
Ad adottarla, grazie al programma Adottup di Piccola Industria, due imprenditori, uno di Catania l’altro di Bologna, che hanno rilevato il 10% delle quote. A fondarla due giovani studentesse, Adriana Santonocito, fashion product manager, ed Enrica Arena, product manager che ci racconta la loro storia.
Estrarre cellulosa da scarti agrumicoli, elemento principe della cultura siciliana, per produrre tessuti fortemente innovativi. Come è nata questa idea?
La nostra avventura è iniziata più o meno due anni fa a Milano, quando stavamo ultimando gli studi e condividevamo un appartamento. Adriana voleva diventare una fashion designer specializzata in tessile e sostenibilità e io cercavo un lavoro che avesse a che fare con l’imprenditoria sociale e la sostenibilità. Tra un’ipotesi e l’altra, ecco l’idea: e se potessimo utilizzare gli agrumi per creare un tessuto sostenibile e vitaminico? All’inizio abbiamo pensato al surplus di produzione che non viene raccolto (25% della produzione totale), poi approfondendo il problema abbiamo scoperto che in Italia, ogni anno, vengono prodotti più di 700.000 tonnellate di scarti industriali da lavorazione di agrumi. E così Adriana ha iniziato a studiare i processi di trasformazione delle biomasse in tessuti e ha sviluppato un’ipotesi di fattibilità poi verificata e brevettato insieme al Politecnico di Milano.
Per quanto riguarda il resto gli snodi più importanti degli ultimi mesi sono stati sicuramente l’aver vinto diversi premi ed aver avuto accesso a percorsi di incubazione e accelerazione. Un supporto importante per definire l’idea e strutturarla in modo imprenditoriale. Mi riferisco a Changemakers for Expo, il programma di accelerazione riservato alle 10 idee imprenditoriali sostenibili da sviluppare in vista di Expo2015, al percorso Alimenta2Talent sostenuto dal Parco Tecnologico Padano e dal Comune di Milano e a Working Capital di Telecom Italia, presso l’acceleratore di Catania.
L’obiettivo finale è produrre tessuti vitaminici. In cosa effettivamente consistono?
Abbiamo sviluppato un processo per arricchire il tessuto con oli essenziali naturali che rilasciano vitamina C sulla pelle di chi lo indossa con una finalità cosmetica. È come indossare una crema! In generale il nostro tessuto si inserisce nella categoria dei cosmetotessili, ovvero quei tessuti che grazie ad arricchimenti tecnologici sono in grado di contenere e rilasciare principi attivi una volta entrati in contatto con la pelle. Ad oggi questo mercato è sviluppato soprattutto per le produzioni di intimo.
Le idee imprenditoriali sono molte, ogni giorno nascono tante startup e non tutte riescono a emergere. Qual è l’elemento distintivo che ha permesso di farvi notare?
Credo che non esista una formula magica. Quello che per noi ha funzionato è stato decidere di voler realizzare l’idea e non avere paura di farlo, “bussando a qualunque porta” come direbbe Adriana. Ma anche ascoltando i consigli di chi fa impresa da anni o conosce il mercato, senza lasciarsi demoralizzare ma trovando soluzioni nuove alle nuove sfide.
Sicuramente i valori che ci hanno ispirato hanno contribuito a dare appeal all’idea, mi riferisco in particolare alla sostenibilità e al riuso quale risposta alla domanda di tessuto di livello mondiale, in secondo luogo il voler portare valore dove si è nati facendo leva su un’eccellenza regionale – gli agrumi – e nazionale – la tessitura –, ma anche il benessere e la cosmetica naturale. Ultimo ma non meno importante l’essere un team composto da donne contraddistinte da un forte legame con il proprio territorio, ma anche con una forte visione globale e con la convinzione di potercela fare grazie all’autofinanziamento e al supporto delle persone che hanno creduto come noi nel progetto.
Tra i tanti riconoscimenti ricevuti avete ottenuto anche il bollino di AdottUp entrando nella “Vetrina delle migliori idee” di Confindustria. Qual è il valore aggiunto di questa collaborazione?
Ci ha dato una serie di importanti possibilità di crescita e di sviluppo del prodotto. In una prima fase siamo state coinvolte in una serie di eventi e presentazioni del progetto, che ci hanno messo in contatto con importanti realtà industriali ed imprenditoriali. Successivamente, attraverso il progetto, siamo entrate in contatto con i nostri primi due investitori privati. Entrambi imprenditori siciliani associati a Confindustria, che contribuiscono al progetto – oltre che con l’apporto finanziario – con un’iniezione continua di entusiasmo, professionalità e dedizione allo sviluppo delle attività strategiche e operative.
E i prossimi traguardi? Come vedete la vostra azienda tra qualche anno?
Ora che siamo arrivate al prototipo definitivo di tessuto il nostro prossimo obiettivo è andare in produzione creando un primo impianto in Sicilia. Per questo motivo ci stiamo concentrando sulla creazione di partnership industriali e sul consolidamento di quelle esistenti, sulla progettazione di una linea produttiva e degli accordi di filiera. Parallelamente stiamo lavorando ai primi accordi commerciali per lanciare una collezione di tessuti con un brand di moda che condivida con noi i valori alla base del progetto: sostenibilità, made in Italy e benessere. Tra qualche anno ci auguriamo di aver consolidato la nostra presenza nel mercato dei tessuti innovativi e di avviare la nostra internazionalizzazione.
Quali suggerimenti vi sentite di dare a chi ha una buona idea e vuole seguire la vostra strada?
Per chi è alla ricerca di un’idea di cui innamorarsi consiglierei di guardare ai settori tradizionali legati ai servizi e all’artigiantato, trovando soluzioni nuove per il mercato di oggi. In ogni caso, la differenza la fa il non mollare di fronte agli ostacoli e darsi degli obiettivi precisi e tangibili, definire dei momenti di test e di prova dell’idea, soprattutto per evitare che il lavoro in autonomia e la mole d’impegni prendano il sopravvento sulla realizzazione del progetto.