Quasi trecento le vittime, inclusi i feriti gravi che nel corso di queste settimane non ce l’hanno fatta. Migliaia gli sfollati, persone che in pochi istanti hanno perso tutto: gli affetti, la casa, il lavoro e la serenità di una vita.
Non è la prima volta che l’Italia trema e gli episodi degli ultimi anni sono stati diversi e tutti estremamente drammatici. Basti ricordare il terremoto dell’Aquila nel 2009 e quello dell’Emilia nel 2012, entrambi scolpiti nella nostra memoria quasi a rappresentare l’ennesimo monito ad un Paese che in queste tragedie si dimostra tanto generoso nelle operazioni di soccorso e di prima assistenza, quanto colpevolmente sordo al richiamo della prevenzione.
Per il terremoto dello scorso agosto Confindustria è stata in campo fin dalle primissime ore, quando le notizie arrivavano confuse e l’unica certezza a prendere corpo era quella di una nuova immane tragedia. Associazioni e imprese si sono mobilitate per raccogliere beni di prima necessità e organizzare azioni di assistenza alle popolazioni colpite. E proprio affinché questa generosità non si trasformasse in un fiume in piena difficile da governare, abbiamo creato da subito un’Unità di coordinamento che potesse valorizzare il grande spirito di solidarietà del Sistema, grazie a un dialogo efficace e puntuale con la Protezione Civile.
Preziosa, a tal fine, si è rivelata l’esperienza già avviata con il PGE, ovvero il Programma Gestione Emergenze di Piccola Industria: la Task Force PGE, infatti, aveva già un canale di comunicazione preferenziale con la Protezione Civile a livello nazionale e questo ha consentito per esempio che gli aiuti generosamente raccolti dai Giovani Imprenditori e da Piccola Industria stessa trovassero una rapida ed efficace distribuzione. A questo si è aggiunto l’impegno economico che Confindustria e CGIL, CISL e UIL hanno sottoscritto, attivando un apposito Fondo di Solidarietà al quale possono contribuire tutte le associazioni territoriali e di categoria del Sistema.
Sono azioni che proseguono con grande slancio e che contestualmente offrono l’occasione per alcune considerazioni generali. Prima di tutto i fatti dell’Aquila, l’Emilia e adesso i comuni colpiti nella valle del Tronto ci ricordano che gestire la fase di emergenza di un evento catastrofico è una questione estremamente complessa.
In questa sede non parliamo delle operazioni di soccorso vere e proprie, deputate alla Protezione Civile, ai Vigili del Fuoco e alle Forze dell’ordine in generale, ma di quella straordinaria azione di solidarietà che si manifesta sotto forma di beni e servizi che arrivano da tutta l’Italia o, ancora più semplicemente, di persone che mettono a disposizione il proprio tempo lavorando nei luoghi dei disastri come volontari.
Il valore di questa solidarietà è immenso perché rinsalda il nostro essere comunità.
Al tempo stesso ci obbliga ad essere concreti ed efficaci perché il valore dell’aiuto non si esaurisce nell’atto di donare, ma nel fare sì che quell’aiuto corrisponda alle reali necessità del ricevente e lo raggiunga nei tempi e nei modi opportuni.
Qui scatta la responsabilità degli intermediari – associazioni imprenditoriali, parrocchie, cooperative – che di quel processo si fanno garanti e anzi imparano dall’essere sul campo a capire cosa serve e quando serve.
Sistematizzare l’esperienza acquisita conferendogli il valore formale di un Vademecum per una “intermediazione intelligente” consente di conservare e trasmettere quello che a tutti gli effetti si configura come un “sapere”.
