

GIULIANO POLETTI
È questo l’obiettivo al centro del disegno di riforma del mercato del lavoro delineato dal governo con il fine di favorire l’incremento dell’occupazione soprattutto di quella giovanile.
Quali sono le prime tre cose a suo giudizio necessarie per rimettere in moto, in Italia, la crescita dell’economia e la creazione di nuovi posti di lavoro?
La premessa indispensabile è quella di ricostruire la fiducia dei cittadini. In questo il mondo della politica ha una grande responsabilità: deve dare l’esempio con i comportamenti, a partire dalla coerenza tra ciò che decide di fare e la sua concreta realizzazione. Solo così si può restituire al paese la consapevolezza e l’orgoglio delle proprie potenzialità e chiamare tutti a uno sforzo condiviso per farne la base della ripresa. Per rispondere più direttamente alla domanda, credo che oggi l’Italia sia un paese “faticoso” e “incerto”, dove ogni azione costa tempo, energie e soldi più di quanto sia ragionevolmente necessario, con un sistema regolatorio ipertrofico e pieno di aree grigie.
Di conseguenza, bisogna agire radicalmente per la semplificazione normativa, per ridurre gli adempimenti e, contemporaneamente, rendere più efficiente la Pubblica amministrazione. Sul piano concreto, per fare un esempio che riguarda direttamente l’attività del ministero del Lavoro, stiamo completando la legge delega all’esame del Parlamento con la previsione di costituire un’unica agenzia per le attività ispettive che unifichi e coordini l’azione degli ispettori del lavoro, dell’Inail, dell’Inps e delle Asl per evitare che le imprese debbano “sopportare” una molteplicità di controlli.
Un secondo elemento importante è la riduzione del carico fiscale su imprese e lavoro.
Abbiamo bisogno di un maggior “reddito spendibile” per spingere la domanda interna e di una riduzione dei costi per restituire competitività al sistema delle imprese.
Altra condizione per promuovere la crescita dell’economia e dell’occupazione è far ripartire gli investimenti pubblici, essenziali per ridurre i costi e le inefficienze del sistema nazionale delle infrastrutture e dei servizi (in particolare energia e trasporti), stimolando così anche il rilancio degli investimenti privati. A proposito di questi ultimi, voglio sottolineare che la domanda attivata dalla nuova Sabatini ci dice che c’è un “risveglio” della propensione all’investimento da parte degli imprenditori che va promossa e sostenuta, a partire dalla ricostruzione di quella fiducia di cui parlavo all’inizio.
Il governo ha delineato un piano di riforme del mercato del lavoro. Quali sono per lei gli elementi chiave di questo disegno riformatore?
Innanzitutto le misure per la semplificazione normativa e la riduzione dei contenziosi; poi il passaggio graduale dalle politiche passive alle politiche attive per il lavoro, anche attraverso la costruzione di una vera infrastruttura nazionale in grado di supportarle e realizzarle, di far collaborare strumenti pubblici, agenzie private e soggetti del privato sociale.
Infine, il riordino e la semplificazione delle tipologie contrattuali, con l’obiettivo di rendere certo ed efficiente il sistema, e di promuovere il contratto a tempo indeterminato rendendolo più competitivo sul piano dei costi.
Uno snodo fondamentale sono gli ammortizzatori sociali. Per Confindustria ne servirebbero soltanto due: la cassa integrazione guadagni, per crisi nelle quali è prevedibile una ripresa dell’attività e l’Aspi per quanti hanno perso il lavoro e sono attivamente alla ricerca di uno nuovo. È un punto di arrivo condivisibile?
In linea di massima direi di sì, considerando che questa è, sostanzialmente, la previsione contenuta nel disegno di legge delega.
Voglio comunque sottolineare che l’ispirazione di fondo delle proposte di riforma del sistema degli ammortizzatori sociali è da una parte quella di un’estensione delle tutele a chi oggi ne è escluso e, dall’altra, di un progressivo spostamento dell’asse dalle politiche passive alle politiche attive del lavoro, da una “cultura del sussidio” all’impegno attivo per una ricollocazione di chi ha perso il lavoro.
La delega prevede di introdurre anche in Italia il salario minimo legale. Qual è l’obiettivo del governo nel prevedere questa innovazione?
Il salario minimo è uno strumento molto diffuso in Europa, ma con grandi diversità da paese a paese. Il nostro obiettivo è di valutare insieme alle forze sociali, attraverso un confronto espressamente previsto nella delega, come garantire una soglia minima di retribuzione per tutti i lavoratori, dare una tutela a chi oggi non ce l’ha per via contrattuale.
Naturalmente, bisogna valutarne bene gli effetti, in quanto la definizione di una soglia minima di retribuzione riferita a situazioni specifiche potrebbe interferire con la libera contrattazione tra le parti che, invece, rimane per noi una condizione essenziale nella definizione dei rapporti di lavoro.
Tutti si augurano una ripresa dell’economia. Tuttavia, anche se ciò dovesse avvenire molte imprese – e ora anche lo Stato – continueranno ad affrontare difficili processi di ristrutturazione. Cosa si può fare anche pensando alle regole transitorie previste dall’ultima riforma pensionistica?
Al momento il governo non ha previsto di modificare l’età pensionabile. Stiamo invece riflettendo su come poter gestire quelle situazioni in cui, eventualmente, imprese e lavoratori decidessero volontariamente di rendere più flessibile l’uscita dal lavoro.
In particolare, stiamo cercando di risolvere in modo strutturale il problema degli esodati che si trovano in una situazione di grande difficoltà sul piano economico e sociale e quello di chi perde il lavoro a ridosso della maturazione dei requisiti pensionistici e non riesce a conseguirli con la legge in vigore.
Dobbiamo quindi valutare quali ponti è possibile costruire in queste situazioni, considerando che per persone in età avanzata il ricollocamento al lavoro è molto difficile e non possiamo immaginare di abbandonarli al loro destino. Senza dimenticare che queste politiche possono rappresentare anche un’opportunità per favorire l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.