Vanta una lunga esperienza nei Giovani Imprenditori e dal 2009 è presidente di Sistemi Formativi Confindustria. In questa intervista Serra affronta i temi chiave della nuova formazione Luiss, del delicato rapporto tra università e mondo del lavoro, del fare impresa e innovazione anche in tempo di crisi. E ci parla del futuro e dell’importanza di saper dare, anche – soprattutto – in periodi difficili.
Dopo il suo primo anno da vice presidente esecutivo, può fare un bilancio?
Il bilancio è certamente positivo. Sono arrivato in un momento di grande fermento innovativo per la nostra università e adesso, all’inizio del mio secondo anno accademico, ho un entusiasmo ancora maggiore. Il mondo, anche se a volte può sembrare fermo, sta cambiando sempre più in fretta e dobbiamo essere capaci di interpretare questo cambiamento, saperlo leggere e anticipare per preparare i nostri studenti a quello che verrà. Siamo nell’epoca che Lionel Barber, il direttore del Financial Times, ha definito “the digital age” e i protagonisti di questa sorta di rivoluzione copernicana sono prima di tutto i giovani a cui cerchiamo come Luiss di offrire accuratezza di informazioni, prospettive globali nei percorsi di studio, concretezza di opportunità professionali e un futuro dove al centro esiste sempre lo studente, le sue inclinazioni e potenzialità.
Sembra facile a dirsi, ma nella pratica?
L’agire concreto consiste nella formazione di studenti, uomini e donne, che siano già pronti e consapevoli di ciò che li aspetta. Vede, in questo momento di accelerazione storica, da quando uno studente entra in università a quando ne esce, il mercato del lavoro sarà già cambiato moltissimo. E tenderà sempre più ad esserlo. Trovare nuovi stimoli, intercettare le tendenze, premiare giovani aperti e flessibili, consentendo loro di vivere esperienze professionali, sociali e personali, uniche e distintive, è uno dei nostri obiettivi. Ma per arrivare a questo punto la strada è lunga. Per questo abbiamo messo in campo una squadra potenziata di tutor, che come dei coach personali affiancheranno e alleneranno ciascuno studente dal primo all’ultimo giorno di università, consentendo loro di mettere a fuoco potenzialità e inclinazioni. In questo modo i nostri studenti potranno disegnare, comporre, a mano a mano che vanno avanti nel percorso universitario, la propria “biografia”. Chi esce da qui deve essere non solo competente e preparato, ma in grado di affrontare un mercato del lavoro altamente competitivo e scenari internazionali complessi, che richiedono figure professionali diverse, dotate anche di equilibrio e grande flessibilità.
I dati ci dicono che per i giovani è davvero dura. Dall’università è uscita e sta ancora uscendo una generazione particolare, quella nata già con la parola “crisi”.
È vero, purtroppo. Per quanto riguarda l’Italia, la situazione la conosciamo tutti. Questa è una generazione che ha davanti a sé sfide molto difficili, prima tra tutte quella della formazione e del lavoro. Secondo una recente ricerca di due docenti Luiss, Stefano Manzocchi e Giovanna Vallanti, pubblicata nell’VIII Rapporto sulla Classe dirigente 2014, se l’Italia investisse lo 0,1% del Pil in istruzione, potremmo avere “a regime” (nell’arco di vent’anni) un aumento dell’occupazione giovanile del 5% e un incremento del reddito annuo pro capite tra i 1.500 e i 2.500 euro. Il paese ha bisogno di questo “petrolio”, perché senza questa fonte primaria di “energia intellettuale” non c’è sviluppo e non si incoraggiano i talenti a rimanere in Italia. La Luiss per fortuna è un discorso a parte. Nonostante il grave contesto economico, il 78% dei nostri studenti a un anno dalla laurea ha già un lavoro. Sappiamo molto bene quanto sia delicato il passaggio dall’università alla vita professionale e cerchiamo di costruire per i nostri studenti un ateneo permeabile alle aziende, alle istituzioni, a chiunque cerchi giovani talenti, intraprendenti, curiosi e menti elastiche, pronte a mettersi in gioco in prima persona.
Lei parla di uffici, aziende, istituzioni. Ma la tradizionale idea di fare impresa, ossia di essere o diventare un imprenditore, esiste sempre?
