Tra il 1980 e il 2008, l’Europa ha visto il proprio consumo di risorse gravitare intorno agli 8 miliardi di tonnellate, mentre l’America Latina ne ha raddoppiato l’utilizzo (+3 miliardi, quasi la metà del consumo europeo) e l’Est Asiatico ha aumentato il dato di 16 miliardi (ben 2 volte l’intero consumo europeo), arrivando, da solo, a consumarne 21 miliardi. Questa crescita della domanda di risorse ha contribuito a un costante aumento dei prezzi reali: in media, di oltre il 300% tra il 1998 e il 2011.
Il problema emerge ancor di più se si considera che l’economia europea si basa fortemente sulle importazioni di materie prime, combustibili, e semilavorati; non a caso, l’Europa ha le più alte importazioni nette al mondo di risorse per persona.
Di fronte a un trend di domanda di questo tipo, bisogna confrontarsi con un’offerta limitata e con le risorse stesse da investire per ottenere le materie prime (anche energetiche) di cui abbiamo bisogno.
La Ue sembra aver compreso il problema e ha tracciato la strada da seguire: nel 2011 la Commissione ha infatti elaborato, all’interno della strategia Europa 2020, la tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse. Tale documento definisce gli obiettivi a medio e lungo termine per l’utilizzo e il risparmio delle risorse, come anche i mezzi per raggiungerli. Nel 2013, nel definire il VII programma d’azione per l’ambiente, la Commissione ha inserito, tra i 9 obiettivi prioritari da realizzare, quello di “trasformare l’Unione in un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente nell’impiego delle risorse, verde e competitiva”.
In un simile contesto il mondo industriale non può non avere un ruolo da protagonista. Le imprese devono infatti essere in grado – ed essere messe nelle condizioni – di trasformare quella che oggi è una necessità in un’opportunità di sviluppo, in ottemperanza a quanto auspicato dal recente programma europeo per la crescita nel quale si fissa, in modo chiaro, l’obiettivo di portare il settore manifatturiero a un livello pari ad almeno il 20% del Pil europeo.
Confindustria concorda con l’Europa sul fatto che, per intraprendere la strada di una crescita sostenibile, non si possa prescindere dal tendere verso un uso più efficiente delle risorse (materie prime ed energia) a disposizione. Il tessuto industriale italiano può già vantare buoni esempi per la valorizzazione delle risorse di cui può disporre, ma ha una grande potenzialità inespressa, che si ripercuote sulla competitività delle imprese.
Confindustria ha ritenuto opportuno fornire il proprio contributo sul tema, predisponendo il documento “Verso un uso più efficiente delle risorse per il sistema Italia. Analisi, criticità, proposte”, presentato alla presenza del ministro dell’Ambiente Andrea Orlando.
Lo spirito che ha animato la predisposizione di questo documento è stato quello di aprire una discussione e un confronto tra il mondo industriale e gli altri attori coinvolti su questa tematica in modo che le proposte avanzate non rappresentassero un punto di arrivo, bensì uno stimolo per l’inizio di un percorso che porti l’Italia ad essere un esempio virtuoso nella gestione e nell’utilizzo delle risorse disponibili. In particolare, nel documento emerge quanto una corretta gestione dei rifiuti e la loro trasformazione in risorsa possa rappresentare il principale passo verso un utilizzo efficiente delle risorse naturali. Le imprese lo hanno capito, forse, ben prima delle istituzioni italiane e comunitarie, provando a valorizzare quanto più possibile i propri (o gli altrui) residui di produzione per cercare di reimpiegarli in un processo di produzione di materia o di energia. Basti pensare che in dieci anni, dal 2000 al 2010, il numero di imprese coinvolte nel recupero dei rifiuti e l’utilizzo dei materiali ottenuti dagli stessi è cresciuto di circa il 50% (passando da 2.183 a 3.034), il fatturato è aumentato di 4 volte (da 2 a 8 miliardi).Dapprima la giurisprudenza e poi la normativa hanno cercato di stare al passo con quella che appare una dote innata del nostro sistema produttivo, ma il documento non può non porre in luce quanto invece, il più delle volte, il contesto normativo (e non solo) non abbia favorito il processo di valorizzazione delle risorse.
Le proposte del sistema industriale che il documento raccoglie e cerca di sintetizzare non possono prescindere da un quadro normativo chiaro, certo, armonizzato con quello internazionale, aggiornato e semplificato, per poter permettere alle imprese, nel rispetto della tutela ambientale, di prevenire la produzione dei propri rifiuti e di recuperare i rifiuti di cui possono disporre (sia in termini di recupero di materia che di energia), relegando lo smaltimento degli stessi a un ruolo assolutamente residuale.
A questo proposito basti pensare che la piena attuazione della legislazione Ue in materia di rifiuti potrebbe aumentare i ricavi del settore della gestione dei rifiuti e creare più 400mila posti di lavoro in Europa da qui al 2020, di cui 60mila solo in Italia.
A fianco di un quadro normativo che favorisca e non ostacoli la valorizzazione delle risorse, è altresì necessario ripensare una politica industriale nella quale la gestione integrata e virtuosa dei rifiuti sia parte integrante e in cui ci debba essere una rinnovata attenzione verso la dotazione impiantistica esistente e la volontà comune di superare i contrasti nello sviluppo delle infrastrutture.
In conclusione, l’Europa ci chiede di valorizzare le risorse di cui possiamo disporre; il mondo industriale italiano può dare il suo contributo. Per questo Confindustria continuerà a seguire attivamente l’evoluzione della tematica, tanto in sede europea che a livello nazionale.