Ripartiamo da Napoli, sintesi e archetipo del fallimento di un sistema economico e sociale che ha per nome Italia, senza però aver perso la speranza e la voglia di riscatto. Siamo qui per dare un segnale forte, parlando di innovazione e di competitività, di sviluppo e di crescita, come unici percorsi possibili per il rilancio del paese.
Peggio di così non potrebbe andare, eppure in un ultimo barlume di sano realismo siamo coscienti che ci sia ancora, procedendo per questa china, spazio per precipitare più in basso.
In questi mesi abbiamo dato supporto e fiducia a un governo che ci pare incarnare una sincera volontà propositiva di cambiamento; sia però detto con tutto il rispetto dovuto, signor Presidente del Consiglio, le piccole imprese italiane non sono più nelle condizioni di attendere congiunture astrali per ottenere il concretizzarsi di tante promesse, soprattutto se le stesse dovessero manifestare i propri positivi e auspicati effetti tra mille giorni. Tra mille giorni, che a molti di noi piace identificare in quasi tre anni, andando di questo passo, si rischierà di trovare solo macerie al posto dei nostri uffici e dei nostri capannoni.
Gli imprenditori delle piccole imprese, in maniera saggia e responsabile, hanno compreso, pur manifestando riserve e perplessità in più di un’occasione, come il governo sia stato chiamato fin da subito ad azioni che avessero un forte impatto di fiducia sulle fasce più deboli e in tale logica sono state varate iniziative come gli ottanta euro, i cui annunciati positivi effetti pare tardino ad arrivare. Siamo coscienti che in un momento come l’attuale ci siano problemi talmente grandi da non potersi limitare alle critiche e, in linea con un modo di operare che sempre ci ha contraddistinto, siamo anche consapevoli di quanto ci si attenda da noi imprenditori: impegno, solidarietà e responsabilità sociale e ciò è quanto già facciamo e faremo.
Occorre però a questo punto, senza mezzi termini e senza più frapporre tempo, ricevere chiare risposte e impegni precisi con tempi certi, da parte di chi ci governa; risposte e decisioni che ci diano la consapevolezza che le imprese sono considerate una risorsa e non una zavorra, né tanto meno un bancomat da utilizzare nei momenti di necessità.
Abbiamo bisogno urgente di concrete azioni che tocchino molteplici punti fondamentali della vita della piccole imprese; ci permettiamo di evidenziarne almeno tre: una riforma del mercato del lavoro che dia più flessibilità, rimettendo in discussione anche la stessa ratio dell’articolo 18, una riforma che ci permetta quindi finalmente di valorizzare le competenze dei nostri collaboratori, aiutando noi imprenditori a incentivare e promuovere i più meritevoli e i giovani; in parallelo a ciò un concreto e significativo abbattimento dell’insostenibile cuneo fiscale. In secondo luogo una forte azione di supporto alle imprese per un più agevole e garantito accesso al credito (di giorno in giorno sempre più asfittico), con tassi sostenibili e con la certezza di poter realizzare investimenti a medio lungo termine; accesso al credito volto soprattutto a favorire un deciso e incentivante sostegno alla ricerca e all’innovazione. In terza istanza una decisa azione di sburocratizzazione e semplificazione, per disboscare la farraginosa giungla che intralcia la vita e lo sviluppo delle imprese, inserendo una volta per tutte chiarezza e trasparenza nel rapporto tra imprese e PA.
Non stiamo chiedendo l’impossibile, ma ci stiamo limitando a enunciare il minimo indispensabile perché oltre al tentativo di sopravvivere, ormai per molti di noi prassi quotidiana, vorremmo anche riuscire a creare lavoro e valore aggiunto, non soltanto per noi stessi ma per l’intera comunità e per il benessere del paese. Adesso ci attendiamo delle risposte! Da Napoli quindi migliaia di imprenditori delle piccole imprese si rivolgono al governo riprendendo un vecchio adagio: “se ci sei batti un colpo”.