Certamente. Rispetto a 5-10 anni fa sempre più studenti oggi desiderano avviare un business per conto proprio, investendo capitali, cervello e, perché no, anche cuore in nuove attività imprenditoriali. Su questa direzione stiamo lavorando molto anche in Luiss, portando avanti progetti ambiziosi e innovativi.
Come?
Per sviluppare nei giovani le capacità di fare impresa abbiamo fortemente voluto Luiss Enlabs: acceleratore di impresa nato dalla partnership fra la Luiss e Enlabs, realtà presente sul mercato dal 2010. Si tratta di una vera “fabbrica delle startup”, che genera lavoro e innovazione. In uno spazio di oltre 1.500 metri quadri, situato al secondo piano della Stazione Termini a Roma, sono state oltre 250 le proposte di start up selezionate negli ultimi 12 mesi e 25 quelle finanziate con 60mila euro e, per alcune di esse, fino a 200mila euro da LVenture Group, holding di venture capital quotata in Borsa. Soldi veri, professionalità reali. E ancora: duecentocinquanta sono stati i posti di lavoro creati tra gli aspiranti imprenditori under 30; tre milioni gli euro investiti direttamente e circa nove milioni i finanziamenti effettuati assieme ad altri investitori. In sintesi, parliamo di una realtà che conta oltre 50 advisor, 5 programmi di accelerazione, 30 startup che lavorano negli stessi spazi e il 90% dei team con età inferiore ai 30 anni. Ma i numeri raccontano solo una parte del perché questo sia un luogo speciale. L’altro elemento, che personalmente più mi colpisce, è l’atmosfera che si respira a Luiss Enlabs. Un’oasi di vitalità, entusiasmo, voglia di fare, con giovani provenienti da tutta Italia, che hanno preso in mano la loro vita personale e professionale e che, soprattutto, non hanno cercato ma creato, inventato, il proprio lavoro. Un luogo speciale, quindi, crocevia d’Italia, dove partono treni e arrivano idee e dove si costruisce ogni giorno un pezzo del nostro futuro migliore.
Prima ha accennato ad esperienze a sfondo sociale da affiancare a quelle di studio e professionali. Che cosa intende?
Intendo la possibilità di conoscere il mondo attraverso il confronto con realtà diverse, anche difficili. Alla scelta di dedicare tempo ed energie agli altri. Quest’estate in Luiss abbiamo avviato un programma di volontariato, che ha permesso a molti studenti di mettersi alla prova in lavori socialmente utili e anche difficili, grazie alla collaborazione con Onlus quali: Libera Terra, Consorzio Elis, Made in carcere e Save the Children. Lavorare la terra confiscata alle mafie, aiutare le donne detenute o i figli di rifugiati politici sono tutte attività che apparentemente non hanno niente a che fare con la preparazione universitaria o il mondo del lavoro, ma che invece contribuiscono, da un lato, a formare i nostri studenti, a dar loro quella completezza di cui parlavo prima; dall’altro, ovviamente, migliorano la percezione e l’attenzione verso gli altri. E poi c’è un altro elemento da aggiungere: il volontariato fa curriculum. In realtà, le aziende guardano con grande attenzione a chi ha saputo affiancare lo studio a realtà così diverse, umanamente complesse, “sporcandosi le mani” con lavori anche umili ma molto formativi. Questo è un periodo critico, anche per chi assume, e le persone che si sanno sacrificare, capaci di dare senza aspettarsi necessariamente qualcosa in cambio, hanno una marcia in più.
Qualità, queste, che servirebbero un po’ a tutto il paese, in questo momento. Non trova?
Sì, senz’altro. È un periodo duro, ma le confesserò una cosa: da un anno a questa parte sono più ottimista. Da quando sono in Luiss l’entusiasmo, la forza e la preparazione dei ragazzi mi fanno ben sperare. Non solo l’atmosfera di Luiss Enlabs, di cui dicevo prima, o la passione di chi ha fatto volontariato, ma gran parte degli studenti dà la sensazione di capire questo tempo senza averne paura. Credo che ciò che serva al paese, oggi più che mai, sia anche la capacità di smettere finalmente di preoccuparsi, avendo fiducia in se stessi e nelle proprie capacità. La certezza che ce la faremo, come individui e come paese.