La filiera dell’agroalimentare è una delle poche che non è stata toccata dal lockdown imposto dal governo alle attività produttive, insieme alla farmaceutica e ai dispositivi bio-medicali. Di primo acchito si potrebbe dedurne che le aziende del settore siano tra le poche a non essere coinvolte dallo tsunami economico scatenato dall’epidemia di coronavirus. Eppure, a guardare meglio, non è così, in particolare per le piccole imprese.
A spiegare a “L’Imprenditore” come stanno veramente le cose per gli imprenditori del settore è Maria Teresa Sassano, vice presidente di Piccola Industria Confindustria per Turismo e Internazionalizzazione delle filiere agroalimentari, e titolare di due società in Puglia, a Manfredonia: una opera nei servizi di consulenza alle imprese per la sicurezza sul lavoro e l’acustica ambientale, e l’altra, attiva da circa due anni, è una startup che produce pasta con farine naturalmente prive di glutine, una pasta gourmet.
“La maggior parte delle imprese della Piccola Industria è posizionata sul segmento alto della filiera, offre produzioni di qualità, di nicchia, direi di eccellenza. E rifornisce soprattutto il canale Horeca, ovvero hotel, ristorazione e catering, un canale che in questo periodo è completamente chiuso – racconta Sassano –. Per questo registriamo una forte contrazione degli ordini e anche l’annullamento degli ordini già inoltrati: circa il 40% delle aziende, quelle che lavorano per l’Horeca, sono ferme e il restante 60% diciamo che lavoricchia, e vede il fatturato ridursi ad oggi attorno al 30-40% dello scorso anno”. Ancora si difende chi rifornisce la grande distribuzione organizzata, i supermercati, ma tra i piccoli imprenditori non sono tanti.
Sassano prende ad esempio la propria azienda: “Gli ordini si sono ridotti al 30% del preventivato, ho dovuto mettere gran parte del personale in cassa integrazione. Con i pochi che ho potuto mantenere, cerchiamo di evadere gli ordini dall’estero che sono rimasti, sperando che non li revochino, che riusciamo a spedirli e a farli arrivare nel caos di trasporti, dogane e sempre nuove restrizioni. Bisogna anche considerare che prodotti di qualità e di nicchia, direi quasi di lusso, come i nostri, in un periodo di crisi di liquidità come questo, segnano forti rallentamenti, diventano optional di cui si può fare a meno”.
Il turismo rischia un colpo da ko. “Il settore è completamente bloccato, le strutture ricettive sono chiuse e non hanno idea di quando potranno riaprire, si trovano ad affrontare una situazione che rischia di non risolversi a breve – questo il timore della vice presidente –. Altri comparti potranno ripartire non appena avranno il via libera dal governo, per il turismo è molto più complicato, qualunque previsione per il futuro al momento è impossibile. Gli albergatori denunciano di non avere prenotazioni fino alla fine dell’anno. Mi auguro che presto possiamo riaprire i ristoranti, naturalmente mantenendo le misure di sicurezza e prevenzione”.
“Anche l’internazionalizzazione delle imprese segna, per ovvie ragioni, una battuta d’arresto – continua Sassano –. Dobbiamo evitare che gli investimenti fatti in questi anni, in fiere e marketing internazionale, la fatica e l’impegno spesi per sostenere il nostro export di qualità, i nostri prodotti gourmet vada in fumo. Le imprese, anche la mia, hanno impegnato risorse ingenti, non possiamo lasciare che sia invano, penso in particolare a Canada e Stati Uniti. Ho convocato l’Osservatorio Usa per l’agroalimentare, per monitorare il mercato: è adesso, nella crisi, che dobbiamo prepararci alla ripartenza, con campagne ad hoc quando la situazione si sbloccherà. Ho riunito i partner, gli studi legali, le aziende di marketing. Non stiamo con le mani in mano, ma è difficile oggi prevedere chi riuscirà a rimanere in piedi. Intanto dobbiamo tutelare le commesse dei clienti esteri, mantenere quel che avevano acquisito. Ma si vive nell’incertezza, senza punti di riferimento perché quel che sta accadendo è senza precedenti”.
La vice presidente esprime preoccupazione anche per le startup, per i giovani che hanno investito e si sono indebitati per far partire l’attività, le tante iniziative nate negli ultimi mesi. “Le nostre aziende, aziende di produzione – evidenzia Sassano –, sono in forte difficoltà con i pagamenti e la liquidità. Hanno dovuto comprare le materie prime, il packaging, hanno avuto le uscite ma oggi si vedono annullare gli ordini e quindi non incassano. C’è un forte rischio di finire protestati dalle banche. Abbiamo bisogno che lo Stato garantisca la liquidità per mantenere le strutture aziendali aperte, arrivare vivi al di là del guado”.
Maria Teresa Sassano si augura che il Sud possa riaprire presto: “Fortunatamente in Puglia la situazione resta gestibile, non abbiamo avuto l’esplosione che avevamo temuto con l’ondata di ritorni dal Nord e dovremmo uscire dall’emergenza. Spero che tra un mese si possa riprendere, almeno parzialmente, l’attività di ristorazione, naturalmente in piena sicurezza”.