DoubleYou, startup milanese, ha sviluppato una tecnologia per governare i processi di welfare in azienda in maniera innovativa, attraverso una piattaforma web AltheA che mette in contatto il proprio dipendente con una serie di servizi presenti su tutto il territorio nazionale. Con vantaggi sia per i collaboratori che per l’azienda stessa. Ne parliamo con Stefano Casati responsabile Sviluppo Business della startup.
Cominciamo dal nome: “DoubleYou”, cosa significa?
DoubleYou, in inglese, significa “due volte te”, come persona e come lavoratore. Ma è anche la lettera iniziale della parola “Welfare”! È un nome scelto per sottolineare la nostra mission: creare soluzioni innovative per aumentare motivazione, senso di appartenenza e produttività.
Com’è nata questa idea?
L’idea nasce dalla nostra esperienza lavorativa come dipendenti: grandi sacrifici per raggiungere gli obiettivi richiesti e per ottenere un premio monetario, certamente interessante se calcolato sul lordo, ma che in imposte perdeva quasi la metà del suo valore. Una situazione che potrebbe penalizzare anche chi è più determinato. Per questo abbiamo studiato forme alternative di retribuzione da proporre in maniera concreta sul mercato e pensiamo di avere trovato un’ottima soluzione.
Potete spiegarci in cosa consiste e come funziona la vostra applicazione?
Il nostro modello sfrutta le possibilità di defiscalizzazione concesse dagli articoli 51 e 100 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi che identificano il paniere di beni e servizi che se concessi al lavoratore non costituiscono reddito da lavoro dipendente e non sono soggetti a contribuzione per il datore.
Il paniere è davvero ampio: spese di istruzione per i figli, interessi sui mutui, pacchetti sanitari, trasporto pubblico, spese di ricreazione e formazione, spese mediche, per babysitter e molto altro. Sono opportunità che ancora oggi vengono sfruttate solo in parte, principalmente per erogare buoni pasto. In realtà si può fare molto di più. Solo un esempio: il datore di lavoro apre un piano benefit di 1.000 euro per i suoi 50 collaboratori.
Chi ha un figlio può sfruttare questo credito per ottenere il rimborso delle rette dell’asilo nido, chi ha un mutuo per farsi rimborsare la quota interessi delle rate fino ad acquistare un buono spesa o un abbonamento alla palestra. E il risparmio per il datore di lavoro è consistente: 60.000 euro di contributi in tre anni.
La parola chiave è flessibilità: non è il datore di lavoro che offre uno specifico benefit al lavoratore, ma è il lavoratore che sceglie il benefit che più gli interessa in un ampio pacchetto.
Tecnicamente come supportate questa flessibilità?
La scelta dei benefit e la loro erogazione verso il lavoratore vengono governate interamente dal nostro servizio, che si avvale di una piattaforma tecnologica semplice da utilizzare e che aderisce ai principi fiscali descritti nel Testo Unico. In pratica, abbiamo creato il primo “Welfare Marketplace” in Italia: è come avere un e-commerce aziendale dove il lavoratore spende i crediti concessi dall’azienda!
La conseguenza è che i lavoratori hanno più potere di acquisto, mentre l’azienda ottiene un risparmio contributivo, che può decidere di condividere con propri collaboratori. Sono benefit già utilizzati nel Regno Unito, in Francia e Spagna come istituto retributivo. In Italia siamo ancora agli inizi ma, grazie alla nostra tecnologia, contiamo di colmare il gap nei prossimi anni.
Nel mondo delle startup quello che fa la differenza, al di là del progetto, è il team che lo anima. Che tipo di esperienza avete?
Il nostro punto di forza è la multidisciplinarietà: pur con una distinta specificità di ruolo, ognuno è potenzialmente in grado di seguire i clienti, gestire i processi di backend, parametrizzare la piattaforma e fare assistenza. Leggevo un articolo sugli “8 segreti del successo di Amazon” e uno in particolare mi ha colpito: Jeff Bezos sa fare il magazziniere. Crediamo fortemente che in azienda tutti debbano comprendere il lavoro degli altri perché così si velocizzano comunicazione, processi e risposte al cliente.
È un principio che ci ha ispirato molto e con il quale siamo riusciti in un solo anno a sviluppare un importante vantaggio competitivo tecnologico, a integrare nella nostra piattaforma più di 200 fornitori, a vincere due bandi regionali di finanziamento e a ottenere importanti linee di credito. E il mercato ha risposto: aziende di tutte le dimensioni ci hanno selezionato per pianificare, sviluppare e governare piani di flexible benefit in completo outsourcing.
Nell’ambito delle finalità del progetto di Piccola Industria AdottUp avete stretto una partnership con Assolombarda per diffondere le buone pratiche di welfare. In cosa consiste questa collaborazione e qual’è il suo valore aggiunto?
Con Assolombarda abbiamo una partnership tecnico-commerciale per la diffusione del servizio tra le aziende del territorio.
Il welfare si inserisce in maniera armoniosa tra le attività già erogate dall’associazione, come l’assistenza sindacale e fiscale. Il valore aggiunto è nell’integrazione di questi servizi, perché così l’azienda ha la sicurezza di un interlocutore completo e la serenità di una soluzione che rispetta la normativa fiscale. Con Assolombarda abbiamo anche costruito un pacchetto ad hoc per le Pmi.
Siamo onorati di essere stati selezionati tra i partner di Assolombarda e tra le migliori startup di AdottUp. La collaborazione è stata sancita anche a livello societario: Alvise Biffi, vice presidente di Piccola Industria Confindustria, ci ha “adottato” entrando nella compagine societaria.
E i prossimi passi?
Al momento siamo impegnati nel promuovere il servizio tra le aziende rendendolo ancora più accessibile sul territorio a costi competitivi.
Come visto le opportunità sono grandi ma ancora poco conosciute. Ma abbiamo anche due linee di sviluppo: l’arricchimento dei servizi alle imprese e lo sviluppo del welfare territoriale. Al riguardo abbiamo vinto il bando “Startup per Expo” con un progetto di welfare territoriale, per armonizzare le politiche sociali e fiscali con la rete di servizi alla persona.
Per ora, però, non posso dire di più… altrimenti ci copiano!