in Italia, che è continuato anche dopo il vertice G7, Trudeau ha conquistato tutti o quasi.
Ad Amatrice, in visita dal Papa, in Parlamento, il premier canadese ha fatto sognare e innamorare gli italiani. “Perché qui non c’è un politico come lui?”, “Voglio trasferirmi in Canada”, “Trudeau Presidente del Consiglio”, si leggeva in quei giorni sui social network. Agli esperti di politica economica internazionale, però, non è sfuggito un dettaglio: il viaggio del premier canadese, infatti, è arrivato proprio pochi giorni prima dell’inizio dell’iter legislativo per la ratifica del Ceta, un trattato di libero scambio tra Europa e Canada ancora in fase di approvazione. Sono in molti a sostenere che il premier canadese abbia voluto “conquistare” l’Italia con il suo carisma per abbassare i toni e le eventuali proteste legate al Ceta.
L’obiettivo del trattato è quello di eliminare gran parte delle tariffe doganali tra Ue e Canada. L’Europa, infatti, potrà esportare quasi il 92% dei prodotti agricoli e alimentari in Canada, abbattendo, nel complesso, il 98% dei dazi che limitavano fortemente le esportazioni di entrambi. L’accordo, inoltre, apre la porta al riconoscimento delle qualifiche in Canada e dà la possibilità alle imprese canadesi ed europee di partecipare alle rispettive gare d’appalto pubbliche. Questo trattato ha suscitato non poche polemiche. In centinaia sono scesi nelle piazze di tutta Europa per chiedere l’annullamento dell’accordo, contestando in particolare alcuni punti: la creazione di nuovi tribunali per la risoluzione delle controversie tra aziende e stati, secondo i più scettici, potrebbe essere usata a vantaggio delle multinazionali che potrebbero fare causa a uno o più stati per tutelare i propri profitti; la preoccupazione più grande dei contestatori, però, è che questo trattato porterà a una maggior
e superficialità in materia di diritti dei lavoratori, delle tutele ambientali e soprattutto nel settore della sicurezza alimentare.
Ed è proprio quest’ultimo tema che tocca maggiormente l’Italia. Anche la Coldiretti ha denunciato il rischio di omologazione e livellamento verso il basso della qualità dei prodotti alimentari. Le preoccupazioni si concentrano soprattutto sulle eventuali imitazioni di prodotti italiani. Rischio che parrebbe scongiurato da una clausola stessa del trattato, che prevede la tutela del marchio di alcuni prodotti agricoli e alimentari tipici.
Il Canada, infatti, ha accettato di tutelare 143 indicazioni geografiche, prodotti alimentari e bevande provenienti da determinate città o regioni dell’Ue. Tra questi, ci sono anche il formaggio francese Roquefort, l’aceto balsamico di Modena e il formaggio olandese Gouda.
Da americano che osserva l’Italia da 35 anni, ho avuto modo di conoscere e comprendere l’attaccamento alla terra e la cura delle materie prime che hanno gli Italiani. Conoscendo i palati delicati italiani, non mi meraviglio, dunque, che ci sia preoccupazione, ma è impossibile non vedere le grandi opportunità che si nascondono dietro quest’accordo.
Come ha citato più volte il giornale canadese “The Globe and the Mail”, il Ceta rappresenta una strada diversa per fronteggiare le visioni protezioniste che stanno ostacolando imprese e lavoratori, in favore di un mondo globalizzato che abbatte muri e costruisce ponti. E quello tra Roma e Ottawa è sempre più resistente.
Al viaggio di Trudeau in Italia, è seguito quello del Presidente Mattarella, che ha fatto tappa a Ottawa, Toronto, Montreal e Vancouver per rafforzare quello che ormai sembra un rapporto indissolubile.
Secondo l’Istat nel 2015 l’Italia ha esportato in Canada prodotti agroalimentari per oltre 720 milioni di euro e ha importato prodotti per circa 450 milioni di euro. Nel 2016 l’interscambio tra i due paesi era pari a 5,7 miliardi di euro, con un export italiano che vale 3,7 miliardi di euro.
Ottawa ha già detto che importerà 18.500 tonnellate di formaggi europei in più rispetto al passato, a vantaggio dell’Italia che, essendo uno dei più grandi esportatori dell’Unione europea di prodotti caseari in Canada, senza dazi potrà affermarsi maggiormente sull’altra sponda dell’Atlantico.
D’altro canto, per bilanciare le concessioni sul formaggio, l’accordo prevede l’ingresso sul mercato europeo di 50mila tonnellate di carne canadese. In entrambi i casi, comunque, gli accessi saranno graduali nel tempo.
E se in Italia e in Europa le preoccupazioni aumentano, gli italo-canadesi (che sono il 4,8% della popolazione) hanno accolto positivamente la notizia.
Le 230 imprese italiane (tra queste anche Ferrero, Leonardo-Finmeccanica, Astaldi e Fca) con l’abbattimento dei dazi potranno investire nell’import/export di prodotti facendo da collante per le esportazioni italiane. Un’opportunità che non possono decisamente lasciarsi sfuggire.