Figlie di una cultura del fare d’impronta rinascimentale – che ha sempre sostenuto la primarietà del talento e dell’ingegno personale quale motore di sviluppo delle sue botteghe d’arte e mestieri – le nostre imprese rimangono, per certi versi, ancora oggi l’evoluzione di quel modello, imperniato su due elementi cardine: la figura del maestro-imprenditore, guida determinante ma anche unico depositario della cultura d’impresa, e la sua instancabile ricerca tesa al raggiungimento della miglior qualità.
Interamente votate al prodotto e assorbite dalla medesima ricerca appassionata dell’eccellenza (che rappresenta un assoluto punto di forza dell’offerta made in Italy), esse trascurano un elemento assai rilevante per competere in uno scenario diventato molto più complesso: l’importanza di saper valorizzare anche gli aspetti più intangibili che fanno parte della vita e della cultura d’impresa e che costituiscono, in ultima analisi, una vera leva di “distintività” su cui costruire l’unicità della propria offerta.
Per portare alla luce una simile ricchezza occorre un percorso “maieutico” che conduca le imprese lungo un processo di riscoperta di quel “sapere tacito”, di cui si perde consapevolezza nella pratica incalzante del quotidiano. Rimettere a fuoco le caratteristiche vincenti di un’impresa e dei suoi prodotti è spesso un’operazione che mette in circolo nuova energia, che ridà fiducia grazie allo svelamento di talenti dati per acquisiti e quindi in parte dimenticati.
Attraverso questo percorso emerge quello che definiamo il Talento d’Impresa, ossia la cristallizzazione tramandabile e comunicabile dell’insieme delle caratteristiche che rendono la proposta di un’azienda unica, competitiva e duratura.
L’insieme di questi valori e di questi saperi costituiscono la base di una cultura d’impresa unica e non replicabile, che dev’essere gestita e condivisa con tutti gli stakeholder aziendali per garantirle sviluppo e continuità nel tempo.
A questa riscoperta è essenziale il contributo delle persone dell’azienda, che rappresentano una risorsa fondamentale, specie in aziende di piccole dimensioni, perché sono in grado di restituire una lettura accurata e puntuale della storia d’impresa, delle aspirazioni che la animano e altre informazioni utili a focalizzarne la biografia e metterla a confronto con quanto accade all’esterno: evoluzioni socio-culturali, comportamenti dei consumatori, contenuti delle marche competitor, evoluzione dei comportamenti e delle tecniche produttive, ecc.
Questo patrimonio di sapere e di modalità dell’agire, calato nel contesto competitivo e filtrato dagli orientamenti sociali, permette di individuare le linee di sviluppo più coerenti e potenziali per il futuro dell’impresa e nutre dei suoi valori lo strumento che ne incarna la sintesi: la Marca.
Costruita sulle basi descritte, questa è in grado di diventare principio ispiratore per lo sviluppo degli aspetti più diversi della vita dell’impresa (da quello industriale a quello finanziario e ancora il business, il marketing, la cultura d’impresa, la gestione delle risorse umane, la corporate social responsibility, la comunicazione, ecc.).
La Marca diventa così una guida coerente, in grado di orientare le attività e gli investimenti di un’impresa, affinché, seguendo un unico e chiaro disegno di sviluppo, concorrano sinergicamente al raggiungimento dell’obiettivo. Inoltre, definita sulla base del “Talento d’Impresa”, la Marca consente di superare un altro problema centrale nella vita delle imprese italiane rappresentato dal fatto che la talentosità dei maestri non si può garantire per discendenza e questo, nel tempo, ha portato alla perdita di molte imprese italiane di straordinario valore. Il concetto di Marca così concepito trascende la dimensione contingente e limitante legata all’individualità dell’imprenditore, per assumere una dimensione collettiva e corale; un Talento diffuso che si genera dall’interazione di talenti personali, connessi tra loro in unità più complesse – come le imprese – e che risulta tanto unico, quanto irripetibile è il nucleo di persone da cui prende vita. L’impresa cessa di agire sulla base del Talento personale che l’ha mossa e il nuovo Talento collettivo inizia a seguire un proprio corso, ad agire la propria impresa, a dar vita al “proprio” progetto, figlio autonomo dell’idea che lo ha originato.
La rima fra sopravvivenza ed eccellenza non è casuale e oggi garantire la seconda è l’unica scelta possibile per continuare a offrire ai mercati la bellezza e la passione che sanno esprimere i prodotti italiani, dal food alla moda, dalla meccanica al design, così capaci di sedurre i consumatori di tutto il mondo. Tale eccellenza risiede nelle pieghe di una cultura di progetto, che ha spesso radici profonde e che non può essere dispersa, ma anzi deve aggiornarsi di continuo per reggere il confronto con la contemporaneità.