
L’azienda Rummo ha vissuto sulla propria pelle il dramma di un disastro naturale, che ha bloccato la vostra attività per lungo tempo. Come reagiste all’epoca?

IL PASTIFICIO RUMMO DOPO L’ALLUVIONE DEL 2015
Era il 15 ottobre del 2015. Ricordo bene quel giorno, un’alluvione terribile si era abbattuta durante la notte su tutta la nostra provincia, in particolare nella zona del Sannio. Il nostro stabilimento – dalla produzione al confezionamento, dagli uffici situati al piano terra ai magazzini fino all’area CED – era stato completamente sommerso da acqua e fango. L’unica notizia positiva era che tutti i nostri dipendenti erano incolumi, anche se alcuni di loro furono tratti in salvo dai Vigili del Fuoco soltanto nella tarda mattinata.
Le immagini fecero ben presto il giro del mondo e subito partì una vera e propria gara di solidarietà con il claim #savepastarummo, che ha avuto visibilità presso milioni di italiani comunicando affetto e sostegno nei nostri confronti.
Ci rimettemmo immediatamente al lavoro, insieme a tutti i nostri dipendenti, con una consapevolezza e un obiettivo in più: Rummo sarebbe diventata più forte industrialmente e più sicura.
Cosa avete fatto, in pratica?
Per oltre un mese, insieme alla Protezione Civile e con il supporto dell’Esercito, dell’Anas e di tanti volontari accorsi da tutta Italia, abbiamo lavorato con turni di 24 ore al giorno e abbiamo provveduto a bonificare parte delle attrezzature, a pulire e ripristinare i locali e a ristabilire circa 20mila pallet pronti a essere venduti.
Nel frattempo, per non perdere quote di mercato avevamo provveduto a esternalizzare la produzione presso altri pastifici, dove i nostri maestri pastai per mesi si sono assicurati che tutto fosse realizzato secondo i nostri standard, con l’uso delle nostre trafile e l’impiego della semola secondo i nostri capitolati.
A maggio 2016 finalmente, quando sono state completate le attività di ripristino dei locali e degli impianti del pastificio, si è potuta riprendere l’attività produttiva interna, sebbene con una capacità ridotta rispetto al periodo precedente l’alluvione.
Che tipo di supporto avete avuto dalle istituzioni?
Per buona parte degli anni successivi la richiesta di supporto regolatorio e di prevenzione è rimasta inascoltata. Con l’applicazione del Programma Gestione Emergenze troviamo un equilibrio che ci garantisce più sicurezza. Gli aiuti stanziati dalla Regione Campania hanno coperto solo in parte minima gli ingenti danni subiti.

UNA PANORAMICA DOPO L’ALLUVIONE
Negli anni successivi quali azioni di prevenzione avete messo in atto per non farvi cogliere impreparati? Il PGE vi è servito?
Il Programma Gestione Emergenze di Confindustria è un modello innovativo, che viene attivato in caso di disastri ambientali. Nasce con il terremoto in Emilia Romagna del 2012 e permette alle aziende colpite di abbassare l’entità dei danni aziendali immediatamente successivi alla catastrofe. Abbiamo adottato anche noi questo modello.
Ci sono due modi paralleli di affrontare crisi di questa entità e li abbiamo usati entrambi: quello emergenziale sul breve termine e quello di ricostruzione e messa in sicurezza delle strutture sul medio e lungo termine. Possiamo dire di aver coniugato le due esigenze.

GLI STABILIMENTI DELLA RUMMO OGGI
Cosa rappresenta per voi il fatto che il rinnovo del Protocollo tra Confindustria e Protezione Civile avvenga nei vostri stabilimenti?
Intanto rappresenta la capacità del gruppo di convogliare su di sé la figura di garante di un processo per la messa in sicurezza non solo della nostra azienda, ma di tutto il territorio.
Essere insieme alle istituzioni, in particolare la Protezione Civile, a sei anni esatti dall’alluvione, significa che il lavoro che abbiamo fatto in questo periodo di tempo non è stato perso. Ci siamo guadagnati la fiducia non solo dei nostri dipendenti e delle aziende che sono in filiera con Rummo, ma anche di un sistema pubblico che per molto tempo ha faticato ad ascoltare le nostre richieste.
Il Protocollo d’Intesa quinquennale sottoscritto tra Confindustria e Protezione Civile è un ulteriore passo in avanti per una collaborazione prolifica in caso di emergenze che interrompono le attività e rischiano, spesso, di farle chiudere definitivamente. La strada intrapresa è quella corretta.