Dalle misure di materassi e lenzuola ai kit per l’igiene personale, tutto può trasformarsi in un’operazione complicata se l’istruttoria a monte non è stata compilata con razionalità, ponendosi ad esempio fin da subito il problema dello stoccaggio della merce e > trovando le relative soluzioni. Fermo restando che l’obiettivo di lungo periodo è ricostruire i centri colpiti, restituendo alle comunità non soltanto la vita di ogni giorno ma anche un pezzo importante della propria identità, è importante essere consapevoli che questo processo durerà alcuni anni e richiederà un impegno economico e uno sforzo di progettazione tutt’altro che trascurabili. Nell’immediato occorre pertanto assicurare alle popolazioni colpite rifugi confortevoli – che siano strutture alberghiere o casette di legno è secondario – scongiurando innanzi tutto il rischio che le persone affrontino l’inverno nelle tendopoli allestite per l’emergenza.
Allo stesso tempo occorre far ripartire al più presto l’economia di questi territori, un’economia fortemente basata sull’agricoltura, sulla pastorizia e su un turismo di prossimità che negli ultimi anni aveva cominciato a distinguersi grazie a una vivace filiera dell’ospitalità. Chi lavora nel settore primario ha concreta difficoltà ad allontanarsi dai luoghi di produzione – segnatamente terreni coltivati e pascoli – e va sostenuto con interventi immediati di riabilitazione delle strutture abitative e non solo. Nel caso del turismo il discorso si fa più complesso perché va prima di tutto ristabilito, a livello di comunicazione, il perimetro delle aree colpite dal sisma.
Il comprensibile principio di precauzione dettato dalla paura di nuove scosse è stato ingiustificatamente applicato anche a zone che non hanno riportato alcun tipo di danno con l’effetto di svuotare le strutture ricettive e di annullare le prenotazioni.
Marche, Abruzzo, Lazio e Umbria rischiano di subire un contraccolpo all’industria del turismo in un periodo dell’anno solitamente molto favorevole, grazie a festival ed eventi spesso a forte connotazione enogastronomica che, proprio in virtù di questo, sono capaci di attivare una ricca produzione locale Dop e Doc.
Per ripristinare questo circolo virtuoso nasce “RE-START”, un progetto che Federturismo e Piccola Industria stanno mettendo a punto con l’obiettivo di elaborare proposte concrete per rilanciare i territori post terremoto: da campagne di marketing territoriale a eventi mirati, da accordi con le scuole alla creazione di pacchetti ad hoc.
Più in generale occorrerà stimolare le imprese a utilizzare la ripartenza per rilanciare l’attività con una prospettiva più ampia, per esempio migliorando l’e-commerce, che può rappresentare una spinta notevole per aziende concentrate su un mercato prettamente locale. Oltre a un ampliamento della platea dei potenziali acquirenti, spingerebbe le imprese a qualificare i propri servizi di logistica con benefici duraturi nel tempo e soprattutto una capacità di affrontare nuove sfide una volta conclusa l’emergenza.
Costruire poi un diario di bordo che racconti le storie di successo aiuterebbe a consolidare la memoria di questa grande capacità di riorganizzazione che gli imprenditori italiani portano in dote.
Qualsiasi considerazione sul post terremoto sarebbe incompleta senza ricordare la questione per eccellenza: la prevenzione. Qui il discorso si allarga ma soprattutto assume un carattere culturale. Fondi, opere e protocolli d’intesa si riveleranno sempre insufficienti se il Paese tutto, a partire dalle istituzioni, non deciderà di prendersi finalmente cura del territorio con costanza, capillarità e investimenti.
La prevenzione ha un solo “difetto”: che il più delle volte non si vede, è una sorta di infrastruttura immateriale fatta di sopralluoghi, expertise ed interventi che assorbono grandi quantità di capitale, ma non si traducono in migliorie estetiche apprezzabili dall’esterno.
Hanno, però, il pregio di salvare la vita delle persone. Vale la pena raccogliere questa sfida?.
Ventiquattro agosto 2016. Alle 3 e 36 del mattino un terremoto di magnitudo 6 con epicentro lungo la valle del Tronto rade al suolo i comuni di Accumoli ed Amatrice, nel reatino, e di Arquata del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno